Perché mi sento in colpa? Quante volte ci siamo posti questa domanda? Il senso di colpa è un’emozione complessa, ma comune a tutti. Sono numerosi i fattori che influenzano questo modo di essere, il quale è spesso alla base di bei gesti altruistici ma può diventare dannoso per il nostro benessere più in generale. Tra gli psicologi che hanno studiato più a lungo questo stato d’animo dobbiamo ricordare Carroll Ellis Izard, uno dei massimi esperti di emozioni differenziali. A suo avviso, il senso di colpa si delinea più tardi, evolutivamente parlando, rispetto alle altre emozioni di base e gioca un ruolo molto diverso: è infatti chiamato a inibire gli atti immorali. O, perlomeno, quelli che alla nostra coscienza appaiono come tali. La colpa è profondamente legata al contesto culturale nel quale viviamo. La attribuisce la società, permeandola nel giudizio degli altri. Ciò che per una cultura è inaccettabile, per un’altra può essere perfettamente rispettabile.
Che cosa succede quando mi sento in colpa
La capacità di provare senso di colpa, se così vogliamo definirla, si deve alla tendenza personale a provare dispiacere per eventuali danni provocati con il proprio agire. Ciò vale anche se questi sono involontari. I ricercatori italiani Miceli e Castelfranchi, provenienti dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma, hanno descritto il senso di colpa come uno degli stati di sofferenza più pervasivi per l’essere umano. Nella loro analisi, ogni volta che viviamo tale condizione attraversiamo tre differenti fasi, che insieme compongono la colpa:
- valutazione di dannosità; l’azione compiuta, o la semplice intenzione di portarla a compimento, si valuta in termini di dannosità;
- assunzione di responsabilità; avviene quando si ritiene di aver avuto lo scopo o l’intenzione di causare l’evento o, comunque, si è consapevoli di non aver fatto nulla per prevederlo, prevenirlo o evitarlo;
- compromissione dell’autostima morale; si verifica quando si ritiene di aver violato norme condivise o valori troppo importanti per essere trascurati. La propria immagine morale ne esce compromessa e si sperimenta un abbassamento dell’autostima dovuto a una crisi dei valori personali.
Tipicamente, quando, di fronte allo specchio, ci rendiamo amaramente conto dello stato d’animo che stiamo vivendo, ci guardiamo negli occhi e affermiamo: “Mi sento in colpa”, stiamo attraversando una di queste tre fasi. Non si tratta di passaggi universali ma dei più consueti, quelli che si verificano con maggiore frequenza.
Sensi di colpa
Secondo lo psichiatra Francesco Mancini, esperto di sentimenti ed emozioni, è sbagliato parlare di senso di colpa, perché bisognerebbe dire sensi di colpa. A suo avviso, abbiamo infatti a che fare con due diverse tipologie di questa manifestazione: una altruistica e una deontologica. Si tratta di due diverse sensazioni, profondamente interconnesse tra loro ma differenziate e differenziabili dalla psicopatologia, su base neuroanatomica.
Il cosiddetto senso di colpa deontologico attiva l’insula e la corteccia cingolata anteriore. Sono due aree piuttosto importanti all’interno dell’encefalo, connesse a emozioni di disgusto e auto-rimprovero. Il senso di colpa altruistico, invece, si associa a un’attivazione delle aree prefrontali coinvolte nell’empatia e nella comprensione della mente altrui. Questo tipo di colpa è facilmente individuabile se si fa uso di un esempio: pensiamo a come ci sentiamo quando, paragonatici agli altri, sospettiamo di avere avuto un vantaggio immeritato relativamente a successo, abilità, benessere o salute. Spesso si tratta soltanto di un nostro ragionamento deviato, eppure si tratta di una di quelle tipiche situazioni in cui diremmo: “Mi sento in colpa.” Non c’è nulla di strano e si tratta di una reazione perfettamente naturale, per la quale la psicologia ha trovato una denominazione specifica. Si tratta del senso di colpa del sopravvissuto.
La colpa altruistica prevede anche un’altra manifestazione, definita senso di colpa interpersonale. Questa viene tipicamente vissuta da chi nutra forte empatia verso il dolore altrui e pensi di non fare abbastanza per aiutare il prossimo. La differenza tra i due sensi di colpa è dovuta soprattutto ai diversi ordini di valori cui afferiscono. Quello altruistico è piuttosto pratico e legato ad azioni fatte o non fatte, magari perché non c’è proprio nulla da fare, come nel caso della colpa del sopravvissuto verso un disabile. Quello deontologico è invece connesso a una scala di valori morali, lontani dalla quotidianità e legati all’orbita religiosa, sociale o, talvolta, persino filosofica.
Mi sento in colpa a livello patologico
Provare senso di colpa è fisiologico. Non c’è nulla di preoccupante se ci si sente in questo modo dopo aver commesso uno sgarro o esserci comportati in maniera non corretta. Diverso è il discorso di chi viva questa condizione senza alcun motivo. Quando la colpa supera le normali reazioni emotive e influenza negativamente la vita quotidiana del soggetto, appesantendone il benessere psicologico, abbiamo a che fare con una forma patologica. Il senso di colpa può impattare, in maniera anche seria, sulla salute mentale.
Se ci rendiamo conto di attraversare momenti in cui ci sentiamo responsabili senza alcuna ragione, non indugiamo: dobbiamo farci visitare da uno specialista. Il senso di colpa patologico potrebbe essere la manifestazione fisica di disturbi d’ansia, bassa autostima, depressione, disturbi alimentari e altre condizioni deleterie e, spesso, molto pericolose per l’organismo nella sua interezza.