Il fenomeno della dipendenza da videogiochi attira crescente attenzione nel panorama moderno della psicologia. È inevitabile. Il gaming sta riscuotendo un successo clamoroso ed è ormai un medium potente e diffuso quanto il cinema.
Si è conclusa l’epoca in cui i videogiochi erano un settore di nicchia, destinato a pochi smanettoni. Oggi le aziende più importanti sul palcoscenico economico mondiale parlano di gamification come strategia di marketing e prevedono una prossima ibridazione del medium videoludico e quello cinematografico. Le persone che passano la maggior parte della loro giornata a guardare uno schermo non sono più mosche bianche. È probabile che presto giungeremo a un punto nel quale l’eccezione saranno coloro i quali trascorrono meno del 50% delle proprie ore di veglia osservando una finestra retroilluminata.
Ma questa dipendenza è reale? Ci sono criteri diagnostici che ci consentono di comprendere se la persona che ci troviamo di fronte ne è affetta? Davvero passare molto tempo di fronte ai videogiochi può influenzare la vita quotidiana di una persona? Scopriamolo.
Leggi anche: “Comportamentismo: una spiegazione completa“
Esiste una dipendenza da videogiochi?
La questione dell’esistenza di una dipendenza da videogiochi è da tempo oggetto di dibattito. Esistono due scuole di pensiero, opposte e contrastanti. Secondo la prima, si tratterebbe effettivamente di una condizione mentale, mentre per la seconda non vi sarebbero tutti gli elementi per definirla tale. Tuttavia, la ricerca indica che, effettivamente, una passione smodata per la realtà virtuale può influenzare significativamente la vita di alcuni individui. Esattamente come accade a chi è subordinato ad altre sostanze. Alla luce di ciò, la videodipendenza è reale e la posizione degli appartenenti al secondo insieme scorretta.
Nel 2019, il disturbo da gaming eccessivo è entrato a far parte della classificazione internazionale delle malattie (ICD), in seguito alla sua undicesima revisione. Ciò ha segnato il successo della prima scuola di pensiero. La dipendenza da videogiochi viene associata alla videodipendenza e condivide alcune caratteristiche con altre subordinazioni comportamentali, ad esempio quella da stupefacenti o il gioco d’azzardo patologico. Chi ne soffre sperimenta spesso una compulsione irresistibile a giocare, con conseguenti difficoltà a controllare il proprio comportamento. Quel che è peggio è che, non di rado, si ha contezza del proprio stato e si riconoscono gli effetti negativi della propria situazione. Ciononostante, si fatica a smettere.

Come diagnosticare la dipendenza
Per il benessere e la salute mentale del videodipendente è importante riconoscere presto l’esistenza del problema. Prima di poter parlare con un paziente di dipendenza da videogiochi bisogna essere in grado di diagnosticarla. Molti professionisti della salute mentale seguono le linee guida stabilite dal DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per valutare i comportamenti di gioco problematici.
Secondo il manuale, i criteri per la diagnosi di dipendenza da videogiochi includono segni di perdita di controllo sulle sessioni di gioco, priorità data al gioco rispetto ad altri interessi e attività, impossibilità di smettere di pensare alla propria partita, a come concluderla o a come migliorare la propria postazione, anche mentre si è impegnati a fare altro, e imperitura persistenza nel giocare, persino quando le conseguenze negative si siano rese evidenti.
È importante sottolineare come una valutazione accurata debba considerare altri fattori, esattamente come si fa con ogni altra diagnosi. Se fossero presenti comorbilità psicologiche, e nel caso in cui l’analisi del contesto individuale del soggetto evidenziasse che il rapporto con i mondi virtuali è determinato da altra patologia, i criteri non andrebbero seguiti.
Come la dipendenza da videogiochi influenza la vita quotidiana
La dipendenza da videogiochi ha un impatto significativo sulla vita quotidiana di chi ne è stato colpito. Tale influenza non è della stessa portata per tutti, e può manifestarsi in diversi modi. Ad esempio, un videodipendente potrebbe trascurare le responsabilità quotidiane, come lavoro o studio, a seconda dell’età. Qualcun altro potrebbe evitare interazioni sociali e attività ricreative all’infuori del mondo virtuale. Un terzo potrebbe invece stare male fisicamente, accusando dolori dovuti a sedentarietà o cattiva alimentazione, poiché il bisogno di giocare lo porta a trascurare l’attività fisica e le sane abitudini alimentari.
Ma l’impatto più forte e sperimentato da tutti, in maniera più o meno netta a seconda di quanto si sia sprofondati nelle sabbie mobili della dipendenza, è quello che coinvolge il benessere emotivo e psicologico. Frustrazione, irritabilità e depressione sono spesso diffuse tra chi lotta per liberarsi da questa condizione. Non è raro giungere a compromettere le relazioni interpersonali. Si può addirittura rinunciare all’intera sfera sociale.
La dipendenza da videogiochi porta verso la disconnessione emotiva e l’isolamento sociale, via via che si rafforza. Chi trascorre buona parte della sua giornata di fronte a un monitor, e quando si allontana pensa al momento in cui potrà ricominciare a farlo, vive già un atteggiamento disfunzionale.
Nel caso specifico della videodipendenza, la branca della psicologia più adatta ad affiancare le vittime assuefatte – si può usare questo termine, in quanto il dipendente arriva a presentare sintomi di astinenza, tolleranza e craving – è quella della psicoterapia dinamica. Un piano di uscita comporta di solito l’introduzione nella giornata del paziente di un numero via via più elevato di attività e strategie differenti rispetto a quelle che hanno originato il problema. Non si devono eliminare i videogiochi ma va ridotta l’esposizione temporale, fino a riportare l’ossessione all’interno dei confini della passione.
Leggi anche: “Prendere decisioni: il processo psicologico dietro le scelte“