(Estratto da ordine avvocati di Torino)
Ai sensi della normativa civile: qualsiasi condotta di tipo attivo, omissivo, esclusivo o comprensivo comportante una disparità di trattamento illegittima.
Ai sensi della normativa penale: una o più condotte che provocano una lesione della dignità o addirittura dell’incolumità di soggetti caratterizzati da una diversa appartenenza nazionale, etnica, razziale, religiosa e che sono messe in atto principalmente in ragione di uno stato di avversione nei confronti di tale appartenenza.
Riferimenti normativi generali di diritto antidiscriminatorio
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: art. 2: “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità”, e art. 7: “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge.”
Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione”:
- Convenzione Europea sui Diritti Umani: art. 14: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”
- Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione: divieto qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle, l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale (art. 21) e art. 23 “La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione”.
- Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea: art. 10 “Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”.
- Costituzione della Repubblica Italiana: art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Le diverse tipologie di discriminazione di derivazione normativa
Discriminazione diretta
Si ha quando una persona viene trattata meno favorevolmente di quanto lo sarebbe in una situazione analoga e ciò solo in ragione della sua appartenenza ad una diversa razza, etnia, religione, orientamento sessuale, etc…
In tali casi il criterio da cui trae origine il trattamento svantaggioso indica in modo esplicito, o comunque inequivocabile, il fattore di rischio discriminatorio.
Ad esempio, costituisce ipotesi di discriminazione diretta un annuncio di lavoro che escluda aprioristicamente i lavoratori di nazionalità non italiana, un cartello che vieti l’ingresso in un locale a persone di razza africana o un servizio di trasporto pubblico destinato esclusivamente alla popolazione Rom.
Discriminazione indiretta
Si ha quando la differenziazione che causa pregiudizio sia conseguenza dell’applicazione di criteri formalmente “neutri” ma che oggettivamente svantaggiano o discriminano una certa categoria di persone caratterizzate dalla medesima appartenenza razziale, etnica, nazionale, etc.
In questi casi la discriminazione si manifesta in modo più nascosto poiché prende in considerazione fattori apparentemente “neutri”, senza riferirsi in modo diretto a quelli di rischio discriminatorio (quali la nazionalità, la razza, l’età, il genere, etc…).
Ad esempio, un criterio di selezione che richieda il possesso della c.d. carta di soggiorno è indirettamente discriminatorio poiché postula come necessario un elemento che solo i cittadini stranieri possono avere: si tratta pertanto di un caso di discriminazione indiretta sulla base della nazionalità.
Ancora, è discriminatorio in modo indiretto richiedere una statura minima come requisito per accedere ad un bando di lavoro laddove il parametro della statura sia regolato su medie maschili (laddove è dato pacifico che in genere i maschi sono più alti delle femmine). Tali condotte sono giustificabili solo laddove il fine per cui vengono messe in atto sia legittimo ed il loro perseguimento avvenga tramite mezzi appropriati e necessari.
La disabilità
- Per “discriminazione fondata sulla disabilità” si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali , civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole (cfr. art. 2 Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità).
- Sugli Stati parti della Convenzione vige l’obbligo di adottare tutte le misure, incluse quelle legislative, idonee a modificare o ad abrogare qualsiasi legge, regolamento, consuetudine e pratica vigente che costituisca una discriminazione nei confronti di persone con disabilità e di adottare tutte le misure adeguate ad eliminare la discriminazione sulla base della disabilità da parte di qualsiasi persona, organizzazione o impresa privata (cfr. art. 4 Conv. ONU).
- In materia di lavoro e occupazione, l’art. 27 della Convenzione prevede che gli Stati membri si impegnino al fine di “vietare la discriminazione fondata sulla disabilità per tutto ciò che concerne il lavoro in ogni forma di occupazione, in particolare per quanto riguarda le condizioni di reclutamento, assunzione e impiego, la continuità dell’impiego, l’avanzamento di carriera e le condizioni di sicurezza e di igiene sul lavoro”.
- La legge 1° marzo 2006, n. 67, introduce una clausola generale di discriminazione (sul modello di quella contenuta nell’art. 43, 1° comma, d.lgs. 286/98).
- La tutela contro le discriminazioni fondate sulla disabilità si svolge nelle forme previste dall’art. 28, d.lgs. 150/2011
- Tutela che deriva dal d.lgs. 216/03 in relazione alle discriminazioni in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
- La tutela si svolge nelle forme previste dall’art. 28, d.lgs. 150/2011 (azione civile contro la discriminazione).
Assicurazioni e malattie mentali
Ultimamente assistiamo ad un depauperamento del servizio sanitario nazionale ed ad una modifico sostanziale del servizio pubblico che deve farci riflettere su un futuro che veda garantito il diritto alla cura adeguata e tempestiva.
Se una qualsiasi persona vuole tutelarsi accede ad una polizza assicurativa che tuteli la propria salute prevedendo il danno relativo alla malattia.
Ho provato a chiedere se vengono assicurate le malattie mentali.
Nessuno degli interlocutori che ho contattato (i più grandi gruppi assicurativi italiani), prende in considerazione questa possibilità.
Qualcuno sa spiegarmi perché?
È forse una forma di discriminazione?
Che fanno le società scientifiche psichiatriche per affrontare questo problema?
Sarebbe una battaglia di civiltà contro l’esclusione.