L’introduzione degli alimenti, e la loro trasformazione in molecole che forniscono energia, è una delle funzioni fondamentali dell’organismo umano. Per questo viene elaborato lo stimolo della fame che dovrebbe essere l’unico impulso che spinge a cercare il cibo.
Per garantire la sopravvivenza della specie umana all’inizio della sua evoluzione, tale stimolo doveva avere determinate caratteristiche: doveva essere generato da meccanismi diversi, in modo che se uno di essi si alterava altri potessero comunque generare la fame, e doveva essere molto forte.
Nell’epoca dei bar ad ogni angolo di strada, un forte impulso della fame non è utile e, anzi, può essere dannoso, ma quando anche solo uscire dalla caverna, per procurarsi il cibo in un ambiente ostile, rappresentava un rischio per la sopravvivenza, la percezione della fame doveva essere talmente potente da superare anche la paura di affrontare questo rischio. Questo aspetto va tenuto presente e, in un certo qual senso, fa comprendere perché, ancora oggi, ci sono persone nelle quali l’impulso a introdurre cibo è così forte da vincere la loro consapevolezza del fatto che mangiando troppo alimentano un eccesso di peso che, a sua volta, provocherà alterazioni metaboliche anche gravi e sarà all’origine di malattie che mettono a rischio la sopravvivenza.
D’altra parte, sapere che lo stimolo della fame è “programmato” per superare altri impulsi e sensazioni è importante anche nell’analizzare i meccanismi alla base dell’anoressia, in quanto chi ne è affetto riesce a vincere la fame fino ad azzerare l’introduzione del cibo e a morire.
Tornando alla fisiologia, per mantenere un corretto bilancio energetico, ciascun individuo dovrebbe alimentarsi seguendo i cicli della fame e della sazietà, che si sviluppano durante la giornata.
A generare lo stimolo della fame e la percezione della sazietà contribuiscono numerosi meccanismi nervosi e ormonali che si attivano, sia a livello del sistema nervoso centrale, che in organi e tessuti periferici e che sono strettamente correlati fra loro. I mediatori coinvolti sono numerosi e, a rendere difficile la loro comprensione, c’è il fatto che molte delle conoscenze disponibili derivano da studi su modelli animali. Questi non sempre sono applicabibili in maniera diretta alla fisiologia umana, ma sono fondamentali per comprendere alcuni passaggi della regolazione dell’assunzione del cibo.
I “centri”, i mediatori e i meccanismi Il “centro della fame” è costituito da un nucleo di neuroni localizzati nella parte laterale dell’ipotalamo e il “centro della sazietà” risiede in un’area, di un nucleo denominato “ventromediale”, sempre dell’ipotalamo. Sono i messaggi che provengono da quest’ultima area che riducono l’appetito, producendo il senso di sazietà. Sul bilancio fra fame e sazietà influisce la liberazione, da parte di altre parti del cervello, di mediatori come dopamina, noradrenalina e serotonina. Fra di essi, la serotonina, in particolare, contribuisce allo sviluppo del senso di sazietà. Gli stimoli e i messaggi che arrivano ai neuroni dei centri di fame e sazietà sono sia “biologici” che “sensoriali”. Un esempio di stimolo biologico è quello che segnala che riserve di energia si stanno esaurendo e un impulso sensoriale è quello che deriva dalla percezione dell’odore di un cibo gradito.
Un messaggio biologico di carenza delle riserve di energia è quello portato dalla leptina, un ormone prodotto dalle cellule del tessuto adiposo. Essa viene secreta in quantità proporzionale a quella del tessuto adiposo presente nell’organismo e il suo aumento dovrebbe essere interpretato come segnale di adeguati accumuli di substrati energetici. Il superamento di determinati livelli di concentrazione nel sangue la leptina dovrebbe ridurre l’introduzione di cibo.
All’orexina, invece, è stato attribuito l’effetto di aumentare l’assunzione di cibo ritardando lo sviluppo della sazietà, ma anche quello di aumentare il consumo di energia, sia promuovendo il movimento spontaneo, che aumentando la termogenesi, quindi le sue azioni sul metabolismo energetico potrebbero bilanciarsi.
La ghrelina, o grelina, è prodotta nella mucosa dello stomaco e contribuisce a FNsviluppare il senso di fame, oltre a regolare la motilità dello stomaco e a promuovere la secrezione di GH da parte dell’ipofisi. Il neuropeptide Y, che di solito viene indicato con la sigla NPY, è un peptide secreto nel pancreas, ma anche nel sistema nervoso centrale e nel tessuto adiposo, che, fra le altre funzioni, svolge anche quella di aumentare l’assunzione di cibo, che è invece ridotta dalla propio-melanocortina (POMC). Come si è accennato in precedenza, gli stimoli all’introduzione del cibo sono stati “programmati” per essere molto potenti e difficilmente sopprimibili e questo è confermato dal coinvolgimento dei mediatori e degli ormoni fin qui citati in meccanismi che agiscono in parallelo o “a cascata”. Ad esempio, la leptina riduce l’assunzione di alimenti, inibendo i neuroni che liberano NPY e stimolando quelli che secernono propiomelanocortina. Viceversa, la ghrelina stimola i primi ed inibisce i secondi. Infine, è stato dimostrato che la leptina inibisce l’attività dei neuroni attivati dalla ghrelina.
Un’altra sequenza di stimoli che contribuisce a produrre il senso di fame coinvolge l’insulina, ormone fondamentale nel metabolismo degli zuccheri. Per una persona che voglia sapere come viene regolata l’assunzione degli alimenti, entrare nel dettaglio dei meccanismi che coinvolgono la miriade di mediatori individuati finora, ai quali se ne aggiungono continuamente di nuovi, rischia di confondere le idee.
Fra i sensi dell’organismo umano la vista, l’odore ed il gusto generano degli stimoli che modulano l’attività dei neuroni del centro dell’appetito, oltre a queste sollecitazioni, anche messaggi relativi alle funzioni cognitive ed emozioni influenzano il comportamento alimentare.
Grazie Federica, come sempre mi dai importanti spunti di riflessione!