Vaso di Pandora

Il metodo della Psicoanalisi dei gruppi multifamiliari

Seminario online  –  23 ottobre 2021 (9.00-13.00)

Razionale

I gruppi multifamiliari consistono in riunioni di intere famiglie, che coinvolgono i pazienti e diverse generazioni dei loro familiari – insieme agli operatori che di essi si prendono cura – in incontri e conversazioni di lavoro con il coordinamento di uno o più professionisti formati specificamente in questo metodo. Il dispositivo, che trae origine da un’integrazione tra l’approccio psico-analitico e quello sistemico e che si rivolge contemporaneamente all’individuo, al gruppo e all’istituzione, permette, grazie alla sua ampia applicabilità ai diversi contesti di cura, un’ottimizzazione delle risorse, una più adeguata ed efficace risposta al disagio psicologico da parte degli operatori e dei servizi, e la cooperazione di tutte le professionalità (psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi, educatori professionali, assistenti sociali, infermieri, ecc.) che gravitano intorno a situazioni multi-problematiche degli individui e delle famiglie. Inoltre esso può reclutare agli obiettivi della cura e della riabilitazione anche le risorse co-terapeutiche presenti nei pazienti stessi e nei loro familiari.

I gruppi multifamiliari sono nati negli anni ’60 in Argentina, su iniziativa dello psichiatra e psicoanalista Jorge Garcìa Badaracco, per poi diffondersi in vari altri Paesi e da una ventina d’anni anche in Italia, grazie ad Andrea Narracci, anch’egli psichiatra e psicoanalista, ed al gruppo di professionisti che con lui hanno costituito il Laboratorio Italiano di Psicoanalisi Multifamiliare (LIPsiM).  

Sponsorship

IL NODO group  –  Laboratorio Italiano di Psicoanalisi MultiFamiliare (LIPsiM)

Patrocinio (e persona di riferimento)

  • Centro Torinese di Psicoanalisi (Massimo Vigna-Taglianti)
  • Centro Psicoanalitico di Genova (Maria Pia Conte)
  • Gruppo Redancia, Varazze SV (Milena Meistro)
  • Fondazione Rosa dei Venti onlus, Como (Luca Mingarelli)
  • Associazione Lotta contro le Malattie Mentali onlus (Barbara Bosi)
  • Di.A.Psi Piemonte  – Ass. Difesa Ammalati Psichici (Graziella Gozzellino)
  • Associazione Arcobaleno, Torino (Vittoriano Mega)

Programma

8,30-9  Registrazione partecipanti e invio link e passcode d’accesso

SEMINARIO  (Moderatore: Mario Perini)

9 – 9,20  Apertura da parte di rappresentanti del Nodo (Erica Gay) e del LIPsiM (Claudia Tardugno)

9,20 – 9,40  Presentazione del volume di Andrea Narracci “Da oggetto di intervento a soggetto della propria trasformazione” (Andrea Narracci)

9,40 – 10  Presentazione del metodo dei GMF (Claudia Tardugno)

10 – 11  Domande e discussione

11 – 11,15  Pausa

11,15 – 12,30 Testimonianze (persone, professionisti e istituzioni che hanno utilizzato il metodo dei GMF in modi e contesti differenti o che pongono dubbi e problemi) (moderano Fiorella Ceppi e Mario Perini)

12,30 – 13  Discussione e chiusura

Testimonianze:   (5-10’ ciascuna)

– Maria Edith Granel (LIPsiM – Torino, Buenos Aires)

– Francesca Viola Borgogno (Centro Torinese di Psicoanalisi – LIPsiM Torino)

– Fanny Guglielmucci (Università di Torino)

– Luca Mingarelli e Monica Cavicchioli (Il Nodo group – Rosa dei Venti, Como)

– Raffaele Barone (DSM ASP 3 Catania)

– Milena Meistro (Gruppo Redancia, Varazze SV)

– Maria Luisa Rainer (Psiche Lombardia, Milano)

Destinatari:

  • Soci del Nodo e di LIPsiM
  • Membri di Società di Psicoanalisi o di Gruppo-analisi
  • Direttori di Dipartimenti di Salute Mentale, responsabili SC psichiatria, operatori socio-sanitari e della residenzialità ecc.)
  • Esponenti di associazioni di pazienti e familiari
  • Persone interessate

Partecipazione

Il Seminario si svolgerà su piattaforma Zoom fornita e gestita da LIPsiM

L’iscrizione è gratuita e avviene utilizzando il seguente indirizzo email:

gmf@ilnodogroup.it

L’evento avrà caratura inter-regionale (Piemonte, Liguria, Lombardia), ma svolgendosi in remoto potrà accogliere anche persone residenti in altre zone d’Italia.

Non ci sono limiti alle iscrizioni ma il Seminario non dovrebbe superare le 70-80 presenze. L’accesso, ottenuto attraverso un link, sarà regolato da un Passcode che verrà comunicato solo alle persone registrate.

PSICOANALISI DEI GRUPPI MULTIFAMILIARI

I gruppi multifamiliari consistono in riunioni di intere famiglie, che coinvolgono i pazienti e diverse generazioni dei loro familiari – insieme agli operatori che di essi si prendono cura – in incontri e conversazioni di lavoro con il coordinamento di uno o più professionisti formati specificamente in questo metodo. Il dispositivo, che trae origine da un’integrazione tra l’approccio gruppo-analitico e quello sistemico e che si rivolge contemporaneamente all’individuo, al gruppo e all’istituzione, permette, grazie alla sua ampia applicabilità ai diversi contesti di cura, un’ottimizzazione delle risorse, una più adeguata ed efficace risposta al disagio psicologico da parte degli operatori e dei servizi, e la cooperazione di tutte le professionalità (psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi, educatori professionali, assistenti sociali, infermieri, ecc.) che gravitano intorno a situazioni multi-problematiche degli individui e delle famiglie. Inoltre esso può reclutare agli obiettivi della cura e della riabilitazione anche le risorse co-terapeutiche presenti nei pazienti stessi e nei loro familiari.

I gruppi multifamiliari sono nati negli anni ’60 in Argentina, su iniziativa dello psichiatra e psicoanalista Jorge Garcìa Badaracco, per poi diffondersi in vari altri Paesi e da una quindicina d’anni anche in Italia. Si tratta di una forma di intervento clinico e psico-sociale che si inserisce nell’ambito dei grandi cambiamenti avvenuti a seguito dell’entrata in vigore della legge 180, della chiusura dei manicomi e dello spostamento della centralità delle cure dall’istituzione al territorio. Lavorando nei nuovi servizi di salute mentale e collocando il fulcro dell’intervento terapeutico-riabilitativo sempre più all’interno del tessuto sociale e del contesto familiare, gli operatori hanno riconosciuto la necessità di integrare tra loro approcci professionali e interventi diversi (individuale, familiare, di gruppo), nella convinzione, ormai largamente convalidata dall’esperienza, che la cura e la riabilitazione dei pazienti di area psicotica non possa prescindere dalla cura e dalla gestione delle complesse dinamiche familiari, che rappresentano molto frequentemente un groviglio di legami sofferenti e di gabbie comunicative all’interno delle quali sono imprigionati tutti i componenti del nucleo familiare e viene a generarsi lo stigma.

          Il metodo dei gruppi multifamiliari postula che in ognuno dei soggetti che sono intrappolati in queste interdipendenze malate – pazienti, familiari e a volte gli operatori stessi – sia presente una “virtualità sana” che può essere mobilizzata in gruppo come risorsa fondamentale per la cura in una micro-società che si dia come compito quello di permettere ai suoi membri di osservarsi dall’esterno e di portare lo “sguardo degli altri” su ciò che accade all’interno di relazioni da tempo irrigidite in ripetizioni, stereotipi e pregiudizi. Attraverso questo processo di “rispecchiamento” reciproco il gruppo giunge a formulare un pensiero che si alimenta con i contributi di ognuno dei suoi membri, come una sorta di “mente allargata“, e di impiegarlo per elaborare strategie e decisioni ragionevoli e condivise.

In questo nuovo contesto, la terapia individuale, la terapia di gruppo e la terapia familiare si presentano come un “insieme articolabile”, sono complementari e si integrano in un processo terapeutico che ogni partecipante può strutturare a suo modo, coerentemente con l’idea che a partire da quella “virtualità sana” che è inerente a ogni essere umano ognuno può sviluppare risorse nuove dell’Io per affrontare meglio le difficoltà della vita di relazione.

In genere si ritiene che il GPMF prenda origine dalla combinazione della terapia di gruppo con la terapia della famiglia, e così viene presentato nella maggior parte delle esperienze multifamiliari. In questo senso, la psicoanalisi multifamiliare è una concezione terapeutica nuova, un modo nuovo di pensare la psichiatria, la psicoanalisi e le varie forme di psicoterapia. Il contesto del gruppo multifamiliare permette ai partecipanti di fare esperienze terapeutiche arricchenti, che possono essere complementari a qualsiasi altra forma di terapia; ciascun partecipante potrà sviluppare risorse nuove, in particolare risorse emozionali riferite ai suoi vissuti attuali, e sarà in condizioni migliori per gestire i conflitti che vive con gli altri e quelli che ha vissuto e vive con se stesso, che, come si vedrà, hanno a che fare con la “presenza degli altri in noi stessi”.

Il gruppo multifamiliare in ultima analisi non è tanto una terapia che si aggiunge alle altre, ma un contesto di cura e di apprendimento psico-sociale nel quale le persone possono fare esperienze arricchenti che le mettono in grado di utilizzare nel modo migliore, e contemporaneamente, qualsiasi altra forma di terapia; può dunque costituire di per sé un intervento terapeutico, ma può anche  integrare vantaggiosamente le altre terapie che la persona sta portando avanti, di tipo farmacologico, psicoterapeutico e socio-riabilitativo.

La prima risorsa nuova che la persona che ha bisogno di aiuto incontra nel GPMF è la possibilità di contare su delle persone che, avendo già fatto esperienza dello stesso trattamento, sono disponibili ad ascoltare e a donare la loro solidarietà alla persona che oggi ha bisogno di esprimersi nel gruppo. Qui, il paziente ha la possibilità di farlo davanti ai familiari con i quali convive e con i quali, però, non si è mai sentito di parlare sinceramente, perché si ha sempre avuto l’impressione di essere guardato soltanto come un “malato”; qui può farlo perché sente di poter contare sul sostegno degli altri al suo Io debilitato.

          Spesso fa un certo effetto vedere che persone considerate “molto malate” dai loro familiari sono viste dagli altri come molto meno malate; inoltre, molti vedono in loro degli aspetti sani che i familiari sembrano non vedere. Nel GPMF è dunque possibile vedere in azione non soltanto i meccanismi relazionali inconsci che hanno generato l’infermità mentale, ma anche quelli che la mantengono viva nell’attualità, ripetendo all’infinito quello che accadde alla sua origine.

          Dato che quella che chiamiamo pazzia ha a che fare con le “interdipendenze patologiche e patogene”, fenomeni complessi che danno origine all’infermità mentale, la possibilità di osservarle in azione ci permette di introdurci in questa dinamica per apportare risorse psicologiche che permettano a ciascuno di disarmare e neutralizzare il proprio potere patogeno.

          Si osserva comunemente una tendenza a squalificare il malato mentale, in seno alla sua famiglia, ma talvolta nella società in generale. È compito del conduttore del gruppo far rispettare tutti i partecipanti. Se tutti ascoltano con rispetto colui che parla, si genera un clima che è difficile incontrare nei normali contesti delle conversazioni, dove è forte la tendenza a pretendere di avere ragione nelle conversazioni e a non ascoltarsi con reciproco rispetto. È anche per questo che molti non riescono a scoprire le “parti sane” dei malati. Il contesto multifamiliare è il più appropriato per scoprire chi è la persona che parla.

          Tutti i presenti possono apportare un contributo valido. E a volte i pazienti e i loro familiari possono fornire risorse migliori di quelle fornite dai professionisti stessi. Il conduttore del gruppo avrà il compito di individuare i contributi più validi e di metterli in evidenza in modo che possano essere utilizzati da tutti.

          Fondamentalmente, i partecipanti al gruppo ricevono un aiuto dai contributi degli altri pazienti, dei familiari e degli operatori, che imparano a collaborare attraverso idee che hanno a che vedere con l’“ampliamento della mente” di ognuno, nel senso di poter pensare insieme quello che non era stato possibile pensare ognuno da solo.

          Questa maniera di lavorare terapeuticamente è qualcosa di molto nuovo dal punto di vista psicologico, perché siamo abituati a considerare terapeutico il “rendere conscio l’inconscio”. Il lavoro che si svolge nel GPMF mira certamente a rendere conscio l’inconscio, ma non accade solo questo: nel GPMF ogni partecipante può vedere attraverso gli altri quello che in precedenza non era riuscito a vedere dentro se stesso e, con l’aiuto degli altri, può “disarmare” il potere patogeno della trama di interdipendenze reciproche che lo tengono prigioniero di modi così dolorosi di vivere le relazioni affettive.

Un altro punto importante – un aspetto specifico che ha a che fare con l’identità della psicoanalisi multifamiliare rispetto alle altre terapie multifamiliari – è che nella psicoanalisi multifamiliare esiste una maggiore possibilità di crescita mentale e psico-emozionale di ciascuno dei partecipanti – i pazienti, i familiari, gli operatori – grazie allo sviluppo di risorse psicologiche nuove. 

In più occasioni abbiamo posto l’accento sui fenomeni associati al rispetto e al “rispecchiamento” come manifestazioni di un’“empatia” necessaria per avvicinare la sofferenza dei malati e delle loro famiglie, ma un’empatia creativa e in grado di curare, di riuscire a contrastare la simbiosi patologica che è alla base della malattia, generatrice di angoscia, di fraintendimenti e di un altissimo livello di tensione che impedisce di pensare e di riflettere sulla storia che ha condotto a una tale disgregazione emozionale.

Le metafore, di uso così frequente nel GPMF, sono un modo di verificare la teoria attraverso il lavoro clinico (o di “falsificare” le ipotesi, nel senso di Karl Popper) e risultano essere strumenti utili non solo per facilitare i futuri lettori nella comprensione delle nostre trattazioni, ma anche come modi di vedere nuovi e operativamente validi, che possono essere inclusi nella teoria proprio perché, nel GPMF, si sono rivelati utili per facilitare il “poter pensare” di tutti i partecipanti.

          Menzioniamo qui un’importante caratteristica della psicoanalisi multifamiliare, la reversibilità di contesto e teoria, nel senso che il gruppo funziona come un laboratorio che attualizza e “corregge” (nei tempi e nelle circostanze propri di questo gruppo in particolare) l’interdipendenza reciproca tra  il gruppo (inteso come laboratorio)  e la teoria (intesa come una virtualità che rende possibili delle articolazioni): un’interdipendenza reciproca  creativa che rende possibili e può arricchire i processi terapeutici personali, familiari, gruppali, professionali e istituzionali.

          Rispetto a questo ultimo punto, è necessario precisare che l’introduzione del GPMF nella comunità terapeutica  non ha significato soltanto un apporto in più, ma ha ri-significato, cioè ha dato un senso diverso a tutte le risorse disponibili, restituendo loro la capacità di articolarsi reciprocamente, facilitando un modo di lavorare condiviso che rischiava di scomparire dopo l’avvento della “specializzazione” e offrendolo come uno strumento istituzionale valido – un “meta-strumento” – che ha consentito di risolvere momenti di impasse di svariata natura, terapeutici e istituzionali.

          Le trascrizioni dei gruppi documentano molte di queste caratteristiche, così come la scoperta, da parte di équipes sempre più composite, composte da professionisti, esperti o in formazione, di diverso orientamento  – psicoanalisti freudiani, iunghiani, bioniani, winnicottiani, psicoterapeuti sistemici -, che le diverse maniere di lavorare in psicoterapia, apparentemente divergenti e “personali” (con le interminabili controversie e scissioni a esse associate), possono articolarsi tra loro nel “contesto di sicurezza” offerto dalla psicoanalisi multifamiliare senza perdere le rispettive identità, ma invece arricchendosi reciprocamente in un’identità di ordine superiore, il che ha consentito di “comprovare la realtà” sempre complessa della malattia mentale e di fondare uno spazio di cura possibile per tutti i partecipanti.

          Un’altra caratteristica della psicoanalisi multifamiliare che la distingue da altre forme di terapia multifamiliare è la possibilità di vedere in azione i “transfertmultipli”, la possibilità di constatare l’importanza di quelle che chiamiamo “le presenze che fanno impazzire” nella mente degli altri e l’utilità di pensare nei termini di ciò che definiamo la presenza universale degli “altri in noi”, al fine di comprendere questa componente poco studiata nella psichiatria e nella psicoanalisi.

          Da questa maniera di vedere le cose, che risulta molto più difficile mettere in evidenza in altri contesti, deriva l’importanza di poter lavorare in profondità sui processi di disidentificazione dalle identificazioni patogene, che hanno costituito uno degli elementi dell’infermità mentale. E questo apre la strada all’emergere del vero Sé, cioè quella che chiamiamo la “virtualità sana”, che nei malati era rimasta prigioniera nella trama della patogenesi.

          In questo senso, il contesto della psicoanalisi multifamiliare permette anche di intervenire in maniera adeguata in uno dei momenti più difficili, quando, dopo che nel paziente si è prodotto un miglioramento significativo, i genitori non riescono a rendersi conto che una piccola ricaduta non significa che “la malattia sta tornando”, ma può trattarsi di una regressione momentanea perché il figlio sta affrontando situazioni nuove per le quali non è ancora pronto. Il contesto della psicoanalisi multifamiliare offre la maggior sicurezza possibile per poter rivivere le situazioni traumatiche ed elaborarle adeguatamente.

          Infine, va ricordata la capacità del contesto multifamiliare di contenere ed elaborare la violenza nelle diverse forme in cui si presenta. Questa capacità è sommamente importante nella pratica clinica, perché spesso la violenza rende impossibile l’intervento terapeutico sia nel setting individuale che nella terapia della famiglia nucleare.

          A questo punto, ci sembra necessario ribadire che l’“identità” della psicoanalisi multifamiliare consiste nel mettere in relazione tutti gli elementi utili al processo terapeutico di ciascun paziente, e inoltre nell’articolare ogni elemento in una teoria unificata che permetta di ridisegnare i rapporti tra la psicoanalisi, la psichiatria e le diverse forme di psicoterapia.

L’esperienza pionieristica che ormai da un decennio si sta conducendo in vari servizi di salute mentale – prima di tutto a Roma ma anche a Milano, a Torino, in Sicilia e in altre parti d’Italia – ha introdotto il gruppo multifamiliare praticamente in tutti gli spazi di cura e di assistenza in cui si articola un DSM, dalle comunità terapeutiche ai centri di salute mentale, dai centri diurni alle case famiglia, dai gruppi appartamento ai Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, vedendone confermata l’utilità come strumento terapeutico e riabilitativo e anche come occasione di crescita personale condivisa di tutti gli attori in gioco, pazienti, familiari e operatori delle varie professioni, sanitarie, psicologiche e socio-educative.

Le applicazioni del gruppo multifamiliare del resto si sono gradualmente estese anche oltre il perimetro dei servizi di salute mentale, coinvolgendo la giustizia minorile (gruppi con le famiglie di minori autori di reato, a Roma e a Napoli), gli interventi a sostegno della disabilità, l’alcoolismo e le dipendenze patologiche, gli adolescenti e le famiglie multiproblematiche (in Sicilia), le famiglie fragili e i soggetti marginali, la scuola e persino gli eventi traumatici collettivi (come il supporto alla popolazione di Casale Monferrato dopo la vicenda dell’Eternit e dei mesoteliomi). Dopo cinquanta anni di pratica, iniziata in contesti istituzionali, la psicoanalisi multifamiliare si è dunque resa indipendente dalle istituzioni, e può essere applicata in qualsiasi ampio gruppo di persone riunite a costituire una mini-società. In questo senso i GPMF funzionano in ambiti scolastici, giudiziari, istituzionali e comunitari, fornendo soluzioni valide a situazioni di fraintendimento e a controversie di vario genere, ogni volta che altri modi di concepire la discussione, sul tipo dell’“assemblea”, non permettono ai partecipanti di superare la trappola di “pretendere di avere ragione” a proposito dei problemi affrontati.

La letteratura sull’argomento è ormai ampia e conosciuta. Tra tutte le voci bibliografiche disponibili possiamo limitarci a menzionare il libro “La psicoanalisi multifamiliare in Italia” di Jorge García Badaracco e Andrea Narracci (Antigone, 2011).

BIBLIOGRAFIA

La comunità terapeutica psicoanalitica a struttura multifamiliare. J. Garcia Badaracco – F. Angeli, 1997

La Psicoanalisi Multifamiliare. Gli altri in noi e la scoperta di noi stessi. J. Garcia Badaracco – Bollati Boringhieri, 2004

“Identificazioni alienanti, patogene e/o che fanno impazzire” J. Garcia Badaracco – Interazioni, 22. F. Angeli, 2004

“La virtualità sana nella psicosi”. J. Garcia Badaracco – Interazioni, 28. F. Angeli, 2007

La Psicoanalisi Multifamiliare in Italia J. Garcia Badaracco, A. Narracci – Antigone, 2010

“I gruppi di psicoanalisi multifamiliare”. F. Ceppi, S. Loi, A. Narracci, F. Russo – In C.Neri, R.Patalano e P.Salemme (a c.) Fare Gruppo nelle Istituzioni. F. Angeli, 2014.

Psicoanalisi Multifamiliare come esperanto A. Narracci – Antigone, 2015

Tra il dire e il fare. Esercizi di Psicoanalisi Multifamiliare A cura di A. Narracci e F. Russo – Il vaso di Pandora, 2017

“La Psicoanalisi Multifamiliare e il cambiamento: istituzioni, operatori, persone”. A Cura di A. Narracci – Interazioni. Franco Angeli, 2/2017

Teoria e pratica dei gruppi multifamiliari dal punto di vista della psicoanalisi integrativa E. Mandelbaum – Nicomp, 2017

Giornate Romane di Psicoanalisi Multifamiliare A Cura di F. Ceppi, C. Tardugno, A. Narracci, F.Russo, L. De Franco  – Funzione Gamma, n.41, 2018

Da oggetto di intervento a soggetto della propria trasformazione. A. Narracci – Bruno Mondadori, 2021.

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