Vaso di Pandora

Introduzione alla Mappa Psicodinamica

Lezione Magistrale, Varazze 11 Ottobre 2019

Inizio questo incontro proponendo le considerazioni e il lavoro  dai quali  ha preso vita il progetto di costruire la Mappa Psicodinamica.

1-Nel mio lavoro in Clinica Psichiatrica (parlo degli anni ’90 e dell’attitudine ad apprendere dall’esperienza, nota affermazione di Bion), ove l’impostazione del lavoro con il personale medico e gli specializzandi proponeva una psichiatria che trovava preziosa l’integrazione con il pensiero psicoanalitico, mi capitò di rendermi sempre più conto della condizione di lavoro del personale anche non-medico.

2-Iniziai a incontrarmi al mattino con gli infermieri che avevano lavorato la notte e con quelli che iniziavano la loro giornata, con l’intento di non essere escluso da comunicazioni che riguardavano il loro modo di valutare le caratteristiche emotive delle pazienti.


3-  Ebbi la conferma che il punto più ostico era costituito  dalla notevole difficoltà a comunicare allo psichiatra  i particolarì vissutì con cui rispondevano alle  modalità relazionali  delle pazienti- Il notevole disagio, fino al rifiuto, a svelare  all’autorità , a me (come ruolo) quindi, di conoscere i loro sentimenti impliciti, consci ma non detti mi permise di recuperare il modello elaborato da Parthenope Bion, e con lei discusso, che proponeva la differenza fra il concetto di Morale–>Etica.

4- Ritenevamo che  la Morale  corrispondesse alla gestione gruppale degli affetti umani che nel sociale hanno bisogno di  controllo e divieti ; il modello sociale con le sue leggi in senso generale, la morale del lavoro psichiatrico nello specifico( penso in questa direzioneal lavoro di Searles  su “Il medico devoto”), là dove la seconda, l’Etica, corrisponderebbe  ad una valutazione soggettiva che spesso è in contrasto con la prima. In questa prospettiva lo svelamento di una serie di risposte emotive era temuto come “colpevole” rispetto alla morale psichiatrica di cui ero io il detentore.
5) Per  consentire allora all’Implicito, ovvero al conscio non dettodi essere ammessi in mia presenza iniziai a  proporre i sentimenti  Naturali (stanchezza, tensione, dedizione, timore..) che appartenevano anche a me, come scontate risposte agli impegni del nostro lavoro. Questo modo  permise una graduale apertura del gruppo alla esposizione dei  vissuti emotivi che informavano il loro lavoro. 
5- Venni cosi messo in graduale contatto con i vissuti emotivi del personale nel coinvolgimento con le pazienti. Ne segnalo i più ammessi:Pigrizia, Angoscia, Paura, Bisogno di affetto e riconoscibilità, Sentimenti d’abbandono, Aggressività, Apatia, Monotonia e indifferenza, Perdita  della stima di se, Sospettosità.

6-Proseguendo il lavoro (una riunione al mese con tutto il personale anche non in servizio) riuscimmo a cogliere alcune costanti nelle Emozioni del personale connesse alle condizioni psico-emotive delle degenti.6-Proseguendo il lavoro (una riunione al mese con tutto il personale anche non in servizio) riuscimmo a cogliere alcune costanti nelle Emozioni del personale connesse alle condizioni psico-emotive delle degenti.

Alcuni esempi: Insofferenza nei confronti del pensiero ossessivo-compulsivo, Tentativi di comprensione –> sentimenti abbandonici, Rabbia–> Egoismo,(ovvero indifferenza verso gli altri), …>Pigre, Paura e Rivendicazione….>pazienti Aggressive verbalmente, (le pazienti cattive),con richieste a noi medici di agire sulla terapia Allarme–> pazienti che mostravano segnali di taedium vitae o e/o pensieri o atti autoaggressivi, Indifferenza, disattenzione–> pazienti definite Asociali e Isolate.


7-Mi resi conto che le pazienti con maggior rischio di disattenzione, ostilità, ansia appartenevano clinicamente, come è comprensibile, a espressività PSICOTICHE, Ritiro autistico, Blocco Melanconico,  Rivendicatività Paranoica.

8)  Ritornando alla distinzione tra Moralità  ed Etica , ragionammo insieme sulla Naturalità della loro risposta rispetto alla grave frustrazione o al sentimento di allarme che alcune pazienti producevano. Dissi al gruppo che quello che con tanta onestà mi avevano raccontato ci aiutava da un lato a fornire ulteriori elementi relazionali nei riguardi di definizioni diagnostiche. Inoltre ci consentiva di entrare nel merito della nostra professionalità psichiatrica (ad ogni livello) nel senso che essa si realizza, specie nei casi più difficili, all’interno di relazioni che tendono a proporre  al personale una maniera di relazione  sostenuta da sentimenti così intensi e particolari tali da proporre in prima istanza risposte che apparivano comprensibilmente Naturali, in senso etologico. Per questa ragione si potrebbe sostenere che, tra gli apprendimenti di cui il nostro lavoro necessita, vi è anche quello,  assolutamente specifico,  di poter reggere e gestire relazioni che si propongono sotto il segno della Innaturalità.

9) Il passaggio fra questa esperienza e il tentativo di una prima MAPPA PSICODINAMICA (la definisco prima pensando che siamo qui per proporre insieme ulteriori elementi) è stata stimolata dal pensiero di Christian David (1992): “Non si nasce benevoli, neutri, adatti allo stesso tempo alla distensione e concentrazione, alla generosità, e se in virtù di un lungo apprendimento lo si diventa, questa preziosa disposizione si troverà fatalmente minata da una tendenza intrinseca alla disgregazione dell’identità professionale”. 


10) Iniziai a costruire la Mappa, coadiuvato da operatori di Comunità che si dimostrarono eccellenti collaboratori, avendo in mente e tutto quello che avevo vissuto e creduto di comprendere in Clinica e ulteriormente stimolato dal diverso LUOGO di terapia e dal diverso orientamento e progetto di cura. 


11) La prima attenzione è dedicata all’incontro emozionale tra operatori e pazienti (ospiti), nel breve tempo dei primi contatti. A orientarmi in questa direzione fu il progetto di cogliere vissuti ancora scarsamente influenzati da conoscenza e apprendimento professionale. In questa direzione mi muovevo incoraggiato dal modello psicoanalitico (e dalla mia esperienza in quel tipo di incontro terapeutico). Ben sappiamo quanto le emozioni del primo incontro permettono di incamerare una serie di informazioni sullo stato psico-emotivo nostro e dell’altro, e  che, inghiottiti spesso nel mondo del preconscio, forniscono preziosi indizi sulla direzione che potrà prendere la cura. Nel nostro caso, mi riferisco a: quale orientamento emotivo è inizialmente protagonista dell’accoglienza e quale condizione psichica sta avvertendo, nell’incontro, l’ospite.La successiva trasformazione di questi dati in espressioni  a impronta diagnostica psicodinamicamente orientata (Organizzazioni) mi pareva potesse chiarire agli operatori il percorso che viaggia dalla risposta emotiva naturale all’apprendimento professionale.


12) Le successive valutazioni  viaggiano sugli stessi binari, consentendo, pensavo, di prendere in considerazione, discutere in gruppo, valutare diversi (temporalmente) momenti di incontro:

-Relazione tra  prima risposta emotiva (la piùNaturale) dell’équipe e la successiva  diagnosi, come indicazione del percorso che potrà consentire, a diversi livelli, il lavoro sui vissuti, ovvero sulla restituzione di Professionalità.

– Le risposta degli operatori alle proposte emotive dell’ospite in diversi momenti del percorso.

– Quanto queste possibili modificazioni  possono essere legate, sia pur con diversa costanza,

– A- All’indirizzo diagnostico 

– B -Al tipo di percorso e alle possibili modificazioni psichiche dell’ospite

– C-Alle strutture psichiche degli operatori, dell’èqipe

– D -Infine, quesito assai più complesso, alle condizioni emotive in cui versano, in diversi momenti, i due gruppi, quello degli operatori e quello degli ospiti. (Sintetizzando,  quanto i gruppi stanno consentendo di definirsi “Gruppo di  Lavoro” o quanto , al contrario, è governato dagli Assunti  di  base: Bisogno di dipendenza acritica, timore e aggressività , non riconoscimento della funzione terapeutica dell’équipe.

      

 

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