di Emilio Robotti
Antefatto. A Vado Ligure nella “Vado Sabatia”, quindici operatori sociosanitari (OSS) sono arrestati per violenze perpetrate nei confronti dei pazienti disabili e psichiatrici, documentate da registrazioni audio e video.
L’autorità giudiziaria interviene a seguito della denuncia di un uomo, che visitava la moglie, ricoverata in un altro reparto della struttura non interessato da fatti di rilevanza penale. L’episodio di Vado Ligure segue quelli simili, accaduti sempre in Liguria negli ultimi tre anni, del “Borea” nel ponente ligure, della Rsa “Ex i Cedri” nel chiavarese, di una casa di riposo per Anziani a Genova.
Fatto. Pochi giorni dopo l’arresto degli operatori della Vado Sabatia, un bambino gravemente disabile non può più frequentare una scuola dell’obbligo a Genova, nel quartiere dove abita. I genitori non hanno voluto che il figlio frequentasse un’altra scuola, in un diverso quartiere, priva di barriere architettoniche, perché credono che il figlio debba frequentare una scuola del luogo dove vive: sia il bambino che l’ambiente dove risiede devono conoscersi reciprocamente e imparare a convivere l’uno con l’altro. La scuola ha un montascale grazie al quale il bambino disabile può accedere al piano superiore, dove sono situate le classi, ma non può più farlo: i collaboratori scolastici, supportati dal sindacato a cui aderiscono, dichiarano di non poter più continuare ad assumersi il rischio di utilizzare il montascale e rispondere di eventuali incidenti che possano occorrere al bambino durante il trasporto al piano superiore.
La situazione si risolve dopo la pubblicazione sulla prima pagina del più venduto quotidiano genovese di una lettera della madre del bambino che denuncia la situazione: gli operatori scolastici riprendono infatti a utilizzare il montascale per aiutare il bambino ad accedere alla sua classe al piano superiore, le autorità scolastiche annunciano di aver trovato i fondi per la realizzazione di un ascensore per la scuola, il sindacato annuncia che ora che il problema dell’utilizzo del montascale è solo temporaneo, ovvero fino alla realizzazione dell’ascensore, e soprattutto è diventato di pubblico dominio il problema e la richiesta di aiutare il bimbo a raggiungere il piano superiore, gli operatori scolastici non rischiano più di dover rispondere in prima persona delle conseguenze di un eventuale incidente al bambino durate il trasporto con il montascale.
Domande. Come è possibile che alla Vado Sabatia gli OSS che non hanno inflitto violenze e umiliazioni ai pazienti, non sia siano accorti di quanto facevano i Colleghi arrestati e sotto procedimento penale. E’ evidente che tertium non datur: o non si sono accorti di quanto accadeva, e viene da chiedersi allora di quale professionalità ed umanità, empatia siano capaci nei confronti dei pazienti e dei loro colleghi; oppure sapevano, e non sono intervenuti a fermare (e non riuscendoci, a denunciare) i colleghi violenti e sadici. Evidentemente non hanno parlato con la direzione della struttura o se rimasti inascoltati, si sono ritenuti in tal modo assolti da ogni colpa. Se sapevano, hanno taciuto colpevolmente sin dall’inizio, o hanno cominciato a farlo in seguito, rimanendo inerti e silenti colpevolmente.
La stessa domanda sugli OSS della Vado Sabatia, con un livello di colpa che sale con progressione geometrica, si può porre per quanto riguarda i medici, gli psicologi, gli infermieri, gli educatori che lavoravano in quel reparto; per il direttore sanitario, per quello amministrativo, per i vertici della società che gestiva la Vado Sabatia; ma questo vale, non di meno, anche per i Servizi Territoriali di competenza per i pazienti ricoverati, che evidentemente hanno delegato completamente alla struttura la gestione dei pazienti e non hanno vigilato efficacemente sulle condizioni di ricovero e di cura dei pazienti, o non hanno vigilato affatto.
Viene parallelamente da chiedersi, quanto alla scuola genovese, come sia stato possibile rifiutarsi di trasportare un bambino con il montascale al piano superiore di una scuola dell’obbligo; come sia stato possibile che un’organizzazione sindacale, che oltre a difendere gli interessi dei lavoratori, proclama di voler tutelare gli interessi di tutti i cittadini, abbia avallato tale comportamento. Viene da chiedersi perché gli insegnanti della scuola, il direttore, i suoi superiori gerarchici, gli altri genitori dei compagni di classe del bambino, non si siano ribellati anche solo con un semplice gesto, ovvero portare loro stessi il bambino in classe con il montascale fino a che la situazione non fosse stata risolta grazie anche alla loro inazione e omessa denuncia, che non doveva essere delegata all’iniziativa solitaria della mamma del bambino.
Eziologia. Sia la scuola che la sanità italiana sono da anni soggetti ad una incredibile involuzione causata da un taglio sempre maggiore e sempre più lineare delle risorse economiche ed umane, rinviando una ormai non più rinviabile riforma per ottenere un migliore risultato attraverso meno sprechi, più efficienza ed utilizzo quindi adeguato delle risorse, che ove non sufficienti vanno trovate e rese disponibili. Il risultato negativo di queste politiche miopi, di breve respiro quanto agli apparenti risparmi (ma con incalcolabili conseguenze in termini di costi reali, non solo economici) su scuola ed all’Università è evidente, come lo è altrettanto per la sanità, che l’OCSE ritiene – proseguendo su questa strada – non potrà continuare a garantire un servizio sanitario universale ai cittadini. Questo stato di fatto può certamente demotivare operatori, professionisti, dirigenti, imprenditori, e favorire il verificarsi di fatti come quelli appena esposti sommariamente e certamente con qualche inesattezza, perché ricavati dalla semplice lettura dei quotidiani, ma non li spiega né giustifica, né può esso solo causarli.
Etica, morale, professionalità. L’etica sta al singolo, come la morale sta al gruppo. La professionalità sta al singolo, come al sistema scolastico ed educativo; la professionalità sta all’etica per il singolo, come per il gruppo, così come poggia sulla tecnica e dalla scienza.
In entrambi i casi riportati, della Vado Sabatia e del bambino, è mancata sia l’etica, che la morale, che la professionalità, a molti (se non tutti i livelli). Questo vuoto etico, morale e professionale, è il vero brodo di coltura nel quale possono svilupparsi e fiorire azioni collettive come le violenze perpetrate (a prescindere dalla diversità degli episodi e dalla presenza o assenza di responsabilità penali) nei confronti dei pazienti e del bambino.
L’individuo. Il gesto di un singolo può anche essere inutile per mutare una piccola situazione di sopruso da parte di un singolo, di un gruppo, di una istituzione; e spesso tale gesto, quanto più è importante, tanto più può avere conseguenze negative per il singolo che lo compie. Ma senza tale gesto, non esiste etica, morale, né professionalità. La conseguenza è stata descritta molti anni fa dai poeti: F. De André (“anche se vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”) e Niemoeller “E poi quando vennero per me mi voltai e mi guardai intorno, non era rimasto più nessuno…”; ovvero grandi, o meno grandi, tragedie ed ingiustizie.