Nello scorso mese di Novembre è stato presentato il “Dizionario di Medicina Narrativa”redatto dal prof. Massimiliano Marinelli (docente di Medicina Narrativa presso l’Università di Medicina dell’Università Politecnica delle Marche). La mia intenzione in questo articolo è di riflettere sull’ampio orizzonte che questa pratica di cura dischiude e di metterne in luce le connessioni con il gioco e con la psicoterapia.
Nei miei ricordi di bambina la narrazione trova un posto particolare. Le favole della buonanotte al desinare rimboccando le coperte, il libro dei Quindici, mia nonna che legge accanto a me che ho la febbre. Indissolubilmente i ricordi delle “storie”nella mia esperienza sono legate alla cura. A tutt’oggi inoltre riscopro la magia nel riuscire a catturare l’attenzione dei più piccoli intessendo un racconto improvvisato. Oggi sappiamo che non si tratta di una magia.
Una delle azioni che riesce a far brillare gli occhi di un bambino è proprio quella del raccontare una storia, poiché permette quel delicato connubio ed intersezione tra l’immaginazione e la realtà, creando uno spazio terzo in cui identificarsi e separarsi. E sono proprio i movimenti di separazione -identificazione con i loro correlati neurobiologici che consentono la crescita e la costituzione dell’identità, nella dinamica del rispecchiamento con l’Altro che ad oggi sappiamo essere anche e primariamente neuronale.
Freud non sapeva ma intuiva che il trasferimento di significati tra uomo e uomo avviene attraverso l’identificazione, l’empatia e l’imitazione. Grazie alla scoperta dei neuroni specchio all’inizio degli anni 90 da parte di Giacomo Rizzolatti tali fenomeni possono essere oggi meglio compresi. I neuroni specchio si attivano quando vengono eseguite azioni finalizzate ed anche quando tali azioni vengono osservate negli altri.
Secondo altri studi la loro attivazione avverrebbe anche durante la comprensione di espressioni linguistiche descriventi le azioni ed anche nella finzione narrativa della lettura. E il sistema specchio non limita la sua azione al sistema motorio, ma lo estende a quello delle emozioni e delle sensazioni. Possiamo “sentire” ciò che l’Altro sente, interpretare le sue intenzioni ed i suoi comportamenti, “risuonare” con l’altro.
In questo spazio intersoggettivo si inserisce la capacità del terapeuta in analisi e del medico che ha a che fare con la malattia, con l’Altro bisognoso di cure. E’ innegabile il ruolo del rispecchiamento nella visita ambulatoriale oltreché nella psicoterapia.
E’ impensabile ed anacronistico non tenere conto di ciò che intuitivamente si esperisce nella relazione (l’importanza di una vera presenza dell’altro che cura) e che le neuroscienze sanciscono. Identificarsi e separarsi anche nella visita al capezzale del malato: sono io ma sono anche l’altro, il sofferente.
Come possiamo pensare che una visita ambulatoriale sia efficace quando può capitare di non essere nemmeno guardati negli occhi o quando essa è talmente breve da non consentire alcuno scambio di informazioni che non siano quelle strettamente sanitarie?
Così scriveva il medico umbro Sandro Bartoccioni (2006): “Mi ricordava, tempo fa, un mio paziente, di quanto fosse rimasto colpito dal mio prendere le sue ciabatte, dandogliele, per incoraggiarlo ad alzarsi a fare una breve passeggiata con me lungo il corridoio, per vincere la paura del dolore del post-operatorio. Oggi, da paziente, ne capisco lo stupore e la gratitudine. La malattia spoglia di ogni sapere e di ogni abito professionale.” Sono parole tratte dal libro che egli scrisse insieme ad altri due medici per raccontare la loro stessa malattia. Racconti preziosi di quando il medico si trova “dall’altra parte”.
La medicina narrativa si propone di colmare quello spazio esistente tra il mondo del malato e quello del medico.
Essa utilizza metodologie e strumenti derivati dalla letteratura e dalle arti con la finalità di comprendere il paziente e la sua storia, le reazioni ed azioni del medico e di ogni professionista che contatta la sofferenza altrui.
La postura narrativa è l’attitudine a contattare l’altro coinvolgendo se stesso e il proprio corpo nella relazione.
Si tratta di una pratica di cura per pazienti e curanti, nata in ambito sanitario ma avente prospettive ampie, potendosi infatti inserire trasversalmente in molteplici professioni. Nasce in America negli anni 90 e viene portata all’attenzione da Rita Charon, medico internista che ha creato e dirige il programma di MN della Columbia University di New York.
Nell’introduzione all’edizione italiana del libro “Medicina Narrativa. Onorare le storie dei pazienti” il legame con la terza area viene così esplicitato da Micaela Castiglioni:-abbiamo a che fare con pratiche che costituiscono una sorta di spazio transizionale winnicottiano in cui mettere in dialogo “ interno ed “esterno”-.
La pratica della Medicina Narrativa, così come quella del gioco e della narrazione, si inserisce così in quel terzo spazio laddove si costituisce e si rafforza per ripetizione ed imitazione “incarnata” la nostra identità. E’ noto il ruolo del gioco nell’apprendimento e quale indicatore di benessere nei bambini. Nel gioco il tempo è sospeso e lo spazio dilatato, imitazione e rispecchiamento si susseguono e partecipano alla crescita. Un lavoro condotto su pazienti pediatrici operati già nel 2012 aveva dimostrato che nel gruppo coinvolto in un programma di gioco vi era una riduzione del livello di dolore percepito. L’ipotesi è dunque che il gioco faccia parte delle necessità primordiali come alimentarsi o riprodursi ed è lecito supporre che la stimolazione del gioco sociale apporti importanti contributi al benessere dell’individuo. Perché nella medicina del futuro non inserire una attenzione evidence-based a questo aspetto “giocoso” dell’essere presi in carico?
Prendersi cura, avere cura e non necessariamente guarire. Paradossalmente. E ineluttabilmente, mutuando l’espressione da G Benedetti, psicoterapeuta sostenitore dello spazio condiviso nella relazione con pazienti gravi, “essere con “la sofferenza altrui e in definitiva con la nostra stessa.
Dare valore ad uno spazio-tempo sospeso che non può essere soltanto quello della visita e della terapia, ma il tempo del pensiero e del gioco, volto al sollievo dalle umane sofferenze.
Bibliografia
Bartoccioni. Bonadonna. Sartori (2006) Dall’altra Parte. Tre grandi medici raccontano la loro malattia. BUR. 2006.
Charon R (2006) Medicina Narrativa. Onorare le storie dei pazienti. Raffaello Cortina, 2006
Gallese V (2007) Dai neuroni specchio alla consonanza intenzionale Meccanismi neurofisiologici dell’intersoggettività. Rivista di Psicoanalisi, 2007, LIII, 1, 197-208.
Marinelli M ( 2022). Dizionario di Medicina Narrativa. Parole e pratiche. Scholè, 2022
Winnicott DW. (1971) Gioco e realtà.
Ullan AM, Belver MH, Fernandez E, Lorente F, Badıa M and Fernandez B, (2012) The Effect of a Program to Promote Play to Reduce Children’s Post-Surgical Pain: With Plush Toys, It Hurts Less, Pain Manag Nurs 2014 Mar;15(1):273-82. doi: 10.1016/j.pmn.2012.10.004. Epub 2012 Dec 28..
Davvero una pratica di ampi orizzonti! La medicina narrativa mi pare fruttuosamente ripercorra oggi le riflessioni di Michael Balint anche rappresentandone in qualche modo possibilità attuative e l’evoluzione delle conoscenze sull’intersoggettività . Vorrei segnalare a proposito “Un uomo fortunato. Storia di un medico di campagna .” comparso da poco in Italia per il Saggiatore scritto da J. Berger e J . Mohr che hanno seguito l’attività del medico generalista inglese John Sassal ricostruendone la dimensione più umana di medico realmente appartenente alla sua Comunità . Il libro è arricchito da foto che rimandano a interessi antropologici e psicoterapeutici e alla straordinaria capacità di entrare in relazione.
Una “carezza” per tutti noi che ci spendiamo ogni giorno per sciogliere “la complessità” relazionale, per poterne cogliere il valore empatico emotivo-affettivo e restituirci.
Grazie Caterina! Avevo sentito parlare di quel testo.. Si, la MN fa rientrare dalla finestra ciò che è stato fatto uscire dalla porta(!): la relazione e il tempo di cura dei pazienti e dei curanti. Un proposito di reintegrazione di ciò che era in origine nella Medicina. Ma anche nei più ampi orizzonti che sottolinei, essa riunisce i fili della riflessione letteraria ed artistica nella cura in molteplici contesti..