La recente pubblicazione di “Cristina Campo. La disciplina della gioia” dà voce ad un personaggio inattuale anche per l’assoluta lontananza dalla ribalta e il desiderio manifesto del riserbo, di un’esistenza quasi nell’ombra.
Vorrei sottolineare quella che mi è parsa l’essenza dell’inattualità di questa donna di grande forza: il non voler spiegare troppo,l’ essere in rapporto con l’incomprensibile, l’indecifrabile rimanendo “in attesa” e “senza paura” di fronte al mistero!
Così viene descritta dalle curatrici (Maria Pertile e Giovanna Scarca) di quest’ultima pubblicazione sui suoi scritti.
All’origine del percorso esistenziale e spirituale di Cristina Campo, pseudonimo di Vittoria Guerrini, si colloca la malattia (una malformazione cardiaca, all’epoca non trattabile) che procurando periodicamente spossatezza estrema e la solitudine del non aver potuto frequentare la scuola ed essere limitata in molti modi e occasioni, tuttavia anima un’energia interiore forte e originale che la porta a definirsi “una cardiaca di ferro” ironia, dunque, e lotta…come fattori vitali.
Pare condurre la sua battaglia interiore per vivere pienamente assumendo uno speciale focus come nell’illuminante definizione della Funzione Formativa dell’ascolto di cui fa personale esperienza anche attraverso la passione per la liturgia alla quale si rivolge con l’interezza di un’immersione sensoriale, globale, sinestesica, “nutriente”.
Nonostante la “distanza” da questa dimensione mistica (soprattutto per il suo estrinsecarsi nella liturgia), non mi è affatto estraneo il sentimento di interezza ed immersione globale tramite la partecipazione sensoriale che si può avvicinare ad esperienze musicali a alle descrizioni di “bagno sonoro” in ambito di Musicoterapia, ma anche vicine a quanto accade nella vasca della terapia amniotica, mi riferisco infatti alla possibilità di scambio e relazione in condizioni protette dal sostegno di un “setting” amorevole.
Ma a proposito dell’ ascolto profondo, nelle parole delle curatrici, in una intervista alla radio, emerge un vissuto di grande intensità intorno all’ esigenza il ritornare alle origini, cioè il cammino percorso dalla memoria verso il mistero dell’origine verso i primi anni di vita descritto con una straordinaria e poetica metafora “AVANZARE DI RITORNO” così chiamavano gli antichi navigatori la manovra compiuta quando ritrovavano la rotta perduta come poteva accadere in una tempesta
Un percorso accompagnato dalla gioia, possiamo immaginarlo una navigazione fuori dal tempo e dal reale e forse è questa la gioia possibile per chi sa fare i conti con il dolore e la morte, sempre certa: da ciò la necessaria disciplina.
Richiama le riflessioni sulla musica che abbiamo potuto sviluppare al convegno del 30 maggio, nello splendido scenario del Priamar, a proposito della speciale formazione che richiede imparare a SUONARE con tutta la dedizione dell’esercizio con gli strumenti ,la concentrazione attenta che ne deriva e le competenze acquisite nel fare musica con altri. Da più parti si è sottolineata la specifica qualità di modello, l’esempio di una modalità di apprendimento e di plasticità sicuramente riutilizzabile come tipicamente il nostro cervello mette in atto .
Voglio ancora ricordare “Psicoanalisi della Musica” dove Franco Fornari introduce la sua elaborazione sul significato inconscio della musica che fa corrispondere al significato inconscio della vita : il significato inconscio della musica sta nel recupero della vita intrauterina, concepita come originario paradiso perduto. Il neonato, adattando la sua poppata al ritmo del battito cardiaco della madre recupera la madre prenatale nella madre postnatale, l’unità originaria!