Vaso di Pandora

Aveva un occhio nero ed uno blu

Scrivere di Claudia non è semplice.
Ci ha lasciati giovedì mattina, spiazzati ed impreparati.
Claudia non era ammalata fisicamente.
Aveva un male che si chiama solitudine, che si chiama mancanza.
Cristian, il suo unico figlio, cercato per anni dopo il matrimonio, è morto di malattia qualche anno fa. Aveva 20 anni circa.

Claudia lo ha accompagnato al cimitero, gli ha messo accanto la collanina e delle frasi scritte da lei.
Ma poi ha negato la sua morte.
Cristian per Claudia non era sparito per sempre.
Lo attendeva ogni giorno, gli faceva sciarpe e maglioni ai ferri, risparmiava e comprava cose per lui.
Non poteva pensare di non averlo più.
Ogni tanto Claudia rientrava nella realtà ed allora la sua disperazione era tangibile, era sola.

La negazione la aiutava a sopravvivere.
Noi, in difficoltà, oscillavamo tra queste sue fasi, consapevoli che non potevamo aiutarla a sperare in un ritorno ma neanche ucciderle brutalmente l’illusione.

Non si può sopravvivere ai figli mi aveva detto una volta.
Claudia con le sue bizze ed il suo rifiuto della malattia psichica era comunque una colonna storica della nostra Caup.
I compagni comprensivi e pazienti, accettavano i suoi gnocchi sgangherati e le sue paste matte, vestigia di un passato da mamma e moglie.

Claudia aveva un rapporto strano con il suo corpo.
Era aggredita da una febbre altissima che durava qualche ora quando doveva sottoporsi a qualche prestazione che non condivideva (visite mediche, dentista ecc.).

Era aggredita da una sorta di paralisi quando il suo pensiero le suggeriva che Cristian era forse davvero morto.
Ma rimaneva lei un muro impenetrabile, un essere rifiutante amato da tutti, un rifiuto che cercava amore.
Eravamo tutti legati a Claudia, che viveva la Caup come una casa, con la stanza piena di piante, tazzine e teiere in attesa del ritorno di Cristian.

Claudia ci ha lasciato attoniti, senza risorse quella mattina.
Il suo corpo, dopo una notte insonne in nostra compagnia, ha detto basta.
Basta a tutto.
Ora è li con Cristian.
Sono sicura che parlerà male di noi, come ha sempre fatto.
Per dirci che ci ha voluto bene.

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Commenti su "Aveva un occhio nero ed uno blu"

  1. Ciao Claudia, ho davanti agli occhi il biglietto che mi avevi lasciato sulla scrivania la scorsa settimana. Noi comunicavamo anche così. Sostanzialmente chiedevi dei soldi, per comprare cose, l’ennesimo paio di calzini o pigiama da uomo, o un’altra coppia di tazzine da caffè, da mettere nell’armadio o in vetrinetta, in attesa dell’unico caffè che desideravi davvero prendere, quello con Cristian. Eppure una frase ti tradisce, svela la tua infinita solitudine, e insieme la fierezza: “Mi dicono che sono una barbona, io vorrei un po’ di felicità. Non voglio essere in queste condizioni”
    Una condizione, penso io, di perpetua attesa, di giorni trascorsi ma, ultimamente soprattutto, non realmente vissuti. Ho fatto stampare una tua foto, perché volevo che ti riconoscessero, tutti quelli che ti avevano conosciuto in questi anni, nei negozi, nei bar, per le strade del paese.. Marcello mi ha girato una foto di un paio di anni fa, scattata durante il gruppo barca: sei bellissima, accenni persino un sorriso, vestita di blu e d’azzurro in mezzo ad un mare meraviglioso, gli occhiali sulla testa, lo sguardo accarezzato dal sole, un occhio nero ed uno blu… Ciao Cla, che tu abbia “un po’ di felicità”

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  2. Non trovo le parole e senti il mio cuore stropicciato! La malattia psichica e mentale e’ la peggiore malattia che esiste. Me lo dicevano quando ho iniziato a portare mio figlio in psichiatria, ma non potevo crederci. Un figlio bello, sano fisicamente, intelligente come è ancora oggi dopo vent’anni! La malattia ha imprigionato la sua vita e cambiato le vite di tutti noi prigionieri della sua sofferenza.

    Rispondi
  3. È proprio così .. spesso viviamo i lutti dei nostri ospiti come se fossero un po’ i nostri e ci sentiamo impotenti e senza parole. Spesso viviamo la perdita dei nostri ospiti come se fosse la perdita dei nostri parenti. Quello che hai scritto Monica è solo testimonianza del vostro modo di pensare la cura che non può essere e non deve essere, a mio parere, priva di questi importantissimi affetti. Che davvero Claudia possa trovare ora un po’ di felicità, anche se sono certa che una buona dose l’ha provata, naturalmente senza dirvelo, anche con voi.

    Rispondi
  4. Mi unisco in un abbraccio ai colleghi di Masone per la perdita di Claudia, che mi sembra di avere di fronte grazie alle parole di Monica.
    La vita e la vita in Comunità ne fa parte, è come un viaggio in treno, si scende e si sale alle varie stazioni, viaggi brevi, viaggi lunghi, ma ogni compagno di viaggio ci arricchisce, ci modifica, ci fa arrabbiare o ci sorprende. Qualcuno poi, lascia sul treno il bagaglio e noi lo custodiamo, facendo in modo che non vada perduto nulla

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