Vaso di Pandora

Effetto Stroop, colore e cervello

L’effetto Stroop è un fenomeno ben noto all’interno del campo della psicologia sperimentale. Il nome deriva da quello di John Ridley Stroop, che scoprì per primo il fenomeno, nel 1935. La celebrità del fenomeno si deve al suo articolo, intitolato Studies of interference in serial verbal reactions e pubblicato sul Journal of Experimental Psychology. Va però detto che, in realtà, si parlava già da qualche anno di questo effetto, tanto che Erich Jaensch, psicologo tedesco, ne aveva già scritto nel 1929. In seguito, la questione sarà approfondita in maniera certosina da James McKeen Cattell e Wilhelm Wundt ma la pietra angolare rimarrà l’articolo di Stroop il quale, non a caso, resta uno dei contributi più citati nella storia della psicologia sperimentale.

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Il test di Stroop

Trovandoci nel campo della psicologia sperimentale, non deve stupire che l’effetto di Stroop dipenda da un omonimo test. Per spiegarlo in maniera comprensibile, è necessario partire proprio dalla prova collegata.

Durante l’esperimento di Stroop, il soggetto coinvolto verrà fatto accomodare di fronte a una lavagna. Su essa compariranno delle parole, mostrate in sequenza a chi è seduto. I singoli vocaboli saranno tutti scritti in un solo colore, diverso di volta in volta. Al soggetto sarà richiesto di dire in quale tinta sono scritte le lettere. L’informazione rilevante non sarà quindi la parola stessa, o il suo significato, bensì la cromia in cui verrà scritta. È possibile evitare completamente di leggere i lemmi scritti o proiettati sulla lavagna, perché non è importante concentrarsi su essi. Quel che conta è riconoscere e isolare il colore.

Fin qui pare tutto piuttosto semplice e diretto. Occorre però tenere presente come possano essere presentati al soggetto sottoposto al test vari tipi di stimoli: congruenti, neutri oppure incongruenti. Il primo caso è quello in cui si scriva la parola rosso sulla lavagna e la si mostri dipinta in quello stesso colore. Il secondo si verifica se la parola non ha nulla a che fare con la tinta in cui sia stata scritta. Il terzo caso invece, quello dell’incongruenza, avviene quando si scriva magari la parola rosso del caso 1, ma la si visualizzi colorata in giallo o in verde. La richiesta sarà sempre quella di evidenziare il colore in cui la parola è scritta, mai quello di leggerla.

L'effetto Stroop pone il focus sul colore delle scritte, non sul loro significato
Il test di Stroop pone l’esaminato di fronte a delle scritte, chiedendogli o chiedendole di concentrarsi sul colore in cui vengono visualizzate e non sul loro significato.

L’interferenza cognitiva, il cuore dell’effetto Stroop

Stroop osservò, e scrisse nel suo articolo che ha fatto storia, come i partecipanti impiegassero più tempo per rispondere quando si verificava un’incongruenza. Ovvero quando la parola rosso, per mantenere l’esempio già dato, fosse scritta in giallo o in verde. Ciò avveniva indipendentemente da quante volte l’esaminatore ripetesse che non era importante leggere la parola, perché era sufficiente dire in quale colore fosse scritta. L’effetto Stroop evidenzia proprio questo fenomeno. Tutte le volte in cui siamo posti di fronte a un’incongruenza, i tempi di risposta si allungano rispetto a quelli registrati quando si verifichi una congruenza tra colore e significato.

L’esperimento di Stroop dà volutamente origine a una interferenza cognitiva e semantica. La mente umana, infatti, tende a leggere la parola che le si pone innanzi in maniera meccanica, involontaria, anche quando le istruzioni specifichino che ciò può tranquillamente non essere fatto. Quando dunque legge il nome di un colore, il cervello pensa immediatamente a esso, una frazione di secondo prima di rendersi conto che la cromia visualizzata non sia la stessa collegata a quella tinta. Il meccanismo mentale che l’effetto Stroop va ad attivare è quello della cosiddetta attenzione selettiva. Come ben sa chi si intende di psicologia sperimentale, ci troviamo di fronte a una procedura ormai consolidata per verificare quanto siamo attenti agli stimoli che ci riguardino.

Spieghiamo l’effetto Stroop

Le teorie che cercano di motivare l’effetto Stroop sono svariate. Gli studiosi del fenomeno, dal 1935 in poi, aderiscono a due scuole di pensiero ben contraddistinte:

  • la teoria della velocità di elaborazione, secondo la quale l’interferenza si verifica a causa della velocità di lettura delle parole, che è superiore rispetto al meccanismo di individuazione del colore con il quale siano state scritte;
  • la teoria dell’attenzione selettiva, i sostenitori della quale ritengono che l’interferenza sia causata dai nomi dei colori, i quali richiedono una maggiore attenzione rispetto all’immediatezza richiesta dall’individuazione della tinta, che può essere portata a termine anche con la sola visione periferica.

Di fatto, le due scuole di pensiero si collocano su territori quasi opposti. L’effetto Stroop si utilizza frequentemente per studiare le funzioni dell’encefalo attraverso tecniche di imaging cerebrale. Alcune varianti del test, infatti, consentono di studiare gli effetti del bilinguismo, o indagare quali effetti abbia l’interferenza cognitiva sulle emozioni. Abbinato a ricerche sull’età evolutiva, questo esperimento ha dimostrato come il tempo di reazione diminuisca sistematicamente dalla prima infanzia fino all’età adulta. Ciò suggerisce che la padronanza cognitiva aumenta man mano che si cresce, di pari passo con la velocità di elaborazione delle informazioni.

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