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Alla scoperta della terapia metacognitiva: un viaggio dentro di sé

Quanto pesano i pensieri?

In psicologia, la terapia metacognitiva (MCT) parte dall’assunto che il pensiero, o meglio, il modo in cui pensiamo a noi stessi e agli eventi influenzi il benessere psicologico.

Questo approccio di recente sviluppo fonda le sue radici nella terapia cognitiva classica e sostiene la centralità della metacognizione per il trattamento dei disturbi psichici. Tali “tecniche di gestione del pensiero” risultano essere efficaci per ridurre problematiche diffuse come ansia e depressione. 

La metacognizione in psicologia

Con il termine “metacognizione” ci si riferisce alla consapevolezza che gli individui hanno della propria memoria: una presa di coscienza dei propri processi mentali. Tale meccanismo di autoriflessione tocca infatti le sfere del pensiero, dell’apprendimento e del ricordo, influenzando il modo in cui valutiamo l’esperienza effettivamente vissuta. 

La terapia metacognitiva mira proprio a fornire strategie utili per migliorare la consapevolezza e la gestione dei processi di pensiero, per ottenere risultati positivi sul piano emotivo e comportamentale.

Oltre il loop dei pensieri negativi 

Secondo la teoria metacognitiva i problemi psicologici come depressione e attacchi di ansia sono spesso il risultato di pensieri disfunzionali. 

Come un sadico meccanismo, le valutazioni negative su se stessi si radicano nella coscienza, fino a sembrare oggettive: si sviluppano così dei bias cognitivi da cui è difficile allontanarsi. 

La presa di distacco dai propri pensieri, il porsi come “altro” rispetto a se stessi, può aiutare gli individui a regolare i propri giudizi e di conseguenza le risposte emotive. 

I pilastri dell’approccio metacognitivo

La teoria metacognitiva si basa principalmente su 5 concetti chiave: 

  • Conoscenza metacognitiva: con questo termine si fa riferimento alle idee di un soggetto in relazione ai processi mentali, ovvero ai meccanismi cognitivi propri e degli altri. Vi rientrano, ad esempio, l’intuizione, la memorizzazione e le impressioni. Si tratta del primo passo verso un percorso di presa di coscienza. 
  • Distanziamento dai pensieri: secondo la terapia metacognitiva i pensieri possono essere gestiti e regolati attivamente dal paziente. L’importante è distanziarsi dalle convinzioni che la mente proietta, trattando i pensieri come eventi soggettivi e non necessariamente veritieri. Si sviluppa così un atteggiamento consapevole e flessibile.  
  • Controllo metacognitivo: questo concetto implica che gli individui sviluppino la capacità di indirizzare consapevolmente i propri processi di pensiero, diventando “direttori attivi” di se stessi. Applicando le adeguate strategie metacognitive si arriva a prendere decisioni ponderate e a ridurre il senso di ansia.     
  • Preoccupazione metacognitiva: un altro elemento chiave è la preoccupazione metacognitiva, che riguarda l’attenzione e la riflessione sui propri pensieri. La capacità di riconoscere quando si sviluppano i pensieri negativi o disfunzionali consente di intervenire tempestivamente, preservando il benessere mentale. 
  • Cambio di atteggiamento: la terapia metacognitiva incoraggia modifiche all’ atteggiamento. L’individuo è spronato a identificare e sfidare le convinzioni irrazionali o negative, sviluppando pensieri più adattivi e flessibili. Modificare gli schemi di pensiero aiuta a promuovere una visione più equilibrata della realtà. 

Le aree di applicazione della metacognizione 

L’obiettivo della teoria metacognitiva è quindi quello di migliorare l’equilibrio dei processi mentali: partire dal pensiero e ricondurre ad esso. Attraverso tecniche specifiche di introspezione e distacco, l’individuo è portato a guardarsi dentro, per aumentare la consapevolezza e saper riconoscere il confine tra pensiero e realtà. 

Tali tecniche vengono impiegate nella psicologia clinica per trattare alcuni disturbi mentali, ma vi sono anche molti altri settori di applicazione. 

Infatti, la teoria metacognitiva viene impiegata nel campo educativo per sviluppare e affinare le abilità di apprendimento degli studenti. In questo modo, gli allievi acquisiscono maggiore consapevolezza circa i processi di apprendimento, scoprono il loro metodo di studio e migliorano la rendita scolastica. 

Anche in ambito accademico e della ricerca vengono utilizzate queste strategie per approfondire il modo con cui i processi metacognitivi incidono sulla memoria, sulla razionalità e sulla presa di decisioni. 

La felicità nella teoria metacognitiva

La mente umana è legata a doppio filo al dolore, visto talvolta come maestro, talvolta come “piacere proibito”. 

Secondo lo psicologo Alan Watts, anche in un sogno idilliaco il nostro cervello cercherebbe una variante caratterizzata dall’infelicità per ravvivare la scena. 

Tra le tante teorie sulla sofferenza e sulla gioia, anche la teoria metacognitiva offre una peculiare visione della felicità, sviluppata soprattutto da Adrian Wells. 

Nella teoria metacognitiva la felicità sembra essere strettamente collegata alla capacità di regolare e controllare i propri pensieri. 

La felicità è abilità in senso lato, è conoscenza e riflessione sul proprio io. 

Riuscire ad acquisire, nel tempo, coscienza sulla propria mente permette infatti di limitare i dubbi auto-fabbricati. La felicità non è quindi solo un momento legato alla positività o un effimero attimo di contentezza, ma diventa un percorso verso la consapevolezza.

Anche nei momenti più difficili, sostituire i framework mentali ostili permette di spezzare il ripetersi di cicli di pensiero negativo, dando spazio al benessere e alla serenità.

Inoltre, la gestione delle emozioni e l’autocontrollo rendono possibile all’individuo un viaggio dentro di sé, in direzione della felicità.

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