Commento all’articolo di Rollo, apparso su La Repubblica il 26/10/2019
Alberto Rollo si chiede i motivi della popolarità di Alda Merini.
Ne addita diversi: gesto poetico assumibile senza mediazioni intellettuali; empatia emotiva prodotta dal testo; formalizzazioni di questa pertinenti e ineccepibili quanto all’espressione; intolleranza dei confini, felice debordare; indicibile invasamento; la definisce ribelle, santa, disturbatrice della quiete.
E’ chiaro che questi aspetti, affascinanti e penetranti tanto da portare alla grande popolarità che ben conosciamo, sono necessariamente collegati al malessere mentale, poichè un felice debordare e un indicibile invasamento sono stati mentali evocanti le condizioni maniacali; e da quanto sappiamo quello di Alda Merini è stato un grave disturbo bipolare, per giunta a inizio precoce: già da ragazzina ancora alle elementari ha avuto una crisi mistica tanto da circolare vestita di stracci in una sorta di imitazione di S. Francesco che scatenava la collerica reazione della la madre. Adolescente di 16 anni, è stata ricoverata nella Clinica “Villa Turro” . Poi al “Paolo Pini” per una serie di ricoveri, dai 33 ai 41anni.
Nasce quindi per noi la tentazione di tornare sul terreno, ampiamente dissodato eppure ancora infido, dell’intreccio fra arte e follia. La stessa Merini lo riproponeva, esprimendosi così: “Un’armonia mi suona nelle vene, allora simile a Dafne mi tramuto in un albero alto, Apollo, perché tu non mi fermi. Ma sono una Dafne accecata dal fumo della follia, non ho né foglie né fiori”.
Ma pensando all’alta qualità di certe sue creazioni, non possiamo non pensare che questo suo è un eccesso di autocritica, magari legato a vissuti depressivi. Davvero la follia è un fumo accecante, che condiziona e limita la creatività, o al contrario può alimentarla? O quanto meno, senza di essa la creazione poetica sarebbe stata molto diversa. D’altronde quando in altro brano Merini riprende l’immagine del fiore, lo fa in termini positivi: “ Anche nel deserto ci vuole coraggio per coltivare la bellezza di una rosa. Per ogni petalo che nasce il caos è soltanto un avversario da affrontare a viso aperto”. Deserto depressivo e caos maniacale?
Sembra proprio che la creazione poetica trasmettendo i vissuti anche patologici alla collettività degli umani in una forma comunque fruibile, riesca a mettere in scacco la solitudine del folle. Nella prefazione a “L’altra verità – diario di una diversa” Giorgio Manganelli parla di irruzione del naturale inferno e del naturale numinoso dell’essere umano; e di una “enorme dimensione di bagliore” avvolta in una “gigantesca, mostruosa vestizione d’ombra”: termini che a chi si occupa di salute mentale non possono che evocare gli stati d’animo melanconico e maniacale.
Ripetuti i richiami a questa dialettica fra dolore mentale e creazione artistica come riparazione terapeutica (non estranea peraltro già all’esperienza romantica, alla Jacopo Ortis):” Ogni poeta laverà nella notte il suo pensiero. Ne farà tante lettere imprecise che spedirà all’amato senza un nome” ( quindi a tutti noi). E ancora: “La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori …. Il poeta crea di notte quando tutto tace e annaspando nell’angoscia trova qualcosa di chiaro … Le più belle poesie si scrivono coi ginocchi piagati e le menti aguzzate dal mistero … La depressione è un discorso puro sulla creatività”.
Forti le metafore e gli aforismi che si richiamano alla ricostruzione, reintegrazione, riparazione del danno: “raccogliere i lacerti ed edificarli a mo’ di contratto anatomico dello spirito”.
Eppure emerge anche la spinta a sfuggire a una realtà fonte di dolore: “Il vero inferno è qui (sottinteso: peggio del pur infame manicomio): a contatto degli altri che ti giudicano, ti criticano e non ti amano”. Forte la voglia di “posti liberi e posti incantati, per via dell’ilarità vertiginosa e incantata per cui ti ricordi delle Sirene e la tua memoria al posto della realtà”. Ma il dolore mentale non lascia tregua: “Il Delirio è più completo e tragico del Diario”.
Alda merini che tenta di essere ammessa al Regio Liceo – Ginnasio Alessandro Manzoni, ma viene rifiutata perchè non supera la prova di italiano. È surreale non trovate? almeno col senno di poi.
Alda merini semplicemente “pazza” oppure oppressa da un sistema ingiusto e perbenista? O vittima poco “poco compresa dai suoi genitori“, eventualmente. Sarebbe stata più o meno creativa più o meno artista con o senza la sua follia? Forse sarebbe più facile se non ci sforzassimo di identificare a tutti i costi la persona con la sua malattia. Se partissimo dal presupposto che l’individuo è multistratificato e che una persona “schizofrenica” non lo è necessariamente h24. Immagino però che le esperienze quotidiane ripetute influiscano su molti aspetti della nostra persona e non escludo che possano incidere in qualche modo pure sul versante dell’espressione della creatività. Non tutti i folli sono artisti e non tutti gli artisti hanno necessariamente un’indole sado-masochistica. E non tutti i gruppi più blasonati del rock attuale e del passato si facevano di Lsd per migliorare le proprie canzoni. seppure una qualche cannetta qua e la non dubitiamo che se la siano fatta (ma senza aspirare, si capisce)
Non so esattamente da cosa fosse affetta la Poetessa Merini però mi immagino che se il disturbo bipolare fosse stato trattato con la sensibilità, gli strumenti, le conoscenze attuali invece che con i metodi da gestapo del suo tempo, forse dico forse e con tutti i limiti attuali della cura delle sindromi bipolari, forse non staremmo qui a chiederci puntualmente se la merini sia stata più folle o artista.
È abbastanza ovvio che uno legge un evento estrapolando informazioni dettate dal proprio modello professionale ed esperienziale di osservazione. E allora mi immagino una poesia di Alda Merini letta da una qualsiasi persona che ignora la sua storia. Cosa ci vedrà? L’inequivocabile segno di una psicosi maniaco depressiva? O l’ispirazione ultraterrena di una persona fuori dal comune e di profonda cultura?
E se uno si ritrova in casa una bimbetta delle elementari con la crisi mistica che fa? La porta immediatamente a farla vedere da uno bravo o la considera come l’indizio inequivocabile della chiamata divina? Forse qualche sostenitore del family day vedrebbe una simile eventualità come una benedizione e porterebbe subito la figlioletta cara a farla benedire a Lourdes. Ma forse anche i cultori dei family day assortiti sono dei cinici impenitenti nel più profondo e allora di fronte al misticismo dei propri figli si farebbero prendere da improvviso panico e non dubito che farebbero imbottire la pargoletta cara da una sfilza di antipsicotici per prevenire j’eventuale insorgere di una psicosi adulta. E forse oggi avremmo avuto una alda merini splendida suora e poetessa mistica. Mah! Chi può dirlo?
E se uno fa parlare i morti come Edgar Lee Masters sarà affetto da depressione psicotica o in preda a delirio di onnipotenza?
“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio.
Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno…. per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”. – Se questa è una matta…-