Ci aveva già pensato la pandemia a riporre le Rsa in stato di crisi, ma a distanza di due anni la situazione non sembra per niente essere migliorata, anzi forse peggiorata. A confermarlo ci pensano i dati enunciati dal Quinto Rapporto dell’Osservatorio Long Term Care di Cergas Bocconi – Essity: vi è una carenza del 21% del personale sanitario, e diversi intervistati hanno dichiarato di star vivendo uno stato di ansia, stress ed esaurimento professionale da parecchio tempo.
Nel 2020 l’Iss (Istituto Superiore di Sanità) aveva rivolto un questionario a tutte le Rsa d’Italia per contabilizzare il numero degli ospiti all’interno di ogni struttura sanitaria; le percentuali avevano stimato un rapporto approssimativo di circa 72 individui per ogni casa di riposo e un numero complessivo di over 65 pari a 4 milioni, ossia il 28,4 % del totale.
Lo studio ha riportato considerazioni agghiaccianti: il numero degli ospiti seguiti dalle strutture non è direttamente proporzionale al numero del personale che servirebbe per rivolgere cure e attenzioni adeguate. All’appello mancherebbero il 21,7% degli infermieri, il 13% dei medici e il 10,8% degli Oss. Tra le cause maggiormente esaltate vi è soprattutto la competizione che da sempre esiste tra le strutture private e quelle pubbliche del comparto ospedaliero a cui segue l’allontanamento del personale per l’ottenimento di riconoscimenti remunerativi pari al 30% in più. Il rischio dell’abbassamento della qualità assistenziale e dell’esodo del personale scaturiscono maggiormente da quanto riportato: il Rapporto ha pertanto anche messo a confronto i modelli di Rsa in 12 Regioni d’Italia e sono emerse sostanziali differenze. La maggior parte di queste risiede nelle modalità con cui sono stati fissati i criteri per offrire assistenza, a partire dalle tariffe richieste o dal numero complessivo di infermieri e Oss messi a disposizione per ogni paziente.
Come riportato dalla coordinatrice del Rapporto, Elisabetta Notarnicola, sarebbe possibile combattere la crisi evidenziata dalle singole strutture attraverso investimenti più funzionali sulle persone e sulla qualità dei servizi proposti. Mentre l’amministratore delegato di Essity Italia, Massimo Minaudo, incalza sulla necessità di un’azione coordinata a livello nazionale al fine di “rispondere in maniera più efficiente alle esigenze dei soggetti non autosufficienti”.