“La perfezione non esiste” forse è una di quelle frasi fatte più gettonate e mainstream che abbiamo sentito da quando siamo nati. Facile a dirsi, ma chi davvero segue pedissequamente questo dettame?
Nella società della performance, l’ansia sociale di tagliare traguardi – spesso anche solo per ostentarli sui social e non perché davvero desiderati – sia nel mondo del lavoro che nella dimensione privata è diventata la prassi della nostra esistenza, tanto da non rendersene conto. Questa inconsapevolezza diventa tale perché siamo educati sin dalla tenera età al fatto che per ottenere l’approvazione degli altri serva adeguarsi e rispettare determinati standard di comportamento.
Tanti i ricercatori che hanno indagato sulla questione e si è scoperto un solido legame tra costante ricerca di una perfezione (che, appunto, come già citato non esiste) professionale e personale e la depressione profonda.
I perfezionisti sviluppano più di chiunque altro la così detta “preoccupazione emotiva” che li porta al rimuginare continuo: una incessante interrogazione su giusto o sbagliato, meglio o peggio per loro e per chi li circonda. Fissare traguardi e aspirare al meglio non è sbagliato, anzi potremmo ritenerla quasi una caratteristica intrinseca dell’essere umano ma il problema sorge quando ci sono aspettative irrealistiche, quando non si contempla il fallimento (o si teme la sua gestione) o l’imprevisto o, ancora, quando s’innesca una sorta di paura della sconfitta perché tutto ciò può convergere in ossessione e disprezzo verso sé stessi, tanto da sfociare in vere e proprie forme patologiche di comportamento.
Velocità, precisione, accettazione di qualsiasi compromesso pur di ostentare la perfezione, non sono sempre e comunque delle ottime alleate, anzi spesso si trasformano in ciò che ci fa perdere di vista l’importanza di quel che facciamo e il reale motivo che ci spinge all’azione.
Superare il perfezionismo patologico è possibile consultando un esperto ma anche iniziando dal prefiggersi pensieri più realistici e salutari, iniziando anche a pensare al fatto che “nessuno è perfetto” non è solo un modo di dire ma un dato di fatto più reale di quanto il nostro cervello a volta stenti a credere.