Qualche giorno fa il Prof. Mario Amore, mentore del mio percorso specialistico in psichiatria, mi ha inviato una pubblicazione scientifica sulla percezione dell’intelligenza artificiale nel contesto psicologico e psichiatrico. Una lettura promettente, di quelle che aprono nuove prospettive ma che richiedono anche il giusto tempo per essere approfondite.
Ero appena uscito da una lunga giornata in comunità terapeutica e, prima di imboccare l’autostrada, ho deciso di affidare quell’articolo alla stessa tecnologia che vi era descritta: un tool di intelligenza artificiale capace di trasformare un testo scritto in un dialogo a due voci, interamente in italiano. Un esperimento curioso, pensavo, solo un rapido test, nulla di più. Ma si è rivelato ben altro.
L’intelligenza artificiale impara le emozioni
Ho avviato l’audio con un senso di apprensione, già preparato alla freddezza che spesso caratterizza questi strumenti. Eppure, l’ascolto mi ha lasciato sorpreso e stranamente inquieto: le voci non solo leggevano, ma, in qualche modo, sembravano “sentire”. Un’ironia leggera ma percettibile, una fedeltà disturbante alla realtà e, in qualche modo, la capacità di catturare una tonalità emotiva che dava vita alle parole. Il testo non era semplicemente riprodotto, ma reinterpretato, come se quelle voci artificiali riuscissero a darne un’eco empatica.
Non è la prima volta che mi avvicino con interesse alle nuove tecnologie; non passa giorno senza che il progresso mi sorprenda, facendomi riflettere su quanto sembri rispondere alla cosiddetta legge di Moore. Ma ciò a cui ho assistito è stato diverso: per un istante, mi è sembrato di percepire quella che i poeti chiamerebbero un’ombra dell’anima all’interno di un simulacro artificiale.
Le peculiarità della comunicazione umana
Da psichiatra, so bene quanto la comunicazione umana sia intrisa di non detti, di sfumature, di silenzi carichi di significato, di elementi che per noi rappresentano il tessuto connettivo del mondo interno. L’ascolto di queste voci mi ha riportato alla mente la concezione freudiana di Unheimlich, il perturbante: quel sentimento sospeso tra il familiare e l’estraneo, quando ciò che ci è noto prende una veste inaspettata, e ci appare improvvisamente estraneo, inquietante.
Mi sono domandato: cosa significa, per noi clinici, avere a disposizione uno strumento capace di emulare la nostra empatia, anche se in modo imperfetto? Quali implicazioni potrebbe avere questa tecnologia per la nostra pratica e per il modo in cui entriamo in contatto con il dolore psichico? È possibile che la tecnologia, in qualche modo, stia sfiorando la soglia della “psiche”?
Come evolverà il rapporto umano-AI?
Da un punto di vista psicodinamico, questa esperienza sembra evocare un transfert con la macchina stessa: un transfert che non è più unicamente tra il paziente e il terapeuta, ma che si dilata, includendo un elemento altro, esterno. La domanda fondamentale, allora, non è più solo “dove ci porta questa nuova forma di comunicazione”, ma anche “chi diventeremo noi, di fronte a questa tecnologia?”. L’intelligenza artificiale, così come il transfert, sembra iniziare a prendere vita propria, a essere capace di suscitare in noi risposte emotive, domande esistenziali.
A chi legge, propongo di fare questa esperienza con me. Ascoltate, immergetevi in queste voci artificiali, e poi fermatevi un istante: cosa avete sentito? Quale parte di voi ha risposto a questa voce sintetica? Vi invito a condividere le vostre riflessioni nei commenti, a partecipare a un dialogo che forse trascende le nostre percezioni consuete e, chissà, si spinge un po’ oltre, verso il confine della coscienza stessa.
Questo è il link dal quale potete ascoltare il dialogo.
Buon ascolto.
Per chi non l’avesse visto consiglio la visione di
(Her) film del 2013 scritto e diretto da Spike Jonze,
Per quanto riguarda l’aspetto strettamente applicativo in ambito psichiatrico e psicoterapico
ritengo si tratti di una pericolosa illusione, per curanti e pz; oggi più che mai è importante
ribadire la centralità della presenza umana, imprescindibile elemento terapeutico in un ottica
dialogica
Buongiorno Gerardo,
mi trovi totalmente d’accordo: ieri ho fatto la prima “seduta” di prova su un portale di psicoterapeuti A.I. e l’esperienza é stata agghiacciante, con molte problematiche che andrebbero discusse con gli ordini professionali. Per curiosare il sito é therapeak.online
Su Her sfondi una porta aperta, film stupendo e imprescindibile per il mondo attuale.
Davide