Quello delle star della musica che muoiono molto giovani, neanche trentenni o subito dopo aver superato la soglia del terzo decennio di vita, sembra essere un pattern ricorrente. L’ultimo della lista, in ordine di tempo, è Liam Payne, ex membro della boy band britannica degli One Direction, che stava perseguendo una carriera solista, dopo il mai dichiarato, ma effettivo, scioglimento del gruppo che lo aveva reso famoso. L’inglese si trovava in un hotel di Buenos Aires ed è precipitato dal balcone della sua stanza, in una serata nella quale aveva dato più volte in escandescenza, a sentire gli altri ospiti della struttura. Gli inquirenti hanno trovato un’elevata quantità di stupefacente nella camera che il cantante aveva affittato. I cantanti morti per droga sono molto numerosi. Ancor più sono gli artisti deceduti per altri motivi legati a comportamenti malsani: dall’incidente d’auto al suicidio deliberato. Tentiamo di indagare le possibili ragioni psicologiche dietro questi decessi.
Il famigerato club dei 27
Jimi Hendrix, Sid Vicious, Janis Joplin, Amy Winehouse, il già citato Payne… La lista dei cantanti morti molto giovani potrebbe continuare a lungo. Quando l’onda del successo e della fame travolge, non tutti si dimostrano in grado di restare a galla. Alcolismo, solitudine e, naturalmente, abuso di droghe e/o psicofarmaci. Troppo spesso, questi elementi diventano compagni per chi riesce a esplodere, come si suol dire, divenendo famoso – o famosa – e popolare. Il fenomeno è talmente comune che, nell’immaginario collettivo, si è diffusa la nozione dell’esistenza di un club dei 27, dall’età che accomuna numerose di queste morti. Janis Joplin fu trovata morta a Hollywood, in una camera di un motel piuttosto squallida. Aveva consumato alcol ed eroina ma, a sentire chi la conosceva, in realtà la uccise la sua profonda solitudine. In quello stesso 1970 fu il signore dei chitarristi, Jimi Hendrix, a perdere la vita in una stanza del Samarkand di Londra, a causa di un mix di alcolici e droga.
Le circostanze della morte di Hendrix non sono mai state chiarite del tutto. C’è anche chi parla di omicidio. E lo stesso potremmo dire per Jim Morrison, andatosene per sempre all’interno della casa in cui alloggiava a Parigi, nell’estate del ’71, anche lui a 27 anni. Brian Jones, primo chitarrista dei Rolling Stones, fu trovato esanime nella sua piscina. Kurt Cobain si sparò un colpo di fucile. Amy Winehouse se ne andò dopo anni di dipendenza dall’alcol. Chi diventa molto famoso in breve tempo, finisce non di rado per essere soggiogato dalla sua stessa fama. Se l’espressione club dei 27 è ormai entrata nel lessico giornalistico, ricordiamo che non è così rigida. James Dean morì a 24, schiantandosi mentre guidava la sua Porsche. Sid Vicious, il bassista dei Sex Pistols, ne aveva soltanto 21. L’attore Heath Ledger, dopo aver interpretato un Joker magistrale, si suicidò a 28 anni; stessa età in cui se n’è andato Avicii, il dj più noto al mondo nel 2018, quando si uccise in Oman.
Cantanti morti per droga: cosa li spinge a compiere atti estremi
Si fa fatica a indagare i perché di questi suicidi o morti causate da comportamenti dannosi e irresponsabili. Quanti di noi sognano esattamente di poter condurre la stessa vita di questi artisti? Vivere della propria passione, guadagnando bene e nutrendosi dell’adorazione delle folle. A descriverlo, non sembra niente male. Mai ci verrebbe in mente di toglierci la vita se dovessimo raggiungere simili obiettivi. Questa è una chiara riflessione da esterni a questo ambiente. Nessuno di noi sa davvero che cosa significhi lo show business, quali siano i suoi ritmi restrittivi, quanto tempo ed energia assorba, svuotando la vita di quelle che sono veramente le sue gioie: una vita familiare stabile, amici e conoscenti con cui svagarsi, ritmi e abitudini consolidate, che apprezziamo e ci donano serenità. Un cantante che raggiunga simili livelli di successo, difficilmente può contarci. I milioni non possono acquistarle. Quando diciamo che i soldi non comprano la felicità, è a questo che ci riferiamo.
Se torniamo a Payne, ci troviamo di fronte un artista che non aveva mai dato segni di squilibrio. Certo, pendevano su di lui le ombre della denuncia della sua ex fidanzata, la quale lo aveva definito violento e abusatore. La vicenda non fu mai chiarita a dovere e il fatto che il cantante, dopo la fine di quella turbolenta storia, avesse trovato nuovamente l’amore, in una relazione che non appariva tossica, aveva messo a tacere quelle accuse. Eppure, ora ci rendiamo conto che, forse, la persona dietro il personaggio era molto meno forte di quel che si vedeva dall’esterno. C’è spesso una sofferenza velata, invisibile da fuori, che scava nelle certezze di queste star lentamente, come una goccia sulla roccia, fino a trascinarle giù, in un dirupo dal quale non riescono a risalire e, allora, decidono di lasciarsi cadere.
Alcol e droga come compagni di vita
Quando si mette mano all’alcol e alla droga, con l’intenzione di sentirsi meglio, si finisce spesso per ottenere l’effetto opposto. La situazione peggiora, anche fino all’atto estremo. Chiedere aiuto, ammettendo le proprie fragilità e i propri problemi, è difficile per tutti, specie per chi abbia un’immagine da tutelare. Gli stupefacenti risolvono apparentemente, all’istante, ogni problema. Ecco perché vengono scelti e se ne abusa. La dipendenza è un vortice oscuro, difficile da stringere in mano dalla parte del manico. Quando si pensa di poterla controllare, è invece lei che finisce per impossessarsi della nostra esistenza.
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