Vaso di Pandora

Kintsukuroi, l’arte giapponese di curare le ferite dell’anima

Kintsukuroi, l’arte giapponese di curare le ferite dell’anima, è un libro del 2018, scritto dallo psicologo Tomás Navarro. Quella del kintsukuroi è un’antica arte giapponese. Gli orientali sono soliti riparare, senza alcuna remora, le ceramiche frantumate. Quando un vaso va in mille pezzi, i maestri artigiani del kintsukuroi ne raccolgono i frammenti e li saldano, riempiendo le crepe sottili con pasta d’oro o d’argento. Il concetto alla base di questa disciplina è che le fratture non si nascondono, bensì si esaltano.

La filosofia che ha ispirato il kintsukuroi è assolutamente orientale: un vaso riparato mostra fragilità, ma anche resilienza e forza di resistere. In questo sta la vera bellezza. L’incontro con questa pratica tradizionale giapponese e gli insegnamenti della filosofia zen produce un modo nuovo di guardare gli oggetti che ci circondano. E anche noi stessi. Rispettiamo la fragilità, le cicatrici e i segni del tempo. Se siamo ciò che siamo, è perché siamo stati ciò che siamo stati.  

Kintsukuroi: il bello di riparare

Kintsukuroi: piatti appesi al muro
Il kintsukuroi è l’antica arte giapponese della riparazione

Nel libro, l’autore, noto psicologo spagnolo, spiega in modo lineare e chiaro alcuni concetti importanti che riguardano il benessere emotivo della persona. Descrivendo l’arte giapponese del kintsukuroi, chiamata anche kintsugi, Navarro, con la gentilezza che lo contraddistingue nello stile narrativo, ci insegna ad applicare questa arte, che è prima di tutto una filosofia, alle nostre vite. Lo scrittore ci fornisce tutti gli strumenti per diventare maestri nella cura delle nostre ferite. Solo in questo modo impareremo a ricomporre le fratture dell’anima e a fare di noi stessi creature sempre più forti e preziose. Il volume si pone come una vera e propria guida per imparare a trasformare le avversità in opportunità e diventare più resistenti, interessanti e belli. Proprio come un vaso riparato secondo i dettami del kintsukuroi.

Esattamente come la ceramica, anche la nostra vita può subire impatti violenti che la frantumano in mille pezzi. Fa parte dell’esperienza terrena. A chiunque capiteranno cadute capaci di frantumarlo, o frantumarla. Tutto sta nella reazione. Si può decidere di gettare via i cocci oppure di raccoglierli con cura e riattaccarli, evidenziandone senza vergogna i punti di rottura. Di fronte a difficoltà o avversità, evitiamo di nasconderci e negare la realtà della situazione (si tratta della reazione più comune, perché la più semplice), e impariamo a ricostruirci. La crepa su un vaso di ceramica testimonia la fragilità del materiale stesso. Non significa che sia stato distrutto dalla caduta. È infatti possibile ricomporlo. Ricostruendo l’opera nascondendo le riparazioni apportate significherebbe non attribuire il giusto valore alla ricostituzione, oltre che trascurare la possibilità di mostrare tanto le cicatrici del manufatto quanto la capacità del materiale di rigenerarsi dopo la rottura.

Vedere la luce nelle crepe

Il kintsukuroi, non è solo artigianalità locale. Si tratta, come anticipato, di una vera e propria filosofia. Potrebbe sembrarci strano dal momento che noi occidentali viviamo la sofferenza in maniera profondamente diversa, ma provare dolore, per i giapponesi, non è qualcosa di cui vergognarsi. Quando soffrono, a quelle latitudini, non lo nascondono, né lo negano a loro stessi. I maestri kintsugi sanno bene quanto sia importante impreziosire le crepe, valorizzarle e renderle motivo di orgoglio. Celare un’eventuale riparazione significa mettere il vero valore di un oggetto sotto il tappeto. Le linee di rottura, proprio come le cicatrici, ci ricordano che siamo forti e possiamo superare le asperità della vita.

“Non vergognatevi delle cicatrici, non nascondetele. Anzi, abbellitele, perchè sono la più grande testimonianza della nostra forza.”

Si legge sul volume di Navarro. Lo psicologo propone di avvicinarci a questo modo di affrontare le asperità della vita, imparando a guarire le ferite emozionali e trasformando le avversità in opportunità. Naturalmente, un conto è dirlo e un altro farlo. L’autore ci suggerisce però una strada, ricordandoci che abbiamo la possibilità di trovare una chiave di lettura del nostro dolore, tanto quello provato in passato quanto quello che stiamo vivendo nel presente. Dobbiamo però imparare a rendere le nostre fragilità un punto di forza. Il kintsukuroi rappresenta una metafora del percorso psicoterapeutico. Navarro ne indica tutti i vantaggi: raggiungere nuove consapevolezze, conoscere le proprie ferite, accettarle e prendersene cura. Ogni volta in cui non si riescono a curare le proprie ferite da soli, si deve intraprendere una scelta vista come coraggiosa, ma in realtà del tutto normale: chiedere aiuto a uno psicoterapeuta.

Trovare le risorse che ci occorrono attraverso il kintsukuroi emotivo

L’empatico libro di Tomás Navarro ci suggerisce di superare i problemi senza nasconderci da loro. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, ognuno dispone già delle risorse che gli occorrono per superare le avversità. Possiamo trovarle se guardiamo con attenzione dentro di noi e ci attrezziamo per affrontarle di petto. Un terapeuta può aiutarci in questo – ma mai sostituirsi a noi – assistendoci nella ricerca delle dette risorse e supervisionando l’utilizzo che ne facciamo. Le esperienze dolorose possono farci crescere. Dobbiamo però riuscire a esibirle, invece di nasconderle, come si fa con le crepe nel kintsukuroi. In tal modo, riusciremo a valorizzarle.

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