Normopatia: Siamo in un tempo che pare alla ricerca di capire comportamenti apparentemente inspiegabili. Nell’ambito giudiziario si coglie come reati contro la persona siano solo in parte sostenuti da motivazioni criminali, economiche o di potere. In particolare i reati di genere, intrafamiliari e sentimentali sembrano connessi a relazioni “tossiche” perpetrati da persone imputabili.
A partire dagli anni 40[1] si sono fatti strada i concetti di personalità narcisista e di psicopatia. È stata proposta la “Dark Triad” o triade oscura cioè un costrutto che identifica alcuni tratti di personalità non necessariamente patologici, derivante da una miscela di narcisismo, machiavellismo e psicopatia. Il male viene dall’individualismo estremo, dalla mancanza di empatia, dalla freddezza verso l’altro, disprezzo delle norme, rispetto alle quali si è superiori.
Un’altra via per cercare di comprendere quanto sta avvenendo è quella che ha portato a coniare il termine normopatia (Joyce McDougall)[2].
Un’identità concentrata solo sull’esterno e fortemente attratta da quello che accade nelle immediate vicinanze (amici, comunità, social network…) ai fini di un iperadattamento conformistico caratterizzato da una superficiale e apparente adesione sociale che spesso porta a creare un “falso sé” (Winnicott) e all’anomia. Si realizza una crisi della presenza, un’alienazione cioè una perdita del senso della persona proprio in rapporto all’appiattimento rispetto alle attese della comunità.
La normopatia secondo Christopher Bollas
Al fine di spiegare il determinarsi della normopatia, Christopher Bollas[3] ritiene cruciale il “cambiamento del clima intellettuale” in base al quale l’importanza attribuita alla connettività istantanea ha soppiantato riflessività e introspezione trasformando il modo in cui definiamo il nostro Sé.
In questa cornice si sviluppa la normopatia. Si tratta di persone che non hanno lavorato sulla conoscenza di sé e sembrano aderire piuttosto che adattarsi alla situazione sociale e ad una certa idea di normalità.
Una situazione che può anche essere quella più abnorme come dimostra Hanna Arendt ne “La banalità del male”. Essere come gli altri, aderire a ciò che è “normale” e prevedibile, alla routine dominante è rassicurante, crea un apparente equilibrio psicologico e una certa tranquillità.
In questo hanno un ruolo crescente e ancora non del tutto conosciuto, le nuove tecnologie che stanno cambiando il nostro modo di vivere, il funzionamento mentale, le relazioni e persino le personalità. Quello che vediamo sullo schermo di un telefono cellulare o di un computer acquista, d’un tratto, un potere immenso. Connessi eppure distanti, reale e immateriale sono entrambi veri, e l’esame di realtà sta più nel cogliere le conseguenze delle azioni che nella distinzione tra interno ed esterno condiviso.
Cos’è la normopatia
La normopatia consiste nel diniego del mondo interno per conformarsi a quello esterno nel quale si trova un’idea di normalità e di sicurezza. A volte alimentata attraverso la cultura della paura.
Ed è proprio nell’inseguire questo obiettivo mai pienamente e stabilmente raggiungibile che viene a determinarsi una sofferenza (normo patia), un disagio a sua volta è rapidamente represso per cercare di ritrovare un equilibrio. Una conformazione che si può avere anche nei migranti nei quali mondo interno e storia vengono azzerati in favore di un’accettazione sociale.
Questo meccanismo può venire significativamente turbato da eventi esterni, relazionali o interni (es. malattie, gravidanze, relazioni sentimentali) specie se l’inevitabile, l’imprevisto e l’inatteso alterano la routine e la sicurezza. La capacità di far fronte alla nuova situazione è fortemente compromessa, la persona non può essere in grado di rispondervi in modo adeguato e la sofferenza non elaborata può portare a rischi di agiti anche gravi.
Questo avviene in persone con funzioni cognitive conservate ma è a livello inconscio, che viene a crearsi un vissuto di vuoto esistenziale fino all’assenza di conoscenza di sé e all’alessitimia.
L’alessitimia grave non costruisce una neorealtà come nella persona psicotica, si limita a togliere valore e significato ai vissuti e alle relazioni alle quali la persona aderisce superficialmente ma la sua sintonizzazione e autoregolazione è solo esterna, cioè apparente.
Il diniego porta ad un analfabetismo emotivo e all’incapacità di affrontare la frustrazione, la delusione, il fallimento spesso in una famiglia o di una comunità psicologicamente cieca che insegue solo la routine.
Costruire un concetto di sé equilibrato
Solo se approda ad una richiesta di aiuto può iniziare un viaggio nel mondo interno e cogliere i vissuti, le emozioni, valori e identità. Per costruire un più equilibrato concetto di sé all’interno della società, è indispensabile un percorso psicoterapico.
Se ogni sintomo è anche difesa, un tentativo di guarigione e l’espressione di qualcosa di sociale occorre riconoscere che “soddisfare gli attuali criteri della normalità significa, per molti versi, conformarsi a richieste profondamente anormali rispetto alle esigenze della nostra natura, dunque malsane e dannose sul piano fisiologico, mentale e persino spirituale”.[4]
Erich Fromm scrive: “Il fatto che oggi l’uomo sia così impaurito è connesso con la sua alienazione con il fatto che non esiste più alcun collante della società e che gli uomini sono ormai ridotti in atomi e profondamente annoiati della vita che non sembra possedere alcun senso.” [5] Siamo passati dall’uomo della colpa, dell’angoscia a quello narcisista, individualista. Stiamo andando verso psicopatia e normopatia? Due modi diversi di perdita di contatto con i mondi interiori senza apparenti compromissioni delle capacità cognitive e campanelli di allarme per l’intera comunità?
[1] Cleckley H.M. (1941) The Mask of Sanity : An Attempt to Reinterpret the So-Called Psychopathic Personality, 5th Edition, revised 1984, PDF file download
[2] McDougall J. Plea for a Measure of Anormality, Taylor e Francis 1978
[3] Bollas C. L’età dello smarrimento. Melanconia e senso. Cortina Ed. 2018
[4] Maté G. Maté D. Il mito della normalità. Trauma, malattia e guarigione in una cultura tossica. Astrolabio, 2023
[5] Fromm E. (1962) I cosiddetti sani. La patologia della normalità. Mimesis, 2023
Articolo interessantissimo, mi fa venire in mente quello che diceva Carl Gustav Jung a proposito dell’aspetto che lui definiva” Persona”, prendendo in prestito il nome che avevano le maschere nel teatro greco per rappresentare i personaggi , ovvero quell’aspetto di adattamento alla morale collettiva che è funzionale in quanto ci permette di coesistere con i nostri simili, ma che se inflazionato toglie all’uomo qualsiasi capacità di individuazione, ovvero di relazione con il sé. Egli faceva l’esempio di Hitler, un uomo che incarnava totalmente una certa ombra collettiva ma che a suo parere era spaventosamente privo di personalità individuale. Parlando di psicopatia quindi , quale migliore esempio?