Vaso di Pandora

Indagine sui femminicidi: l’analisi dei numeri per capire come affrontare la realtà

I recenti femminicidi, in particolare quello di Giulia Cecchettin, hanno suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica e visto numerosi interventi che hanno analizzato diversi aspetti. In particolare si sono evidenziate le questioni culturali (in primis quella patriarcale), i bisogni educativi nell’ambito dell’affettività e sessualità, la strutturazione personologica di tipo narcisistico incapace di autocontrollo e di accettare la frustrazione della separazione.

E’ mancata invece un’analisi dei dati non solo internazionali ma nazionali.

In Italia, come riporta Merzagora (2023)[1], in valori assoluti i femminicidi sono passati da 199 nel 2000 a 118 nel 2021 e tuttavia la percentuale dei femminicidi sul totale degli omicidi è aumentata dal 26,4% al 40%.

Va detto che  gli omicidi sono passati, con un trend di costante riduzione, da 753 del 2000 a 295 del 2021.

I femminicidi non hanno avuto lo stesso andamento, ed hanno mantenuto una relativa stabilità (periodo 2000-2009 media/anno 173; periodo 2010-19 media/anno 151) segnando un decremento significativo solo nel periodo 2019-21 (media/anno 115). Occorrerà vedere se si tratta di una coincidenza con la pandemia o se invece si tratta di un andamento favorevole magari un primo esito dell’approvazione della legge 69/2019 (c.d. Codice Rosso) e della crescente mobilitazione.

Annon. Femminicidi in assoluto% sul totale di omicidi
200019926,4
200118131
200218630,5
200319929,8
200418426,1
200513823,1
200618129,3
200714523
200814724,1
200917329,3
201015829,8
201117030,9
201215930,2
201317735,2
201415532,4
201514230,1
201615638
201714135,6
201814139
201911135
202011740
202111840

Un’altra interessante ricerca “La realtà psicosociale del femminicidio in Italia. Uno studio esplorativo”  è stata effettuata dal Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino (prof.ssa Georgia Zara) pubblicata nel 2022.[2]

Lo studio analizza i casi di femminicidio avvenuti in Italia tra il 2016 ed il primo trimestre del 2021 in totale 409.  Su un totale di 406 persone offese, 304 (74.9%) erano donne italiane e 102 (25.1%) non italiane mentre  i perpetratori del femminicidio, su un totale di 409 perpetratori, 327 (79,9%) erano uomini italiani e 79 (19,3%) non italiani. Il femminicido è in larga parte omoculturale.

In 349 (84.5%) femminicidi, la tipologia di relazione tra persona offesa e perpetratore era intima e intensa; in 44 casi (10.65%) si trattava di una relazione superficiale, mentre in un numero esiguo di casi (n = 18; 4.36%) la persona offesa non conosceva il perpetratore. Per due casi non è stato possibile identificare la tipologia di relazione.

Il movente più frequente, su un totale di 406 esaminati, era legato alla “multiproblematicità relazionale”, evidenziata in 291 casi (71.7%), a cui seguono i femminicidi causati da comportamenti antisociali e impulsivi (n = 33; 8.13%). I femminicidi legati a questioni economiche sono 24 (5,9%) mentre quelli legati a disturbi mentali del perpetratore sono 24 (5,9%) sono risultati poco frequenti. Per 34 femminicidi (8.37%) non è stato possibile raccogliere informazioni specifiche sul movente.

Successivamente alla messa in atto del femminicidio vengono rilevate: ”Reazioni di fuga e/o negazione sono state riscontrate in 116 casi (28,6%); in 77 casi (18,83%) il perpetratore si è costituito alle Forze dell’Ordine ammettendo il reato e in 150 casi l’uomo si è suicidato o ha tentato di farlo (36,68%). Non è stato possibile conoscere la reazione di 66 (16.14%) perpetratori.”

L’età più coinvolta nei femminicidi è quella dai 36 ai 55 anni individuata come la “fase della crisi coniugale e relazionale”. Quindi l’orientamento alla prevenzione e all’educazione relazionale, affettiva e sessuale, nonché all’autocontrollo rivolta ai giovani può essere utile nel lungo termine mentre negli adulti in primo piano dovrebbero essere gli strumenti per affrontare la multiproblematicità relazionale, le separazioni conflittuali e i comportamenti antisociali/impulsivi.

I femminicidi legati a questioni economiche sembrano limitati, lo stesso per quanto attiene le persone con disturbi mentali (che agiscono all’interno della famiglia e per lo più ai danni della madre).

Altre ricerche indicano la rilevanza dei problemi assistenziali in particolare di anziani (coppie sole) nel determinarsi del femminicidio/suicidio del perpetratore il che segnala situazioni di malattia, solitudine e disperazione.

Nel dibattito è rimasta in secondo piano la questione dei linguaggi d’odio e della “piramide dell’odio”, la discriminazione dei diversi e dello straniero, la condizione sociale ed economica delle vittime.

Limitate sono state le analisi sull’applicazione del Codice Rosso e sui dati degli ultimi anni e su come sostenere, con adeguate risorse, i percorsi di prevenzione da parte delle Forze dell’Ordine, Magistratura e Servizi sociali e sanitari, in particolare servizi per il trattamento degli uomini violenti e l’accoglienza delle vittime nei Centri Antiviolenza, garantendo protezione, lavoro e reddito.  Nella visione sociologica e psicologica si è rimasti all’interno dell’etica dell’intenzione mentre andrebbe sviluppata l’etica della responsabilità e reciprocità che dovrebbe portare a riflessioni sull’imputabilità e sulla necessità di approvare nuove leggi, come la proposta n.1119 presentata dall’On. Magi, che abolisce gli articoli 88 e 89 del c.p.  Ciò è essenziale sia per la prevenzione sia per un appropriato iter giudiziario e di trattamento dei perpetratori negli istituti di pena o in forme alternative da strutturare e sperimentare.


[1] Merzagora I Introduzione alla criminologia, Raffaelllo Cortina Ed. 2023

[2] https://www.federazioneitalianapsicologi.com/2022/01/12/la-realta-psicosociale-del-femminicidio-in-italia-uno-studio-esplorativo/

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