L’articolo di Federico Russo, I Duellanti, mi ha dato una spinta in più per leggere “Black Tulips“, opera postuma di Vitaliano Trevisan scrittore morto suicida quest’anno .
In effetti questa lettura è forse in modo ambivalente sostenuta dal progetto di provare a conoscere meglio Trevisan e a proporre qualche interrogativo che possa illuminarci su come avrebbe potuto avere l’ aiuto dei nostri servizi psichiatrici e se era possibile entrare in contatto e curare una persona così tormentata e particolare perchè continuasse in modo meno doloroso la sua esistenza. Ritengo che proprio la polemica descrizione che lui aveva fatto di un suo personale incontro con la psichiatria ci chiami in causa per osservare , arginando l’onnipotenza del senso di colpa, le nostre attuali possibilità e capacità di ascolto che a volte però hanno radici in lunghe pause di silenzio e forse anche da ciò la mia ambivalenza e la ricerca di sintonie e simpatia .
Nel frattempo ho finito di leggere il libro di Trevisan lettura che ho vissuto come un complesso tentativo di condivisione , con la possibilità di cogliere un sentimento tinto di desiderio di comprensione e apertura all’ALTRO soprattutto donna col tramite di ragazze che si prostituiscono , cercando anche una possibilità di emancipazione.
Personalmente questa lettura ha rappresentato anche una lezione sulla forza di guardare in faccia il male con il tramite del paesaggio. Voltare lo sguardo, impallare gli ecomostri come ho sempre spontaneamente e per lo più inconsapevolmente cercato di fare per evitare l’impatto con la violenta deturpazione della campagna padana , per fare un esempio pertinente, risuona dentro di me come fosse frantumato nell’invito, nella provocazione a vedere con i propri occhi di cui racconta Vitaliano Trevisan e che lo avrebbe spinto a un viaggio in Nigeria, argomento del libro.
L’impatto sconvolgente che si può avere in un paese come la Nigeria anche perciò evitato dai turisti, dei disastri ambientali , di cui il danno al paesaggio può risultare marginale, ma invece mette davvero in chiaro il dramma e l’urgenza di questa declinazione del male che affligge globalmente il pianeta : territorio , animali ….uomini.
Come forse è compito dell’arte anche gli scrittori possono aiutarci a vedere realtà difficili da guardare , pagando a volte un prezzo molto alto per un tipo di sensibilità estremamente impegnativa che non vuole e non può rivolgersi solo al piacere della “meravigliosa solitudine” che a volte ci concede la lettura: per qualcuno può essere un sentiero da percorrere accompagnati.