Il termine anginofobia deriva dal greco. Esso è una crasi del termine fobia, che com’è noto significa paura, e della parola angina, che si può tradurre con soffocare o strangolare. Si tratta del terrore di deglutire. Chi ne è colpito si trova a dover affrontare un timore raggelante ogni qual volta debba deglutire cibo, liquidi, pasticche, semi, piccoli nutrienti o persino la sua stessa saliva, prodotta già all’interno della bocca. Nei casi più allarmanti il soggetto ha paura di morire ogni volta che debba ingerire anche la più piccola delle parti di cibo.
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Sintomatologia dell’anginofobia
Quando l’anginofobia è legata a una patologia pregressa di tipo neurodegenerativo si pone come diretta conseguenza di tale condizione. Talvolta, però, questo disturbo può sorgere da solo, indipendentemente dalla presenza di altre sindromi. I soggetti che ne soffrono ne sono visibilmente caratterizzati e la loro socialità risulta di frequente pesantemente condizionata. La vita relazionale di una persona che ha paura di bere e mangiare è naturalmente ben più misera di quella di una che lo faccia senza problemi. Pensiamo a quante occasioni sociali sono legate a momenti conviviali trascorsi attorno a un tavolo.
Naturalmente, per un anginofobo o una anginofoba, non esiste un pericolo di soffocamento superiore a quello che caratterizzi tutti gli altri esseri umani quando ingeriscono cibo o liquidi. Eccezion fatta per i più piccoli, naturalmente, i quali ingeriscono qualunque cosa gli capiti a tiro come parte del loro processo di crescita e maturazione. Le ospedalizzazioni per soffocamento, in Italia, sono circa mille ogni anno. I casi meno pericolosi, ad ogni modo, non raggiungono mai il letto di ospedale. È verosimile che l’effettiva incidenza della questione sia anche 80 volte superiore rispetto a quella registrata dalle accettazioni sanitarie. Per chiunque sia più cresciuto, i numeri calano naturalmente in maniera drastica. Il fobico è vittima di un pensiero fuorviante e disfunzionale; egli non corre alcun tipo di pericolo maggiore rispetto a quello che riguardi tutte le altre persone.
La paura di deglutire, spesso, è soltanto la punta dell’iceberg per chi conviva con l’anginofobia. A essa si associano infatti ansia e stati di tensione ogni volta che ci si sieda a tavola, nonché un timore di consumare cibi solidi o duri che, non di rado, giunge fino al rifiuto. Non solo. Chi ne soffre desidera anche qualcuno al suo fianco ogni volta che mangi, perché teme di restare da solo se avesse necessità di essere soccorso e impiega molto tempo a frammentare il cibo prima di introdurlo in bocca. Ogni volta che sia possibile, inoltre, frulla gli alimenti o consuma degli omogeneizzati.
Le cause della fobia
Nella maggior parte dei casi, le cause dell’anginofobia sono patologiche. Essa può dipendere da disturbi neurologici degenerativi quali SLA, sclerosi sistemica o morbo di Parkinson; da malattie autoimmuni sistemiche o ancora da tumori del tratto digerente. L’insorgenza della sintomatologia è talvolta slegata da altre patologie, ma si tratta di episodi rari e sporadici. Quando non c’è legame con altre malattie, l’anginofobia può derivare da un trauma mai risolto o da esperienze segnanti vissute a tavola. Nel caso di individui con funzionalità oro-faringea compromessa per malformazioni, incidenti o altre ragioni, parliamo ancora di anginofobia nonostante appaia chiaro come le motivazioni siano di altro tipo.
Trattare l’anginofobia
Le conseguenze relazionali della fobia sono ovvie. Quando un individuo rifiuta la convivialità mette anche inevitabilmente una barriera tra sé e gli altri, privandosi di tantissimi momenti che si possono trascorrere assieme. In aggiunta a ciò, il fobico o la fobica vanno incontro a rischi di tipo nutrizionale. Evitando di mangiare tutte le tipologie di cibo che ritengono pericoloso, se non letale, si privano di numerosi nutrienti di cui l’organismo avrebbe necessità per potersi mantenere in forma.
C’è poi l’angoscia che pervade il cuore di chiunque soffra di questo disturbo, ogni volta in cui bisogna presentarsi a tavola. Nella mente del soggetto, infatti, potrebbe essere un pò come ritrovarsi al patibolo. Il terrore di avere nel piatto un’arma pronta a ucciderlo, o ucciderla, provoca spesso paralisi e rifiuto di prendere in mano la forchetta. Esistono fobici che non riescono neppure a sedersi in assenza di confidenti che li rassicurino e tranquillizzino. Pranzi e cene fuori vengono evitati come la peste e il processo di nutrizione è infinitamente dilatato. Ogni alimento deve essere tritato, sminuzzato e ridotto ai minimi termini, così che presenti il minor rischio possibile al consumo. La masticazione è lenta e molto lunga e lo scoglio della deglutizione viene superato con pause, premura e tanta acqua.
Per trattare l’anginofobia si comincia dalla riduzione del pericolo. Il primo step è tranquillizzare il soggetto. Per riuscirvi, si parte selezionando alcuni alimenti da evitare. Tipicamente, quelli che fanno più paura sono pasta, pane, lievitati, carne e alcune verdure. Soprattutto quelle filamentose. Questo passo si può affrontare anche in autonomia. In contemporanea, però, è bene rivolgersi a un terapeuta che affronti il problema dal punto di vista psicanalitico, magari sfruttando la terapia breve strategica, che ha riportato risultati incoraggianti su questo fronte.
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