Lo chiamerò Martin e racconterò la sua storia al contrario, quindi partendo da ieri.
È una bella storia che mi ha portato, dopo tanti anni, a rientrare in un’aula universitaria e a trovarmi in compagnia di un’emozione che sapevo sarebbe arrivata sin da quando Martin mi ha dato il permesso di assistere alla discussione della sua tesi di Laurea.
Mi piace pensare che non sia un caso che la sua laurea triennale sia stata conseguita in Ingegneria navale. Da tanti anni imparo nomi del mondo marinaresco, di cui ignoravo l’esistenza, lavorando nel Gruppo Redancia che con il mare ha un indiscusso ed indissolubile legame. Anche ieri avrei voluto imparare qualcosa ma ho ascoltato concetti di cui non capisco proprio nulla, ho visto formule matematiche che misuravano scafi e carene, ho guardato grafici senza comprenderne il significato. Un unico pensiero, condiviso con la collega che era con me, neanche attraverso le parole ma con lo scambio di sguardi preoccupati, perché nessuno facesse ancora del male a Martin e le domande a lui rivolte fossero solo quelle a cui sapeva rispondere.
Non aveva proprio niente di diverso in quel momento rispetto agli altri ragazzi che durante la proclamazione del voto stringevano la loro tesi con orgoglio.
Eppure lui diverso un po’ lo è e non solo per il colore della sua pelle.
Era diversa la sua giacca, non acquistata in un bel negozio del centro ma al mercatino dell’usato. La prima volta che indossava una giacca, mi racconterà, perché le giacche costano, non sono mica come le T-shirt.
Erano diverse le persone che lo hanno applaudito. Io e Selene, nessuna madre, nessun padre, nessun fratello, nessun amico. L’ho abbracciato buttando indietro le lacrime quando mi ha raccontato che la madre, con problemi neurologici che si sono recentemente aggravati, doveva proprio “essere partita di testa” perché non lo ha neanche chiamato in questi giorni. Eppure era un insegnante e agli studi del figlio ci teneva tanto.
Ho conosciuto Martin due anni fa alla Rems Villa Caterina, dove mi ha parlato subito del suo progetto di laurearsi, delle difficoltà economiche, delle persone che lo hanno aiutato nei suoi anni di sofferenza. Il suo è stato un mare in tempesta, dove le onde lo hanno spesso travolto ma mai affondato.
Ho accolto Martin nella struttura che dirigo e l’ho sempre tenuto a mente come una persona da rispettare, nei suoi silenzi, nei suoi momenti di rabbia, nel suo venirmi regolarmente ad aggiornare sugli studi che lentamente, ma senza mai fermarsi, procedevano. Sino ad arrivare a ieri.
Selene ha comprato una corona di alloro con un bel fiocco rosso ma Martin non la voleva. Abbiamo dovuto insistere un po’, almeno per la foto di rito.
Poi quella corona non l’ha più tolta. E’ rimasta sulla sua testa come un orpello da re durante il viaggio di ritorno, quando lo guardavo di tanto in tanto dallo specchietto della macchina. Sempre lì quando lo abbiamo portato a pranzo, pasta al ragù e cotoletta dal menù fisso, per non farci spendere troppo. Immobile durante il tragitto in ascensore per arrivare alla comunità, quando si è guardato nello specchio e ha sorriso. Un sovrano, quando entrando in struttura qualcuno degli altri ospiti ha fatto partire un applauso.
Che tu possa incontrare buon vento Martin. Al mare agitato ci sei abituato, ma se le onde si calmassero un po’ e ti permettessero di navigare meglio verso le tue mete io ne sarei davvero felice.
Mi hai detto giorni fa della laurea di Martin.
Ci lavorava da anni ed è venuto da voi con il desiderio di poter completare la tesi.
Solo questo chiedeva.
Riscatto di una vita difficile.
Dimostrazione di una volontà caparbia e capace.
Martin ha attraversato la Rems in punta di piedi, rispettoso e riservato.
Tanto che qualche volta mi è venuto in mente che fosse tutto un falso.
Invece no, chiuso nella sua stanza ha avuto in dono un computer, da chi ha creduto in lui da subito.
Ha lavorato con tenacia, con indubbia fatica, forse la stessa di ogni studente, moltiplicata per le difficoltà di lingua, situazione, ambiente di vita.
La laurea di Martin è un simbolo.
A Natale è il simbolo dell’uguaglianza.
È una vera bandiera contro lo stigma che ancora ci attanaglia.
Auguro a quest’uomo determinato, un futuro dignitoso, un lavoro che lo gratifichi, una casa che lo accolga così come è adesso la comunità in cui abita.
Il rispetto e l’amore sono ancora in grado di compiere miracoli.
Vorrei che questo bel risultato arrivasse a chi ritiene la Rems un contenitore per disperati.
Bravo Martin e grazie ai colleghi
Anche fosse uno solo a riscattarsi, quell’uno ci ha già dimostrato che ne è valsa la pena!
Che bel traguardo Martin complimenti! Studiare in una CT non è agevole come farlo in una casa dove hai i tuoi spazi e la mamma ti porta la merenda, devi guadagnarti un luogo silenzioso dove concentrarti, tollerare l’invidia dei compagni, reperire materiale. Ma poi ci sono gli operatori che portano da casa quaderni, penne, matite e fotocopie, che hanno qualche premura in più, che supportano, sperano e credono! Ed insieme si riesce a raggiungere anche questi bellissimi risultati!
Dalla teoria alla pratica mi verrebbe da dire leggendo il colto e ben scritto articolo della Caterina Vecchiato e il partecipato racconto della laurea di Martin.
Davvero bravo lui e davvero comprensivi e supportivi affettivamente i colleghi della REMS e di Casa VARAZZE.
Ora potremmo dire facilmente che i risultati si ottengono quando con dedizione, competenza e lavoro specifico si realizza un rapporto psicoterapicamente valido e potrei finalmente rispondere alle contestazioni che un mio caro amico (purtroppo scomparso) mi faceva dicendo che siamo dei parolai.
Le parole dette opportunamente e le cosiddette azioni parlanti, per citare una definizione felice di Racamier, curano e leniscono le sofferenze permettendo di riprendere un cammino presto interrotto.
Un piccolo articolo scritto al contrario, tra tanti inutili scritti di maniera, che costellano la letteratura scientifica. Un single case appena accennato, ma pieno di storia. Un traguardo che deve essere condiviso perché rappresenta lo sforzo di Martin e di tutti quelli che lo hanno accompagnato e curato, Quelli che lavorano sempre di bolina. La bolina e’ bella ma è anche ora che il vento cominci a girare.