Commento alla notizia del 18 gennaio 2016
Lo scorso dicembre sullo European Heart Journal è stato pubblicato il lavoro dell’Unità di Ricerca Cardiocerebrovascolare dell’Istituto Cardiologico Monzino di Milano, guidata dalla Dr.ssa Sivia Barbieri, in collaborazione con la Cornell University di New York, che ha svelato un polimorfismo genetico in comune tra pazienti infartuati e persone affette da depressione. Si tratta di un’alterazione del gene che codifica per una neurotrofina, il BDNF (Brain Derived Neurotrophic Factor) (BdnfVal66Met).
I portatori di questa alterazione producono una ridotta quantità di questa neurotrofina; nel modello animale questa variazione comporta un’iper-reattività piastrinica, una maggiore produzione di proteine pro-infiammatorie, alterazioni delle pareti vascolari, tutti fattori che predispongono al rischio trombotico e quindi alla patologia ischemica. Il ruolo del BDNF nel sistema nervoso centrale è trofico, cioè favorisce la crescita neuronale e il corretto funzionamento cellulare, soprattutto in relazione al ciclo vitale delle cellule. Nell’attualità la depressione è annoverata tra i principali fattori di rischio per accidenti vascolari, al pari dell’ipertensione, dell’ipercolesterolemia o del diabete.
Per molti anni l’osservazione della frequente presenza di depressione post-infartuale aveva fatto pensare ad un quadro reattivo. Questo studio, oltre a fornire per la prima volta una prova del legame biologico fra infarto del miocardio e depressione, in relazione ai meccanismi patogenetici, rivoluziona anche la relazione diacronica tra le due patologie, accomunate da una medesima matrice e reciprocamente peggiorative. Queste considerazioni hanno già una ricaduta sull’approccio terapeutico, che impone di trattare il disturbo psichiatrico nell’ambito della presa in carico cardiologica del paziente vascolare.
Resta a mio parere da chiarire nel dettaglio anche il ruolo della serotonina, importante sia nelle manifestazioni sintomatologiche della depressione che nel funzionamento piastrinico. La serotonina, prodotta sia a livello del sistema nervoso centrale che dalle cellule enterocromaffini del tratto digerente, si accumula nelle piastrine al loro passaggio nella circolazione intestinale e viene rilasciata dalle stesse favorendone l’aggregazione; se la parete dei vasi è integra la serotonina favorisce la dilatazione mentre se è danneggiata accade il contrario e la vasocostrizione conseguente peggiora il quadro trombotico, pur avendo una fisiologica funzione protettiva, di arresto dell’emorragia in caso di rottura vascolare. Poiché la ridotta produzione di BDNF, indotta dal polimorfismo genetico, identificato dal gruppo del Monzino, tra l’altro sembra essere responsabile di un’alterazione dell’endotelio dei vasi, questo sarebbe alla base di un incremento del rischio infartuale.
La considerazione generale è comunque che , quantunque la medicina si occupi in modo settoriale dei diversi distretti corporei, l’organismo funziona in modo armonico, o disarmonico nella patologia, con influenze che non possono essere trascurate e che questo tipo di ricerche tende a chiarire progressivamente. L’osservazione clinica, per esempio della concomitanza di quadri sindromici pertinenti a diversi apparati, è l’innesco per la progressione e l’impianto di questo tipo di studi, che sicuramente avranno ricadute sui protocolli terapeutici e preventivi.