La Redazione ha chiesto a Roberto Carrozzino, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL2 Savonese, nonché grande esperto di Psichiatria Forense, di commentare l’apparente contraddizione fra gli esperti di Psichiatria che hanno espresso il loro parere riguardo questa vicenda.
Considerare prevenibile, e quindi potenzialmente evitabile, praticamente ogni umana tragedia significa necessariamente andare alla ricerca di colpe e responsabilità. In questa dinamica si inquadrano bene le posizioni dei diversi consulenti psichiatri che in funzione del loro ruolo evidenziano la visione più assonante al loro mandato. La non imputabilità sottesa dal vizio totale di mente, per i familiari colpiti da una così grande sventura è l’interpretazione meno opprimente, che nell’individuare così la responsabilità di terzi, riesce a spostare fuori dalla famiglia un peso comprensibilmente insopportabile.
Per il perito del Pubblico Ministero che, non dimentichiamo rappresenta e sostiene il ruolo della pubblica accusa e deve valutare quanta responsabilità abbia avuto l’indagato, l’accusato, l’assassino: piena capacità di intendere e volere corrisponde a piena responsabilità del gesto.
Il perito del giudice valuta nella sua globalità i fatti e la persona che li ha commessi e individuando responsabilità solo in parte in capo all’indagato perché affetto da vizio parziale di mente, inevitabilmente coinvolge anche chi avrebbe, in linea teorica, dovuto o potuto prevenire il triste episodio.
Non stupisce che ci siano pareri così discordi, non solo perché generati dai diversi mandati, ma perché al perito viene chiesto non se l’accusato sia genericamente malato di mente, ma se in quel momento specifico egli fosse in grado di giudicare e volere l’azione che stava compiendo. Compito difficilissimo ricostruire a posteriori non come siano andate le cose, ma quale fosse lo stato d’animo di una persona in un momento che è già trascorso.
Il disturbo psichiatrico di per se’ non significa non imputabilità per vizio di mente. Ricordo l’esempio forse solo apparentemente banale, ma efficacissimo che fece il prof. Tullio Bandini quando mi stavo avvicinando alla psichiatria forense, del paziente psicotico che distrugge le automobili rosse perché le ritiene veicoli del demonio quando invece distrugge un auto di colore blu, magari del vicino di casa con cui aveva pessimi rapporti.
Un perito potrebbe sostenere che la psicopatologia abbia in quel momento esteso all’ auto blu la necessità di distruggerla perché satanica, un altro che in realtà la ha distrutta ben consapevole che l’auto era quella del vicino odiato, un altro infine che l’abbia distrutta ben consapevole di colpire il vicino, ma in base anche alla sua missione di liberare il mondo dalle auto che sono veicoli degli inferi.
Credo che bisognerebbe individuare con chiarezza quali siano i limiti della responsabilità di psichiatri, e anche delle forze dell’ordine, in situazioni che stanno diventando sempre più frequenti e dove spesso bisogna fare i conti da un lato con un quadro normativo che definisce bene sino a che punto è lecito e doveroso coercire alla cura e dall’altro con la oggettiva penuria di risorse con cui medici e poliziotti si trovano quotidianamente a fare i conti.