E’ con (moderato e provvisorio) favore che va accolto il pur fugace accenno del Presidente del Consiglio alla necessità di rivedere la situazione anche dei Servizi di Salute Mentale, nelle loro varie componenti e modalità gestionali.
E’ indubbio che la riforma psichiatrica abbia conseguito concrete realizzazioni, e sostanziali cambiamenti rispetto all’era manicomiale; ma in questo campo, forse più che in ogni altro, la stasi e la ripetitività significano regresso.
E non va dimenticato che il cambiamento si era reso possibile in un particolare momento storico, quando il disturbo mentale era divenuto per un po’ “affare di tutti”, in un contesto culturale e politico caratterizzato da critica dell’autorità e di un angusto concetto di normalità intesa come conformismo.
Fra mille ingenuità ed eccessi, poteva accadere che conferenze e incontri vari sul disturbo mentale raccogliessero un vasto e motivato pubblico.
Mi pare che oggi la sofferenza mentale grave sia stata nuovamente affidata in esclusiva ai tecnici, e probabilmente è un’illusione prendere troppo sul serio l’accenno del Prof. Draghi. Ma chissà…
E noi operatori saremmo pronti a dare un contributo a un rinnovato interessamento della collettività?
Mi pare che la domanda ,durante la crisi in atto,sia di quelle che ci sorprendono perché puntuali , tempestive :probabilmente non siamo pronti ma porci la domanda comporta rilevare la necessità di prepararci,all’insegna di un confronto con nuove conoscenze ma anche nuovi modi di vivere e relazionarsi.