Commento all’articolo di Silvia Ronchey apparso su La Repubblica il 19 novembre 2018
Articolo brillante, ricco di sapere: considera quell’episodio amoroso simbolo dell’autoerotismo femminile, del piacere che la donna può darsi senza la cooperazione del maschio.
Proverei, un po’ per scherzo, a darne una lettura più maschilista.
Non ci pare si possa considerare Leda una masturbatrice. D’accordo che il cigno-amante è per noi un essere immaginario, forse nato dalla mente desiderante di Leda; ma è improbabile che questa fosse l’ottica della fantasia collettiva creatrice del mito. Certo, è figura indiscutibilmente maschile. E’ un cigno, un uccello, da sempre simbolo fallico anche nella volgare quotidianità. E incarna nientemeno che Zeus, il super macho dell’Olimpo, che fra l’altro genera con Leda non solo le citate femmes fatales Elena e Clitemnestra, ma anche due vigorosi maschioni, i Dioscuri. Egli non è mero strumento di piacere ma presenza forte, padre responsabile e sollecito: Euripide ci racconta come interviene a proteggere Elena.
L’incontro di Leda con il divino prefigura, nel linguaggio immaginifico del mito, il pensiero di Platone che definisce Eros come un demone intermedio, capace di avvicinarci alla divinità. Esperienza erotica e vissuto religioso: hanno qualcosa in comune, e storicamente in sinergismo o in conflitto forse proprio perché concorrenti.