Ogni anno, a giugno, il tema degli esami di maturità torna sui giornali con le previsioni e i commenti sugli argomenti dei temi, con le interviste agli esperti che suggeriscono le strategie di studio e di approccio psicologico sereno. È anche possibile leggere valutazioni sulle ricadute della maturità nelle dinamiche familiari e sulla corrispondenza tra maturità biologica e maturità psicosociale.
La maturità come simbolo di cambiamento
La maturità non è solo la conclusione degli studi liceali e l’acquisizione del titolo per proseguire gli studi all’università. Il termine stesso, maturità, rimanda al segno di un cambiamento, ha il significato di passaggio nella crescita dei giovani liceali: maturità come tappa importante verso il mondo adulto, come passaggio verso le scelte di vita più personalizzate e identificanti, che richiedono nuove competenze e forme diverse di coinvolgimento. Avere superato gli esami di maturità porta al riconoscimento sociale di un cambiamento nel proprio sviluppo, è il timbro nella dichiarazione di avvenuta crescita.
Vorrei partire da due aspetti, molto ripresi su giornali e social, sulla maturità 2024. Si tratta delle riflessioni sul coinvolgimento delle famiglie e sulla riuscita della maturità come rito di passaggio.
Il coinvolgimento delle famiglie
Al termine degli orali della maturità, mai come quest’anno, si sono attivati festeggiamenti con ghirlande di alloro e mazzi di fiori, un tempo limitati alla conclusione della discussione delle tesi di laurea. La maturità, tradizionalmente vissuta in modo strettamente personale e condivisa solo con i coetanei, i compagni nell’avventura, si è trasformata in una esibizione in presenza dei genitori. Questa teatralità sembra spostare l’orizzonte proprio del superamento della prova “maturità”: non verso il futuro dello studente, ma verso il passato, come segno del persistere delle intromissioni dei genitori.
Non è più il successo dello studente, la maturità diventa occasione per l’esibizione del successo dei genitori. La maturità centrata sul festeggiamento trattiene nel mondo dell’adolescenza, riduce a esposizione in vetrina il momento del passaggio. Il cambiamento non ha nulla di intimo, si priva della ricchezza delle risonanze emotive profonde, smette di essere il segno del progredire verso il mondo adulto. Al contrario, viene quasi negato il passaggio: la maturità è riproposta come segno di un mondo infantilizzato, che si ripete nei suoi rituali, festeggia come nei compleanni, a conferma di una appartenenza ad una fascia di età sostanzialmente immutata.
Maturità e anno sabbatico
Segno appunto della mancata riuscita del passaggio è la sottolineatura del crescente ricorso dei giovani alla attivazione di un anno sabbatico, “gap year”, al termine degli studi liceali. C’è bisogno di più tempo per soffermarsi sulle scelte necessarie per andare avanti (Repubblica, 2 luglio 2024). Nell’articolo viene riportato quanto sia cresciuto, negli ultimi anni, il ricorso a questa sospensione dell’andare avanti: i giovani si fermano per andare alla ricerca di esperienze personali, lontano dalle sollecitazioni abituali, in mondi diversi, in attività inesplorate.
La pausa viene utilizzata in mille modi: può servire per imparare una lingua, per confrontarsi con culture diverse, per sentirsi utili e acquisire capacità nuove, per mettersi alla prova. Un anno di pausa per sciogliere dubbi, per rivalutare prospettive che non entusiasmano, per esplorare la propria identità. Un anno vissuto in prima persona. Il ricorso all’anno sabbatico contiene certamente il rischio di ridursi ad un anno di congelamento della propria situazione, ma per lo più è un anno di maturazione, vissuto in prima persona, la scoperta del desiderio di vivere la propria soggettività. Il passaggio maturità non è più quello condiviso, scandito dal percorso degli studi scolastici: dalla scuola che forniva le materie da apprendere verso la facoltà universitaria scelta sulla base del proprio progetto di vita adulta.
Chi ricorre all’anno sabbatico pensa che sia troppo presto per proiettarsi nel mondo adulto: non riesce a scegliere il proprio futuro, ad uscire dal mondo collaudato della famiglia, a scandire il tempo fuori dalla sospensione adolescenziale. Un tema molto interessante che rispetta sia il contatto con la dimensione del tempo, sia la necessità di scoprire il proprio passo, la soggettivazione del procedere in avanti.
Avanzamento e regressione
Per associazione di idee il tema della sospensione sabbatica mi rimanda all’importanza di seguire nel lavoro clinico i movimenti di avanzamento e di regressione dei pazienti all’interno dei trattamenti psicoterapeutici, e, soprattutto, nel leggere l’evoluzione delle crisi la cui gravità ha determinato il ricorso al ricovero. Nella pressione dei tempi amministrativi, fattore sicuramente non secondario, ma che non è utile considerarlo unico, si rischia sempre di perdere il contatto con il Timing, la rispettosa attenzione ai tempi di elaborazione, per questo di maturazione, dei pazienti e del loro contesto familiare.
Chi svolge attività clinica con pazienti giovani, e in particolare per chi approccia le dinamiche dei processi di separazione-individuazione nei Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare, ha un continuo confronto con le modalità messe in atto per discutere i tempi delle dimissioni dai ricoveri. La maturazione della dimissione evidenzia la direzione dei movimenti cognitivi e affettivi propri di ogni processo di cura; è importante soffermarsi sui criteri di valutazione della tempistica, sui conflitti e sulle collusioni dei pazienti e dei familiari, riconoscere le spinte costruttive e distinguerle da quelle regressive.
L’attrazione omeostatica dei genitori
È possibile riconoscere i movimenti per trattenere, l’attrazione omeostatica, messi in atto dai genitori, che sottolineano le fragilità e l’immaturità del figlio per motivare il ritorno a casa protetto, o la prosecuzione infinita del ricovero in attesa di cambiamenti che devono arrivare dai farmaci e dalla struttura.
Sono movimenti diversi da quelli che i curanti vorrebbero vedere attivati dai genitori, di sostegno e di accompagnamento fiducioso verso il futuro, espressione del riconoscimento preoccupato e condiviso dei rischi, l’accettazione dello stare ancora in viaggio. Per questo è importante parlare di convalescenza per soffermarsi sui tempi del percorso, sostenere la sospensione, riconoscere che il futuro è un progetto in costruzione.
Diverso ancora è il procedere liberato verso la guarigione, la fuga dal doloroso lavoro della elaborazione dei contenuti della crisi, la maturazione psicopatologica. La salute recuperata per aspetti comportamentali del paziente, “prende le medicine e si comporta bene”. La dimissione non può essere titolo di “guarigione”, non autorizza a credere che ci sia stato un cambiamento profondo, una maturazione; è come pensare che la maturità discenda dall’acquisizione del titolo di studio. Il discorso si apre a considerare come il fenomeno delle ripetizione delle crisi e il ritorno a porta girevole nei luoghi di ricovero, sia come ripetere l’esame di maturità, evento che, peraltro, tante volte sentiamo ripetersi nei sogni-incubi dei pazienti.