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Neuroscienze cognitive: l’incanto dell’intreccio tra mente e cervello

Le neuroscienze cognitive sono una branca delle neuroscienze che si occupa di studiare il funzionamento della mente umana in rapporto all’apprendimento, alle emozioni, alla memoria, e a tutti i processi cognitivi. Per esempio, studiano i processi dell’attenzione e della categorizzazione delle funzioni esecutive, quali l’iniziazione, la pianificazione, l’organizzazione e la regolazione dei comportamenti.

Come sono nate le neuroscienze?

Le neuroscienze nascono nel V secolo a.C., con Alcmeone di Crotone: dopo che scoprì – durante le sue dissezioni – i nervi ottici, iniziò a pensare che il cervello fosse il luogo nel quale i pensieri e le emozioni nascessero e risiedessero. Contrapposta a questa teoria, ce n’era un’altra – formulata da Aristotele – il quale sosteneva che tutti i processi intellettivi avvenissero nel cuore, che riscaldava il sangue, mentre il cervello aveva il compito di raffreddarlo.

Successivamente nacquero altre teorie, come la teoria ippocratica, secondo cui il corpo era in equilibrio attraverso quattro liquidi, e uno scompenso di uno di essi generava una malattia o un’alterazione della propria personalità; da qui, Galeno analizzò i solchi del cervello e del cervelletto e sostenne che erano quelle le sedi che si occupavano della memoria e dell’apprendimento.

Infine, Cartesio, intorno al 1630 e il 1650, sviluppò la teoria meccanicistica e il dualismo corpo-anima, il quale sosteneva che il cervello controllava la condotta e la ghiandola pineale era il mezzo di comunicazione tra le due dimensioni. Da qui nacquero i dibattiti più accesi tra mente e cervello, che ancora oggi si tengono tra molti neuroscienziati.

Le neuroscienze cognitive: quali sono i suoi obiettivi?

È curioso pensare che ciò che si immagina, ciò che si sente, come ci si comporta, dipenda dal funzionamento del cervello, un organo tanto complesso quanto affascinante. In che modo dei pensieri astratti possono essere generati e supportati dal corpo di un essere vivente? In particolare, le neuroscienze cognitive studiano come le funzioni cerebrali supportino le attività mentali: quindi, analizza i processi che il cervello compie per apprendere le informazioni, per ricordare avvenimenti, o anche in ambito patologico e psichiatrico.

Negli ultimi quarant’anni, questa disciplina si è sviluppata molto dal punto di vista tecnologico, ed è diventata in grado di combinare le conoscenze a livello teorico alle nuove tecniche di neuroimaging, quali la PET o la fMRI. L’obiettivo è quello di riuscire a capire come sia organizzato il nostro cervello: per fare ciò, si mettono in atto molti studi che hanno lo scopo di osservare pazienti affetti da lesioni cerebrali, o di analizzare le aree del cervello impiegate nello svolgimento di determinati compiti, o ancora di osservare lo sviluppo delle funzioni cognitive durante l’età evolutiva.

A oggi, grazie alle tecniche più avanzate applicate durante indagini specifiche, si è giunti a una modifica della concezione primordiale sul rapporto tra aree cerebrali e mente: infatti, adesso si pensa che le funzioni cognitive non siano localizzate in una singola area, ma siano un prodotto di una rete unica di informazioni collegate tra di loro. 

I metodi delle neuroscienze cognitive

Quali sono i metodi che questa scienza usa per rispondere alle domande sulla relazione mente-cervello?

  • I metodi comportamentali della psicologia sperimentale;
  • TMS, stimolazione magnetica trans-cranica: permette di creare una piccola lesione cerebrale temporanea attraverso un campo magnetico, in modo tale da poter osservare come si comporta il cervello svolgendo determinati compiti;
  • Neuropsicologia: lo studio dei pazienti che hanno subito lesioni cerebrali o lo studio dei deficit dei pazienti in seguito a una lesione;
  • Elettrofisiologia, che, attraverso l’utilizzo dell’elettroencefalogramma, determina le tempistiche con cui vengono messi in atto alcuni processi cognitivi;
  • Neurofisiologia, che permette di studiare le attività di singole aree cerebrali o singoli neuroni;
  • Neuro-immagini funzionali, che permettono di visualizzare i cambiamenti nelle aree cerebrali in seguito allo svolgimento di determinati compiti.

Gli approcci vengono divisi in due categorie generali:

  1. Lo studio dei cambiamenti del comportamento cognitivo in seguito a danni cerebrali: ad esempio, in questa categoria ritroviamo ictus, traumi, e malattie neurodegenerative.
  2. Misurazione delle attività cerebrali mentre vengono svolti determinati compiti.

Sbocchi lavorativi e retribuzione

Gli sbocchi lavorativi dei neo-laureati in Neuroscienze sono tra i più svariati: dalla ricerca di base o applicata, alle applicazioni biotecnologiche, alla produzione di farmaci, alle tecnologie che mettono in relazione cervello e computer, fino alla semplice divulgazione attraverso pubblicazioni di libri e articoli scientifici.

Lo stipendio di un neuroscienziato – ovviamente – varia a livello mondiale: in Italia, in media un professionista riceve attorno ai 46.325 euro annui; se in Italia il PhD viene pagato circa 1100 euro mensili, in Svizzera può variare tra i 3.000 euro e i 4.500 euro; in America, un neuroscienziato percepisce uno stipendio che supera i 70.000 euro. Ovviamente, tutti gli stipendi sono proporzionati al tipo di stile di vita del Paese, alla qualità dei servizi, al costo della vita, e ad altre variabili che vengono considerate.

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