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Psicologia forense: il potere della mente nella risoluzione dei reati

Grazie a libri gialli e film polizieschi, il mondo criminale non è mai stato così vicino alle nostre vite quotidiane. Spesso in essi si intravedono figure che supportano la polizia, gli avvocati e i giudici nei processi giudiziari, dando una consulenza psicologica sul caso. Quella che entra in campo in queste situazioni è la cosiddetta psicologia forense, una branca della psicologia con delle particolari caratteristiche legate all’universo giuridico. Le sue applicazioni sono diverse ed è spesso confusa con altre discipline: vediamone le peculiarità.

Che cos’è la psicologia forense

Secondo il vocabolario Treccani, si può definire psicologia forense la “dottrina che ha per oggetto lo studio dei fenomeni psicologici e psicopatologici in rapporto all’applicazione delle norme giuridiche, nei differenti campi del diritto”. Per semplificare, dunque, si tratta di un’area della psicologia che tratta i processi cognitivi relativi ai diversi aspetti della dimensione giuridico-forense.
Si tratta di una professione altamente multidisciplinare che vede coadiuvare diritto penale e criminologia alla psicologia tradizionale. Questa viene richiesta nei casi giudiziari per, ad esempio, valutare psicologicamente l’imputato, dare al giudice una consulenza tecnica sui fattori concomitanti il reato, pareri sul trattamento, attendibilità dei testimoni e delle vittime, supporto agli organi di polizia e così via. A questa può essere associata la psichiatria forense, che studia i risvolti medico-legali delle problematiche forensi.

Cosa fa uno psicologo forense

Lo psicologo forense opera dunque in quegli ambiti di applicazione del diritto e di esercizio della giustizia. Si tratta infatti di figure come Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) o Consulente Tecnico del Pubblico Ministero (CTPM) o ancora Consulente Tecnico di Parte (CTP). Avendo questo ruolo nei processi giudiziari, lo psicologo forense deve quindi avere ottime basi non solo di psicologia cognitiva, sociale, evolutiva, dinamica e della personalità, ma anche avere conoscenze in materia di etica, regole e prassi giuridiche. Tra le sue competenze specifiche, rientra un’attenzione per aspetti come la salute mentale, la simulazione di sintomatologie psichiche, i benefici collegati alla pena e la pericolosità sociale dell’imputato.
Il contributo dello psicologo forense può quindi essere richiesto, nell’ambito di un processo giudiziario civile o penale, dal giudice, dal magistrato o da un avvocato, così che egli possa fornire risposte utili ai loro quesiti al fine di formulare un giudizio. Altri contesti professionali tipici di questa figura possono essere gli istituti carcerari e riabilitativi o, al contrario, in associazioni e realtà che si muovono a sostegno delle vittime di reati, come quelle di violenza domestica, o che si occupano dell’affidamento dei minori. Infine, lo psicologo forense in Italia può lavorare nelle ATS regionali, negli studi professionali, nella ricerca universitaria o in centri di studio privati.

Psicologia forense: perché è diversa da quella clinica e tradizionale

Nella psicologia forense è importante valutare tutti i fattori coinvolti in una situazione da ogni punto di vista e darne un senso nel loro insieme. Si può capire, quindi, come la metodologia di valutazione psicologica tradizionale non sia sufficiente per gestire le richieste consulenziali giudiziarie. Ad essa, infatti, si affiancano le informazioni ottenute con altri strumenti della scienza forense o con test psicoattitudinali sottoposti agli imputati.
Inoltre, la psicologia forense si differenzia da quella clinica per diversi aspetti della natura della prestazione: per lo scopo (che è terapeutico per la psicologica clinica, mentre diagnostico per quella forense), per la volontarietà (lo psicologo forense lavora su mandato di una figura terza, non per volontà del paziente), per la minor autonomia (la valutazione forense è vincolata a regolamento e prassi giuridica) e per la prospettiva neutrale (l’imputato viene analizzato da diversi punti di vista, al contrario della psicologia clinica dove viene considerato solo il pensiero del paziente).

Psicologia forense o criminologia?

Non è raro che la psicologia forense venga confusa con la criminologia, soprattutto per come queste due professioni vengono rappresentate in libri, serie TV e film e per la struttura degli studi in materia in Italia: nel nostro Paese, infatti, le due discipline sono molto ravvicinate, a differenza di quanto avviene all’estero.
La psicologia forense, come si è visto, ha come scopo una diagnosi e si occupa delle dinamiche che coinvolgono i partecipanti a un processo, quindi non solo gli imputati, ma anche le parti lese, i testimoni, gli avvocati e persino il giudice. La psicologia criminale, invece, si concentra sull’autore del reato, di qualsiasi tipologia esso sia. La criminologia, infatti, studia i comportamenti criminali o, meglio, studia i reati, la loro epidemiologia (come si manifestano concretamente), i loro autori e i fattori di rischio, analizzando la connessione tra crimine, diritto e cultura.
Le due discipline, comunque, sono svolte spesso in parallelo, considerando che il maggiore campo applicativo di esse riguarda la questione dell’imputabilità di un individuo, seppur affrontandola da due angolazioni differenti.

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