Vaso di Pandora

Angoscia e metodo

Angoscia e metodo

di Pasquale Pisseri

Sulla Rivista sperimentale di Freniatria è apparso un articolo di Alessandra Cerea: Angoscia e metodo; la proposta epistemologica di George Devereux. E’ così riassunto: “Lo studioso del comportamento umano osservando un altro uomo osserva sè stesso. Questa situazione, che è la principale fonte di angoscia dell’osservatore, costituisce secondo George Devereux la specificità e insieme il nodo problematico delle scienze umane. A partire da questa riflessione il contributo teorico di Devereux travalica i confini dell’etnopsichiatria al cui nome è solitamente legato. Nel dialogo fra epistemologia quantistica ed epistemologia freudiana Devereux intravede nuove vie per una rifondazione delle scienze umane in cui il vettore di ricerca si sposta dall’osservato all’osservatore e il concetto freudiano di controtransfert diviene il criterio metodologico attraverso cui l’angoscia dell’osservatore può acquisire lo statuto di dato scientifico. Da ostacolo all’oggettività e neutralità dell’osservazione scientifica tradizionalmente intesa, l’angoscia diviene così fondamento di una nuova idea di scientificità delle scienze umane: chiave di volta attraverso cui fondare un nuovo metodo, non più metodo intersoggettivo che sia purificazione delle “scorie” soggettive, bensì metodo che le includa e inizi la ricerca proprio attraverso una loro presa in carico e analisi”.
Non è certo nuova la concezione del controtransfert non come fattore  disturbante e inquinante l’osservazione ma, al contrario,  come leva di conoscenza; ma  il riferimento specifico all’angoscia operato da Devereux ne fa una risposta al tema dell’articolo. Nessuna contrapposizione reale fra l’ottica filosofica e quella clinica: è evidente che la concezione di controtransfert, tutta psicoanalitica, introduce a una riflessione epistemologica di vasto raggio; pur se questa è arricchita, fa notare Devereux, dal cambiamento intervenuto in quel modello incontestato delle scienze naturali che è la fisica, con la crisi del determinismo e il riconosciuto ruolo dell’osservatore nel modificare il fenomeno.
Del resto, anche se Kierkegaard vede l’angoscia come costitutiva dell’uomo in quanto immerso nel possibile e nell’incerto, pure non gli sfugge – come risalta nelle espressioni riferite da Armando Torno – la sofferenza acuta che discontinuamente  emerge, come la punta di un iceberg, dalla fondamentale angoscia insita nella condizione umana.

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