Cogliendo al volo il gentile invito di Andrea Narracci, il 16 aprile, ho partecipato al gruppo di psicoanalisi multifamiliare in occasione del Festival della salute mentale e della rassegna cinematografica dello Spiraglio.
Il gruppo iniziava con un cortometraggio dal titolo suggestivo “…tutto il tempo che vuoi…” forse anche per l’impaccio legato ad alcune difficoltà tecnologiche sono entrata un po’ impreparata, quasi sprovveduta e spiazzata in una storia di forte e inedito impatto, profondamente così come il cinema consente.
Per farla breve mi sono ritrovata alla fine del cortometraggio con il nodo alla gola e un sentimento di commozione intenso e difficile da gestire.
Sarà stato l’accadimento del rovesciamento dei ruoli, tenerissimo, dentro al quale il film mi aveva trascinato, unito alla potenza straordinaria del gruppo multifamigliare che sempre mi è successo di sperimentare, ma ho trascorso le quasi due ore su zoom in uno stato d’animo speciale che vorrei condividere.
Intanto la percezione dello spessore della conduzione, magistrale, e insieme la presenza di persone che da molto praticano e valorizzano questa cura mi ha dato la possibilità di vivere in prima persona i sentimenti che venivano espressi e i miei rimandi emozionali con grande pienezza.
Sono entrata in risonanza con la solitudine, la nostalgia e il bisogno di importanti relazioni trascurate, in questo tragico momento per l’obbligo di distanziarsi, ma forse soprattutto per mancanza di energia vitale: energia impegnata, anche inconsapevolmente, nella gestione dello stress che insieme a tutti stiamo vivendo. Mi sono sentita anche molto triste per i lutti e le perdite di cui emergevano ricordi per lo più solo accennati in quanto sentimenti sufficientemente compresi dall’atmosfera del gruppo.
Mi piace ricordare oltre all’importanza dei vari interventi che hanno presentificato particolari versioni dei rapporti di cura durante il confinamento in casa come particolarmente sono rimasta coinvolta da quanto ha raccontato Federico Russo rispetto al ritrovarsi in solitudine
dopo il grande sforzo della preparazione del festival.
In conclusione, vorrei cogliere l’occasione offerta dal gruppo per un rimando al tema della gratitudine riflettendo su quanto il nostro lavoro con il coinvolgimento emozionale che comporta possa valorizzare questo rimando attraverso l’affinarsi di capacità empatiche di sensibilità e percezione dei nostri bisogni che la presenza, a volte comprensiva, degli altri ci insegna.
Cara Caterina, il suo commento mette l’accento su molte funzioni importanti. Empatia, partecipazione ed infine gratitudine sono ingredienti fondamentali della nostra vita relazionale e ci aiutano a crescere sempre. L’incontro a cui fa riferimento è stato molto intenso e mi ha profondamente sorpreso. Non credevo che fosse possibile, tra tante persone, a distanza. Il film ci ha aiutato, ma soprattutto le persone hanno mostrato coraggio e bisogno di mettersi a nudo, come indicava Andrea Narracci. Speriamo in prossime occasioni.