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Allucinazioni: la psicologia dietro le percezioni distorte

La psicopatologia definisce le allucinazioni come una percezione senza l’oggetto. Esse sono un fenomeno psichico peculiare, e talvolta molto spaventoso, per il quale si percepisce come reale qualcosa che in realtà è soltanto frutto dell’immaginazione. Per uscire dalla teoria possiamo descrivere l’allucinazione come la produzione cerebrale di una risposta a uno stimolo che, in realtà, non esiste. Si reagisce a una stimolazione sensoriale in maniera tipica e consueta ma, diversamente dal solito, non c’è nessuna causa a tale reazione.

Se parliamo di allucinazioni visive ci riferiamo alla presenza di un’immagine sovrapposta a uno sfondo reale, esistente e concreto. Dal momento che il soggetto non ha motivi di non credere che tutto quel che vede in quel contesto sia vero, esso reputa reale anche lo stimolo allucinatorio. Il meccanismo è inconsapevole e la percezione è in tutto e per tutto similare a quelle consuete, per cui è praticamente impossibile identificare immediatamente un’allucinazione.

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Etimologia del termine e studi sulle allucinazioni

Le allucinazioni non sono soltanto visive. Possono infatti manifestarsi per ognuna delle dimensioni sensoriali dell’essere umano. Il termine deriva dal latino hallucinere, talvolta allucinere, che significa vagare nella mente. Alcuni etimologi fanno risalire la parola addirittura al greco haluskein, nel suo significato di evitare o scappare. Se l’allucinazione è una fuga dalla realtà, questo collegamento ha effettivamente senso.

La psicopatologia inserisce le allucinazioni tra i disturbi della percezione. Non confondiamole con le allucinosi, la cui natura patologica è provata e riconosciuta, e neppure con le illusioni, causate dal modo in cui il cervello riorganizza e interpreta – talvolta in maniera molto lontana dalla realtà – le informazioni ricevute e assorbite dall’esterno. Durante il fenomeno allucinogeno non c’è un errore di processo, perché la percezione funziona benissimo, proprio come dovrebbe. Semplicemente, coglie segnali inesistenti. Le cause vanno tipicamente ricercate fuori dalla scatola cranica di chi percepisca l’inesistente. Non di rado, la colpa è dovuta a una condizione medica generale o all’uso – e abuso – di sostanze come alcool e droghe.

Gli studi sul fenomeno allucinatorio risalgono al ‘500 (Jean Fernel, 1574) e si sono consolidati nel corso dell’800 (Jean-Étienne Dominique Esquirol, 1817). In seguito poi agli sviluppi più recenti degli studi sulla percezione si è giunti a un inquadramento attendibile, soprattutto per quel che riguarda le allucinazioni della sfera visiva. Il fenomeno deriverebbe da un’intensificazione dell’immagine, in aggiunta a un’eccitazione degli organi sensoriali imputati alla sua ricezione. Ciononostante, l’esatto meccanismo fisiologico sottostante resta poco chiaro. Non di rado, l’allucinazione è accompagnata da delirio. Il paranoide tende ad avere allucinazioni visive nelle quali sente di essere minacciato; il mistico crede di udire voci dei santi oppure ha visioni del paradiso, dell’inferno o di Gesù Cristo… A seconda del delirio associato, si può identificare e circoscrivere il fenomeno in atto.

Allucinazioni: una ragazza con uno specchio in mano percepisce altre presenze nella stanza
Le allucinazioni si manifestano come percezioni vere e reali ma, in realtà, reagiscono a uno stimolo che non esiste.

La prevalenza delle allucinazioni

In assenza di condizione clinica o consumo di sostanze stupefacenti, l’incidenza delle allucinazioni sulla popolazione si attesta sensibilmente sotto il 30%. Tra questi casi annoveriamo anche chi soffra di disturbo post traumatico dovuto a forte stress e chi sia stato deprivato del sonno. Ambedue queste condizioni sono fortemente legate all’insorgenza del fenomeno allucinatorio. Per una corposa branca della psicanalisi, queste esperienze si devono a particolari manifestazioni dell’inconscio. Quando il messaggio non arriva in maniera chiara e diretta si distorce e il cervello può incappare in un trabocchetto, proiettandolo verso l’esterno.

Nella sua Interpretazione dei sogni, Freud sosteneva che le allucinazioni sono regressioni. I pensieri si trasformano in immagini o suoni e vengono ancorati a ricordi di svariati anni prima, rimasti fino ad allora immersi nel subconscio. Il celebre psichiatra legava le allucinazioni ai sogni, dal momento che le somiglianze tra i due processi sono molte e i meccanismi di attivazione analoghi.

La psicologia dietro al fenomeno

Quando non è possibile motivare il fenomeno con la condizione psichiatrica, o l’alterazione della coscienza dovuta a sostanze dannose, si fa molta fatica ad additare chiaramente l’attività cerebrale che lo origini. Alcuni studi hanno dimostrato che le allucinazioni non siano dovute a un incremento dell’attività cerebrale, bensì a una sua brusca riduzione. Si ipotizza che il cervello reagisca male alla comparsa di vuoti nel processo cognitivo e si attivi sovraccaricando i sensi. In tal maniera, essi non funzionano più come dovrebbero e finiscono per produrre più stimoli di quelli abitualmente processati. L’encefalo si trova così con troppe informazioni da elaborare e ne riversa alcune verso l’esterno. Ecco perché le percepiamo come allucinazioni.

La strada da percorrere per fare luce sul fenomeno allucinatorio è ancora molta. La psicologia studia approfonditamente le allucinazioni da tempo. Ciononostante, ci troviamo in una sorta di zona grigia dove è molto difficile trovare risposta a tutte le domande che non possiamo fare a meno di porci su un episodio tanto particolare come questo nel quale il cervello, di fatto, inganna sé stesso.

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