Per spiegare in maniera semplice la moralità, potremmo definirla come un codice di condotta. La sua rilevanza è centrale in ogni interazione sociale che portiamo avanti quotidianamente. Le azioni compiute dai membri di un gruppo, così come la loro valutazione da parte di chi le subisca, sono orientate dai cosiddetti standard morali. È proprio facendo uso di questi ultimi che percepiamo e collochiamo socialmente le persone. Moralità e percezione sociale sono infatti profondamente legate tra loro.
Può interessarti anche: “Come migliorare le relazioni interpersonali: abilità sociali e comunicazione“
La moralità come regolatrice di percezione
L’essere umano attinge costantemente alla sua educazione per attenersi a tutte quelle norme e principi che fanno di ognuno una brava persona. SImultaneamente a ciò, però, non si accontenta soltanto di comportarsi in maniera adeguata. Desidera infatti che anche gli altri lo facciano. Perciò etichetta chi lo circonda con un giudizio segnante: la persona con cui ho appena avuto a che fare è morale oppure immorale? Mi sono relazionato con il Dr. Jekyll o con Mr. Hyde?
Giudichiamo costantemente gli appartenenti al nostro gruppo sociale e lo facciamo ricercando in loro caratteristiche quali onestà, correttezza e affidabilità. Le impressioni che ci arrivano dagli altri possono rientrare nella sfera della moralità – e allora giudicheremo il nostro interlocutore positivamente – oppure in quella della immoralità – e in tal caso ci faremo una cattiva opinione di chi ci stia di fronte. La moralità è centrale nella percezione sociale. I due concetti procedono a braccetto.
Fu già Aristotele, nella sua Etica Nicomachea, a porre la moralità al vertice dell’albero delle virtù e classificarla come bene più elevato, a cui chiunque può aspirare. L’analisi psicologica successiva arrivò a definire meglio che cosa intendesse il filosofo durante le sue lezioni sull’etica, descrivendo quali siano le informazioni che elaboriamo nel momento in cui, inconsciamente, ci formiamo un’opinione su chi abbiamo di fronte. La psicologia sociale ha individuato nel corso dei secoli due dimensioni che legano profondamente moralità e percezione sociale: calore e competenza.
Come interagiscono calore e competenza
Che cosa comprendono queste due dimensioni? Quando parliamo di calore, inteso nel senso della ricerca psicologico-filosofica su moralità e percezione sociale, intendiamo l’insieme di tutti quei tratti connessi indissolubilmente alle relazioni orizzontali. Ci stiamo relazionando con una persona onesta? Amichevole? Simpatica? In questo caso la giudichiamo calorosa, dunque piacevole. È un giudizio positivo. Se valesse l’esatto contrario, lo stabiliremmo sempre grazie alla bilancia di valori che ci viene fornita da questa dimensione costantemente all’opera, quando siamo impegnati nelle pubbliche relazioni.
Grazie alla competenza, invece, siamo in grado di valutare le capacità e le abilità di colui, o colei, che sta parlando con noi. In questa fase non giudichiamo il carattere, ovvero come si presenti una persona, come sia fatta, bensì la sua attendibilità e lo facciamo mettendo alla prova quelle che sono, appunto, le sue competenze. Siamo in compagnia di qualcuno che sia intelligente? Abile? Zelante? Le risposte ce le darà il giudizio di competenza. Il calore definisce se chi abbiamo di fronte rappresenti per noi un’opportunità oppure una minaccia. La competenza ci dà modo di stabilire se l’interlocutore sia veramente in grado di mettere in pratica le sue intenzioni, indipendentemente dal loro essere benevole o malevole.
La moralità si compone di questi due elementi, i quali lavorano in autonomia ma non sono scindibili. Ciò non significa che le due dimensioni abbiano lo stesso peso specifico. Secondo numerosi psicologi specializzati (Abele & Bruckmuller, 2011; De Bruin & Van Lange, 2000; Ybarra, Chan, & Park, 2001; Wojciszke, 2005; Wojciszke, Bazinska, & Jaworski, 1998) è infatti il calore sociale a rivestire un’importanza maggiore nella determinazione di impressioni e giudizi. Il rapporto tra moralità e percezione sociale è tale che, quando dobbiamo esprimere un giudizio su un’altra persona, siamo molto interessati alla sua simpatia e al fatto che sia socievole e sincera e ci tocca relativamente sapere se si tratti di qualcuno di abile oppure intelligente.
Realtà e percezione sociale
Siamo portati a credere che il modo in cui percepiamo il mondo sia la realtà, ma non è sempre così. La forza del rapporto tra moralità e percezione sociale è tale che emozioni, preconcetti, pregiudizi, stereotipi, predisposizioni genetiche, educazione e numerose altre distorsioni cognitive finiscono per creare una dimensione soggettiva che può essere anche molto distante dalla realtà sociale oggettiva.
Ciò significa che l’indicatore del calore, cui diamo così tanta importanza, possa portarci a fare inferenze pregiudizievoli, imprecise o proprio sbagliate.
Naturalmente, ognuno ha il diritto di trarre da sé le sue conclusioni sulle altre persone, fidandosi ciecamente della propria moralità. È possibile vivere secondo essa, abitando come meglio si creda la propria realtà. Una percezione sociale più aderente alla realtà aumenterebbe però il nostro benessere e, di pari passo, il nostro valore. Essere preda di sterotipi, pregiudizi e valutazioni rapide non è il miglior modo di approcciarsi con altre persone.
Può interessarti anche: “Influenza sociale: la psicologia dietro le scelte di massa“