Si può definire l’adolescenza quel periodo di tempo compreso tra il periodo di latenza e l’età adultà.
La domanda fondamentale è quando inizia l’età adulta e cosa significa essere adulti. Se gli esordi dell’adolescenza possono coincidere all’avvio puberale, con tutti gli sconvolgimenti fisici, ormonali e psichici che ne conseguono, dire quando avviene per un adolescente il passaggio all’età adulta appare ben più complesso.
Alcune definizioni mettono come limite tra l’adolescenza e l’inizio dell’età adulta “il raggiungimento della stabilità economica” e il distacco dalla famiglia d’origine, in definitiva quando un giovane riesce a mantenersi con le proprie forze e a pensare al proprio fabbisogno personale in modo autonomo. Con i tempi attuali tutto si è complicato. Trentenni e ultra trentenni, talvolta risultano ancora dipendenti economicamente dalle loro madri, padri e addirittura dai nonni, perché non trovano lavoro o l’hanno perso o non riescono a guadagnare abbastanza per farsi una propria famiglia; ma allora questa popolazione di giovani-adulti devono essere sempre considerati adolescenti? Il limite adolescenza-età adulta è quindi soggettivo, non è uguale per tutti, c’è chi raggiunge l’età adulta prima, chi dopo, chi forse non lo raggiungerà mai.
Non c’è un’età in cui si diventa adulti, come invece poteva accadere anni fa quando diventare adulti significava raggiungere la maggior età oppure come poteva accadere in alcune tribù attraverso i riti di transizione. Mai come oggi i limiti sembrano essere diventati sfumati e, forse, in qualche modo non si finisce mai di essere adolescenti neppure a una veneranda età. Questo perché essere adulto e lasciarsi quindi l’adolescenza alle spalle, non vuole soltanto dire sapersi mantenere economicamente e non dipendere più dalla famiglia. Sarebbe troppo riduttivo e semplicistico. Diventare adulti implica ben altro; essere adulto è un modo di essere, di sentirsi, di pensare, è uno stato mentale che viene raggiunto anche attraverso la turbolenza adolescenziale.
Freud intendeva la maturità come l’essere in grado di lavorare e amare, la Klein come l’aumentata capacità di vivere nella posizione depressiva, Bion come l’essere in grado di continuare a crescere. La maturità non è quindi un dato cronologico ma la capacità della persona di sopportare stati emotivi intensi, attingendo da risorse sia esterne che interne, che si sono potute acquisire nel corso del tempo. Venendo a riflettere sull’adolescenza, si può dire che l’adolescenza è quel periodo della vita necessario per ristrutturare la personalità, un adattamento ai grandi cambiamenti che stanno avvenendo in un corpo ancora bambino, una ricerca di un nuovo Sé nel mondo. Prima di Freud l’adolescenza aveva ricevuto un’attenzione particolare solo per il fatto che si riteneva segnasse l’inizio della vita sessuale dell’individuo. Dopo che Freud scoprì la sessualità infantile, l’adolescenza venne in un certo modo degradata. Nei “Tre saggi sulla teoria sessuale” l’adolescenza era definita come il periodo durante il quale avviene una rielaborazione degli impulsi sessuali infantili, in modo da poterli integrare negli aspetti più intimi e amorosi del rapporto sessuale. Non si faceva riferimento alla crescita emotiva della personalità. Anna Freud definì l’adolescenza un “periodo negletto”, un figlio adottivo del pensiero psicoanalitico.
Successivamente l’adolescenza è stata rivalutata dagli studiosi, come un periodo necessario per il ristrutturarsi della personalità. Meltzer definì gli adolescenti “una moltitudine felice-infelice, compresa tra l’instabilità del periodo di latenza e lo stabilirsi nella vita adulta”. Durante l’adolescenza vecchi conflitti, soprattutto della prima infanzia e delle battaglie edipiche, vengono rielaborate, mettendo a dura prova la qualità del contenimento e l’interiorizzazione originari.
L’adolescente si trova davanti a una situazione allarmante poiché ha la possibilità di soddisfare realmente i suoi desideri genitali e distruttivi, invece che appagare la sua sensualità e i sentimenti ostili solo a livello di fantasia, come succedeva nelle età precedenti. Nella prima adolescenza l’ansietà sessuale spinge i giovani a preferire amici dello stesso sesso, tale tendenza può essere alimentata dai timori edipici e dalle rischiose possibilità sottostanti. Il distacco dai genitori e i sentimenti di ostilità nei loro confronti può avere diverse spiegazioni ma spesso ha un ruolo dominante il timore inconscio che l’intimità prolungata con i genitori impedisca al giovane di risolvere desideri edipici. Viene messa a dura prova la qualità delle prime interiorizzazioni e la capacità dell’adolescente di contenere le proprie emozioni che variano in rapporto agli sbalzi ormonali e alle pressioni sociali e familiari. Quando le strutture interne vengono sollecitate in maniera massiccia, le strutture ambientali esterne acquisiscono un’importanza enorme. La famiglia, il gruppo di amici la scuola vengono a ricoprire un’importanza fondamentale per contenere e arginale il turmoil adolescenziale. I membri del gruppo presentano spesso combinazioni mutevoli e flessibili all’interno delle quali i vari elementi rappresentano aspetti diversi delle personalità l’uno dell’altro. I gruppi possono diventare luoghi dove mettere in scena parti diverse della personalità, soprattutto parti che sono difficili riconoscere nel Sé conosciuto o che sono in grado di rafforzarlo. I gruppi possono offrire al giovane la possibilità di scoprire chi è veramente. Al contrario se il gruppo è di natura negativa assume allora caratteristiche di banda, tirando fuori gli aspetti più negativi e distruttivi della personalità dei membri che ne fanno parte.
Infatti, l’adolescente espelle il suo dolore anziché verbalizzarlo, “agire” significa sostituire il pensiero con l’azione per ridurre il conflitto interno e proteggere il Sé da stati mentali che sono sentiti logoranti, confusivi, allarmanti. L’impulso è quindi di agire piuttosto che pensare, muoversi in gruppo anziché rischiare individualmente, ammalarsi fisicamente anziché soffrire emotivamente. L’adolescenza è un momento di subbuglio e confusione di identità, tanto che è difficile distinguere “normali” manifestazioni di confusione adolescenziale da manifestazioni che possono diventare in modo evidente “patologiche”. Con la crescita l’adolescente dovrebbe acquisire una maggior capacità introiettiva, limitando la tendenza alla proiezione, necessaria per abbandonare figure esterne di dipendenza e di attaccamento e instaurare una loro versione interna, procedendo così verso lo sviluppo e l’autonomia personale.
In definitiva, una delle imprese dell’adolescente consiste nel crearsi una mente propria, pur non rinnegando i modelli di identificazione riconoscibili all’interno della famiglia, della scuola e della comunità. La capacità di separazione dipenderà da come le esperienze di perdita e di amore sono state gestite nel passato e da come i genitori stessi riescano a sopportare l’uscita da casa dei propri figli, per aiutarli a percorrere la loro strada. Dopo questa breve discussione, e condividendo la mia esperienza professionale e personale, sono sempre più convinta che nella nostra società, diventare degli adulti sani e maturi non sia un’impresa così facile e di conseguenza non è così semplice diventare dei bravi genitori in grado di sostenere i figli nel loro processo di crescita, lasciandoli andare al momento giusto e misurando le distanze in modo che non sia né troppo né troppo poco.
Insomma essere un genitore sufficientemente buono.