Vaso di Pandora

Fatorexia: quando l’obesità si nasconde nella percezione

Esistono fenomeni che restano nell’ombra, meno discussi ma profondamente significativi. La fatorexia è uno di questi. Si tratta di una condizione in cui la percezione individuale e la realtà del proprio corpo non coincidono: una sorta di bolla mentale che maschera l’obesità, trasformandola in una versione più accettabile agli occhi di chi la vive.

È come guardarsi attraverso un filtro, una lente deformante che rende difficile riconoscere ciò che il corpo racconta ogni giorno. Questo non è un capriccio o un semplice atto di negazione, ma il risultato di complessi meccanismi psicologici e sociali che lavorano in profondità.

La negazione come scudo

Dietro la fatorexia si cela una strategia di sopravvivenza della mente. La società contemporanea non lascia scampo: modelli estetici rigidi e giudizi spesso impietosi costruiscono muri contro cui l’autostima può schiantarsi.

In risposta, alcune persone sviluppano una narrazione interna che minimizza o distorce l’immagine reale del corpo. Non si tratta di vanità, ma di un rifugio dal peso delle aspettative. Tuttavia, questo rifugio può trasformarsi in una trappola: ignorare il problema significa anche rimandare decisioni che potrebbero migliorare la qualità della vita, fisica e mentale.

Scienza e percezione: quando il corpo si racconta

La fatorexia non è semplicemente una questione di specchi o numeri sulla bilancia, ma un intricato dialogo tra cervello e corpo. La scienza ci dice che l’immagine corporea si costruisce attraverso stimoli sensoriali, culturali e psicologici.

Quando questo sistema si inceppa, si crea un corto circuito: il corpo invia segnali chiari, ma la mente li interpreta secondo schemi rassicuranti. L’obesità, in questi casi, non è riconosciuta come una condizione da affrontare ma viene trasformata in una forma più gestibile di normalità. Un paradosso che confonde e complica la strada verso la consapevolezza.

Gli effetti sulla salute: il costo della negazione

Ignorare l’obesità non la rende meno reale. Le conseguenze si fanno strada gradualmente, colpendo il cuore, il sistema metabolico e la qualità della vita. Tuttavia, per chi vive nella dimensione della fatorexia, questi effetti appaiono distanti, quasi come un problema che riguarda altri. Questa disconnessione rende difficile anche il dialogo medico: chi non percepisce un problema nel proprio corpo, difficilmente accetterà un intervento o un percorso terapeutico. Non è semplice convincere qualcuno che l’apparente benessere è solo temporaneo, e che le ripercussioni si manifesteranno con il tempo.

La società e il suo ruolo ambiguo

Se da un lato la società crea pressioni, dall’altro offre spazi contraddittori. Movimenti che celebrano l’accettazione di sé, pur nati con intenti positivi, rischiano di alimentare la confusione. Promuovere un amore incondizionato per il proprio corpo è una spinta necessaria contro il giudizio sociale, ma ciò non deve significare chiudere gli occhi davanti ai problemi di salute. La questione non è amare meno il proprio corpo, ma comprenderlo e rispettarlo, ascoltandone i segnali senza paura o vergogna.

Terapia e consapevolezza: la via per il cambiamento

Uscire dalla fatorexia significa attraversare un percorso delicato, che richiede un equilibrio tra comprensione e azione. Il primo passo è sempre il riconoscimento della propria realtà corporea. Terapie che uniscono sostegno psicologico e interventi medici possono offrire strumenti preziosi per rompere il ciclo della negazione.

L’educazione alimentare, supportata da professionisti, aiuta a riscoprire il legame con il cibo come fonte di energia e non come meccanismo di compensazione emotiva. È fondamentale non imporre cambiamenti drastici, ma accompagnare la persona in un cammino graduale e rispettoso delle sue tempistiche.

Un invito all’autenticità

La fatorexia non è un mero problema di percezione individuale, ma un riflesso di conflitti più ampi tra chi siamo e ciò che crediamo di dover essere. Questo fenomeno evidenzia il peso delle aspettative sociali che, spesso, impongono standard irrealistici e creano un cortocircuito tra immagine e realtà. La soluzione non risiede nell’omologarsi a modelli di bellezza standardizzati, ma nell’adottare una visione più ampia e inclusiva, dove la salute venga posta al centro, senza che questo significhi sacrificare l’unicità delle persone o la pluralità delle loro esperienze corporee.

Scegliere di guardarsi con chiarezza è un atto che richiede coraggio, soprattutto in un contesto sociale che tende a scoraggiare l’autoanalisi critica. Accettare la realtà non equivale a condannarsi, ma a prendere consapevolezza di ciò che il corpo ci racconta ogni giorno. Questo tipo di autenticità non significa soltanto riconoscere eventuali difficoltà, ma anche celebrare le capacità e la forza che risiedono nel cambiamento.

Un rapporto costruttivo con il proprio corpo non nasce dalla negazione, ma dalla comprensione.

Solo accettando ciò che si è – senza filtri o narrazioni distorte – si può creare un dialogo sincero e, soprattutto, trasformare quel dialogo in un percorso di crescita personale. L’autenticità, in questo senso, è una scelta che unisce rispetto e responsabilità, verso se stessi e verso la propria vita.

Potrebbe anche interessarti: Anoressia: come inizia a manifestarsi?

Condividi

Lascia un commento

Leggi anche
Il personaggio di Rodomonte
27 Dicembre 2024

Il personaggio di Rodomonte

Spettano a Rodomonte l'onore e l'onere di chiudere l’Orlando Furioso. Dopo la sua morte non sappiamo più niente di Carlo, i suoi cavalieri e di tutti gli altri personaggi del poema.

Giornata di sole e senso di colpa
25 Dicembre 2024

Sunshine guilt: il disagio sotto il sole

Sembra un paradosso, ma il sole, con la sua luce rassicurante e il richiamo all’aperto, può scatenare una strana forma di disagio. Si chiama sunshine guilt e nasce dal conflitto tra l’ideale collettivo di felicità…

Nasce Mymentis

L’eccellenza del benessere mentale, ovunque tu sia.

Scopri la nostra rivista

 Il Vaso di Pandora, dialoghi in psichiatria e scienze umane è una rivista quadrimestrale di psichiatria, filosofia e cultura, di argomento psichiatrico, nata nel 1993 da un’idea di Giovanni Giusto. E’ iscritta dal 2006 a The American Psychological Association (APA)

Le Ultime dall'Italia e dal Mondo
Leggi tutti gli articoli
Giornata di sole e senso di colpa
25 Dicembre 2024

Sunshine guilt: il disagio sotto il sole

Sembra un paradosso, ma il sole, con la sua luce rassicurante e il richiamo all’aperto, può scatenare una strana forma di disagio. Si chiama sunshine guilt e nasce dal conflitto tra l’ideale collettivo di felicità…

Storie Illustrate
Leggi tutti gli articoli
8 Aprile 2023

Pensiamo per voi - di Niccolò Pizzorno

Leggendo l’articolo del Prof. Peciccia sull’ intelligenza artificiale, ho pesato di realizzare questa storia, di una pagina, basandomi sia sull’articolo che sul racconto “Ricordiamo per voi” di Philip K. Dick.

24 Febbraio 2023

Oltre la tempesta - di Niccolò Pizzorno

L’opera “oltre la tempesta” narra, tramite il medium del fumetto, dell’attività omonima organizzata tra le venticinque strutture dell’ l’intero raggruppamento, durante il periodo del lock down dovuto alla pandemia provocata dal virus Covid 19.

Pizz1 1.png
14 Settembre 2022

Lo dico a modo mio - di Niccolò Pizzorno

Breve storia basata su un paziente inserito presso la struttura "Villa Perla" (Residenza per Disabili, Ge). Vengono prese in analisi le strategie di comunicazione che l'ospite mette in atto nei confronti degli operatori.