Vaso di Pandora

La scomparsa di Pier Francesco Galli

La scomparsa di Pier Francesco Galli e la ricchezza degli incroci milanesi in psicoterapia negli anni sessanta

Il commento di uno psicoterapeuta relazionale sistemico didatta del Centro Milanese di Terapia della Famiglia

Come l’articolo di Repubblica ricorda, Pier Francesco Galli è stato un testimone importante della psicoanalisi italiana, tuttavia, da un’altra prospettiva, vorrei qui sottolineare il suo ruolo di organizzatore e di crocevia delle idee e delle esperienze più nuove che si andavano sviluppando in Italia, in particolare a Milano negli anni sessanta, questo parallelamente alla fondazione della ben nota rivista ” Psicoterapia e scienze umane”.  

Questo  commento nasce quindi  dalla prospettiva di chi, come il sottoscritto, essendosi formato presso il Centro Milanese di Terapia della Famiglia diretto all’epoca da Mara Palazzoli Selvini con Luigi Boscolo, Gianfranco Cecchin e Giuliana Prata, ha sentito raccontare in diretta la nascita di altri approcci come quello relazionale sistemico in un contesto di creatività e ricchezza di esperienze al centro del quale era stato Pier Francesco Galli.  Questo ci riporta al primo incontro della Selvini con Boscolo nel 1966  presso il Metropolitan Hospital di New York dove insegnava Silvano Arieti, che l’aveva invitata a parlare di anoressia mentale e all’invito della stessa a Boscolo ad andarla a trovare a Milano  al Centro di psicoterapia di S. Ambrogio dove collaborava con Pier Francesco Galli. Scrive Boscolo , nell’intervista che gli feci, ( Il vaso di Pandora Vol.VI,n.2,1998) che questo Centro era in  uno scantinato in via S. Ambrogio dove lavoravano con modello psicoanalitico a trattare coppie e famiglie.

Anche Gianfranco Cecchin, al suo ritorno dagli Stati Uniti, si unì al gruppo di S. Ambrogio, finché, per motivi di spazio si trasferirono nel Centro di Via Leopardi e nel 1971  Selvini propose di cambiare approccio, da quello psicoanalitico a quello strategico-sistemico, prendendo come modello di riferimento il gruppo di Palo Alto e come supervisore Paul Watzlavick. Degli otto membri della team soltanto quattro decisero di cambiare modello (Selvini, Boscolo, Cecchin e Prata).

Un altro tema, riguardo alla ricchezza di interessi di Pier Francesco Galli e del fervore culturale in psicoterapia in quegli anni e in quel contesto ci porta a parlare dei gruppi in psicoterapia e dell’Associazione Italiana di psicoterapia di gruppo che pubblicava i Quaderni Internazionali di Tecnica di Gruppo in cinque lingue, con lo scopo di fornire agli studiosi uno strumento per lo scambio di idee e documentazioni e con l’interesse per tutto ciò che avveniva nel mondo nel campo della Tecnica di Gruppo e delle sue applicazioni teoriche e pratiche.  

Nel numero 2 del 1967 , dedicato ai piccoli gruppi, insieme ad altri nomi che hanno fatto parte della storia delle esperienze  più innovatrici in psicologia e psichiatria ( come Enzo Spaltro e Diego Napolitani) troviamo proprio un contributo di Pier Francesco Galli ( “ Cosa hanno in comune psicoterapie individuali e psicoterapia di gruppo?”) e il contributo di Mara Palazzoli Selvini  ( “Cosa si intende per terapia delle famiglie e come può essere attuata?”) .

Reduce da Losanna, al III Simposio Internazionale sulla Psicoterapia della Schizofrenia, Selvini riferiva sulle esperienze di  Lyman  Wynne in tema di” terapia di esplorazione familiare” e del metodo che veniva allora definito come “trattamento familiare congiunto” .

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