Vaso di Pandora

L’autoaiuto funziona davvero? Benefici e svantaggi

Nel mondo contemporaneo, segnato da un crescente bisogno di autonomia e benessere, l’autoaiuto si è imposto come una risposta diffusa ai disagi psicologici più diversi. Libri, video, podcast e community digitali promettono soluzioni rapide ed efficaci per superare ansia, insicurezza, mancanza di autostima o difficoltà relazionali. Ma quanto è realmente utile questo approccio? Può sostituire un percorso terapeutico? E quali rischi comporta se viene assunto in modo acritico? Per rispondere a queste domande è necessario esplorare sia i benefici sia le criticità dell’autoaiuto, restituendone una visione psicologicamente solida e priva di semplificazioni.

Che cos’è l’autoaiuto: tra autonomia e ricerca di senso

L’autoaiuto può essere definito come un insieme di strategie, strumenti e atteggiamenti finalizzati alla gestione autonoma delle proprie difficoltà interiori. Questo approccio ha una lunga storia: già in epoca classica i filosofi proponevano esercizi di riflessione interiore per il miglioramento personale. Oggi però l’autoaiuto è diventato un vero e proprio mercato, con una produzione editoriale sterminata e un’offerta digitale in continua espansione.

Il suo successo riflette un bisogno autentico di molte persone: migliorarsi senza dover necessariamente ricorrere a uno specialista. L’accessibilità, la possibilità di agire in autonomia e il senso di empowerment che ne deriva sono elementi che rendono l’autoaiuto attraente e rassicurante, soprattutto per chi teme il giudizio o non ha accesso a un supporto professionale. Tuttavia, proprio la sua semplicità può talvolta generare illusioni o creare nuovi ostacoli.

I benefici dell’autoaiuto: quando può fare bene

Se utilizzato con consapevolezza, l’autoaiuto può offrire un valido sostegno emotivo e cognitivo. Tra i principali benefici riscontrati vi sono:

  • Miglioramento della consapevolezza di sé: leggere, ascoltare o riflettere su contenuti legati alla propria interiorità favorisce l’introspezione e il riconoscimento delle emozioni.
  • Sviluppo dell’autonomia personale: l’autoaiuto incoraggia le persone a prendersi cura di sé in prima persona, coltivando risorse e competenze emotive spesso trascurate.

In molti casi, chi si avvicina all’autoaiuto compie un primo passo importante verso un cambiamento. Può diventare un ponte verso una maggiore maturazione psicologica o, per alcuni, rappresentare una fase intermedia prima di rivolgersi a un terapeuta. L’approccio può inoltre contribuire a mantenere la motivazione durante un percorso psicologico, offrendo strumenti pratici per affrontare le difficoltà quotidiane.

I limiti dell’autoaiuto: tra semplificazione e colpevolizzazione

Accanto ai benefici, esistono tuttavia aspetti problematici. Molti contenuti di autoaiuto, soprattutto quelli veicolati in forma commerciale o digitale, tendono a semplificare eccessivamente il funzionamento psichico. Il disagio viene spesso descritto come una mancanza di volontà o una cattiva abitudine da correggere, ignorando le dinamiche inconsce o le storie personali complesse. Questo può generare due rischi principali:

  • Senso di colpa per il mancato miglioramento: se non si riesce a “guarire” leggendo un libro o seguendo un consiglio motivazionale, si può sviluppare la sensazione di essere inadeguati o “sbagliati”.
  • Isolamento emotivo e rifiuto dell’aiuto professionale: l’autoaiuto può rafforzare l’idea che si debba fare tutto da soli, scoraggiando la ricerca di un sostegno relazionale autentico o di una terapia.

Un altro rischio è quello della sovrastimolazione: l’abbondanza di consigli, tecniche e strumenti può confondere anziché orientare, creando un’ansia da prestazione anche nella propria crescita personale. Inoltre, non tutti i materiali di autoaiuto sono elaborati da figure competenti: spesso mancano basi scientifiche, e si rischia di aderire a teorie pseudopsicologiche che rafforzano stereotipi dannosi o propongono obiettivi irrealistici.

Autoaiuto e terapia: complementarità o alternativa?

Un tema cruciale riguarda il rapporto tra autoaiuto e psicoterapia. È fondamentale chiarire che l’autoaiuto non può sostituire un lavoro clinico su tematiche profonde o su strutture di personalità più complesse. Tuttavia, può rappresentare un utile alleato, se integrato in modo critico all’interno di un percorso terapeutico. Alcuni terapeuti, ad esempio, consigliano specifici testi o pratiche per accompagnare il paziente nella riflessione tra una seduta e l’altra.

Perché l’autoaiuto funzioni davvero, è essenziale che la persona riesca a distinguere tra un uso responsabile e uno illusorio. Serve capacità di discernimento, cioè la consapevolezza dei propri limiti e la disponibilità a chiedere aiuto quando il disagio supera una certa soglia. L’idea stessa di “aiutarsi da soli” dovrebbe sempre prevedere, paradossalmente, anche la possibilità di non farcela da soli.

Quando funziona davvero: condizioni e fattori favorevoli

Affinché l’autoaiuto sia efficace e non dannoso, è necessario che si verifichino alcune condizioni favorevoli. Tra queste:

  • Capacità di autovalutazione realistica, ovvero saper riconoscere quando l’approccio funziona e quando invece si rischia di girare a vuoto.
  • Conoscenza critica delle fonti, per evitare contenuti approssimativi, motivazionali ma privi di fondamento, e orientarsi invece su materiali curati da professionisti della salute mentale.

Inoltre, la scelta del materiale più adatto deve tenere conto della fase esistenziale in cui si trova la persona. Non esiste un percorso di autoaiuto “valido per tutti”: ciò che è utile per qualcuno può essere inefficace o addirittura fuorviante per altri. L’individualità, in psicologia, resta una bussola imprescindibile.

Conclusioni: tra autodeterminazione e responsabilità relazionale

In definitiva, l’autoaiuto può funzionare, ma non sempre e non per tutti. La sua efficacia dipende da molteplici fattori: il tipo di problema affrontato, la qualità delle fonti, la maturità psicologica di chi lo utilizza, il contesto relazionale in cui ci si muove. Non si tratta quindi di opporre l’autoaiuto alla psicoterapia, ma di comprendere quando i due percorsi possono dialogare e quando invece è necessario fare una scelta chiara.

Riscoprire il valore dell’autonomia è importante, ma non va mai confuso con l’isolamento. Aiutarsi da soli non significa negare la necessità dell’altro, né rinunciare alla complessità che ogni essere umano porta con sé. Il vero autoaiuto, forse, comincia proprio nel momento in cui ci si concede il permesso di non bastarsi.

Argomenti in questo articolo
Condividi

Lascia un commento

Leggi anche

Nasce Mymentis

L’eccellenza del benessere mentale, ovunque tu sia.

Scopri la nostra rivista

 Il Vaso di Pandora, dialoghi in psichiatria e scienze umane è una rivista quadrimestrale di psichiatria, filosofia e cultura, di argomento psichiatrico, nata nel 1993 da un’idea di Giovanni Giusto. E’ iscritta dal 2006 a The American Psychological Association (APA)

Le Ultime dall'Italia e dal Mondo
Leggi tutti gli articoli
autoaiuto
10 Settembre 2025

L’autoaiuto funziona davvero? Benefici e svantaggi

Nel mondo contemporaneo, segnato da un crescente bisogno di autonomia e benessere, l’autoaiuto si è imposto come una risposta diffusa ai disagi psicologici più diversi. Libri, video, podcast e community digitali promettono soluzioni rapide ed…

Storie Illustrate
Leggi tutti gli articoli
8 Aprile 2023

Pensiamo per voi - di Niccolò Pizzorno

Leggendo l’articolo del Prof. Peciccia sull’ intelligenza artificiale, ho pesato di realizzare questa storia, di una pagina, basandomi sia sull’articolo che sul racconto “Ricordiamo per voi” di Philip K. Dick.

24 Febbraio 2023

Oltre la tempesta - di Niccolò Pizzorno

L’opera “oltre la tempesta” narra, tramite il medium del fumetto, dell’attività omonima organizzata tra le venticinque strutture dell’ l’intero raggruppamento, durante il periodo del lock down dovuto alla pandemia provocata dal virus Covid 19.

Pizz1 1.png
14 Settembre 2022

Lo dico a modo mio - di Niccolò Pizzorno

Breve storia basata su un paziente inserito presso la struttura "Villa Perla" (Residenza per Disabili, Ge). Vengono prese in analisi le strategie di comunicazione che l'ospite mette in atto nei confronti degli operatori.