The 22nd Conference of the International Society for Psychological and Social Approaches to Psychosis and The 1st International Festival of Arts Therapies for Psychosis.
Arrivare a Perugia (nonostante la guida faticosa sulle nostre autostrade) è stato vivificante. La città sorprende sempre per la sua bellezza e per la posizione così come si sviluppa in altezza producendo panorami spettacolari e suggestivi che in questa occasione mi hanno particolarmente commosso.
Con Simonetta Porazzo, mia compagna di viaggio, abbiamo alloggiato in un albergo che forse meriterebbe una ristrutturazione, ma ubicato in un edificio storico (ospitò Wagner) ,“Villa Gnoni Mavarelli”, con una terrazza dalla vista straordinaria sulla Rocca Paolina. Alla reception un giovane ci ha accolto con ospitalità e gentilezza, dopo di che ci siamo incamminate alla volta della sede congressuale: l’ Abazia di S.Pietro! Lì ha avuto inizio un’esperienza anche paesaggistica legata alla nostra storia e cultura che avevo immaginato e che aveva ulteriormente sostenuto la scelta di partecipare a Co-Constructing Healing Spaces, abbandonando per qualche giornata i lavori del Concorso Pianistico curato dall’associazione che presiedo, in corso a Finale Ligure.
La presenza perciò limitata ai primi giorni della conferenza mi ha dato tuttavia dato modo di cogliere alcuni aspetti e l’atmosfera facendone esperienza.
Vorrei raccontare appunto un vissuto condiviso col quale mi pare di essere entrata in risonanza. Il senso di appartenenza a una comunità scientifica che, con i suoi limiti e i suoi confini , procede impegnata su una strada, oggi particolarmente difficile, che ha prospettive irrinunciabili per la creatività generativa umana.
La stessa realizzazione dell’evento , gravato nella preparazione dalle problematiche sanitarie, ribadiva l’importanza di riprendere le fila della storia della Psichiatria italiana alla base delle possibilità concrete che abbiamo avuto di traghettare nelle pratiche quotidiane della cura e dell’assistenza la dimensione umana, ovvero riportare nella Comunità, nella realtà della vita, le capacità e le esigenze relazionali delle persone sofferenti di psicosi , nella consapevolezza della esistenza di ulteriori possibilità esistenziali. In altre parole prendere atto del fatto che “nessuno ha un destino già scritto, in opposizione alla chiusura e all’esclusione e alla custodia”, la svolta che, 50 anni orsono, in Italia, a Perugia ha rappresentato il superamento dell’irrazionale carcerazione di persone malate. Far crescere questa consapevolezza proprio attraverso e nella Comunità appariva nel discorso introduttivo di Maurizio Peciccia insieme alla riconoscenza per i pionieri dell’apertura di tali percorsi e alla storia di ISPS, cito solo Gaetano Benedetti.
Questo soprattutto a mio avviso hanno espresso i lavori la mattina del 31 agosto nella Sessione Plenaria (significativamente condotta dal presidente della Società Psicoanalitica Italiana) e complessivamente nella preconferenza dove ha trovato spazio, rispetto alle esperienze regionali ,una sorta di coro, con voci diverse , anche dissonanti che ho colto per quanto esprimeva della condizione di sofferenza di molti operatori della psichiatria a fronte della precarietà di traguardi, già considerati stabili acquisizioni ,messi in crisi come è accaduto per molte certezze negli ultimi tempi. Un disagio che nella tavola rotonda, ben condotta da Livia Buratta, si è espresso anche in temini bellici per dar conto del pathos! Problema di estrema importanza che ha il vantaggio di mettere sullo stesso piano curanti e curati cosi come in generale sta evolvendo quella linea che riteniamo la migliore pratica, sempre più orientata sulla condivisione, sviluppando, quanto spesso ribadito in via teorica, cioè che l’organizzazione nasce dalla clinica così come l’esigenza di apprendimeno e formazione. Questo aspetto soprattutto ha avuto occasione di rimarcare Giovanni Giusto relatore nella tavola rotonda valorizzando la specificità ligure anche per i livelli di qualità che mantiene.
Vorrei anche dire qualcosa della cerimonia di inaugurazione al Museo Archeologico dell’Umbria una sede in cui la caratteristica della città di aprirsi in prospettive sorprendenti mi appariva in tutto il suo splendore , riverberata negli occhi dei colleghi stranieri verso i quali provavo riconoscenza del comune amore per la bellezza….che mi consolava delle mie scarse capacità linguistiche e mi ha aiutato a coglierne l’entusiasmo oltre che al carisma della rilevanza internazionale degli studiosi presenti.
Rispetto alla parte artistica e seminariale desidero proporvi il mio commento e riflessione sulla partecipazione del gruppo Redancia nel prossimo articolo per dare più spazio ad altri temi che qui di seguito si affollerebbero.
Mi pare buona l’occasione per un sentitissimo grazie a Maurizio Peciccia l’ospite e l’anima di Co-Constructing Healing Spaces.
La sintesi di Caterina Vecchiato permette di rivivere in poche battute una grande esperienza di psichiatria mondiale, una buona rete dove il filo sono le relazioni e lo sguardo, non le tecniche e l’osservazione.