Paolo Sorrentino, con il suo nuovo film Parthenope, riprende le atmosfere nostalgiche di una Napoli che, pur lasciata alle spalle, continua a pulsare nei ricordi e nei sogni. Ambientato in una città che diventa personaggio a sé, Parthenope racconta la storia di una giovane donna nata dalle acque, un’icona di bellezza e seduzione che incarna l’essenza della sirena, simbolo fondante della Napoli mitologica.
Parthenope rappresenta il punto di incontro tra storia e leggenda, tra il sacro e il profano, avvicinando lo spettatore a una Napoli che è insieme ricordo e realtà, dove ogni vicolo e ogni spiaggia raccontano storie mai dimenticate.
La protagonista, a metà tra sogno e mitologia, incarna quella nostalgia e quell’attrazione fatale verso una città che non lascia mai davvero andare chi vi è nato.
Il ritorno al passato: l’eredità di una Napoli sospesa nel tempo
Parthenope continua il viaggio di Sorrentino verso le sue radici, lasciato in sospeso con È stata la mano di Dio. La città diventa il perno centrale della narrazione, un luogo che trattiene ricordi, emozioni e un’identità che nessuna distanza può cancellare.
Napoli è ritratta come una città sospesa tra passato e presente, custode di segreti e leggende, e Parthenope ne è l’interprete più autentica. In ogni scena, si avverte un ritorno malinconico a quelle strade e a quei quartieri che il regista conosce bene, dove tutto ha un sapore intenso e vissuto, tra storia e mito. È in questo ritorno alle origini che il film trova la sua potenza, riuscendo a trasmettere un amore profondo e controverso, una nostalgia vibrante e mai pacata.
Un viaggio tra amore e disperazione
La storia di Parthenope si snoda tra amori perduti, incontri appassionati e momenti di dolorosa introspezione. La protagonista è una figura complessa che riflette la città stessa. Attraverso Sandrino, alter ego del regista, riviviamo l’amore idealizzato e struggente di chi vede Napoli come un rifugio e un tormento.
L’incontro tra Sandrino e Parthenope durante una perfetta estate giovanile rappresenta un legame intimo e nostalgico, dove i personaggi diventano il riflesso di una città che, pur dando tutto, finisce per lasciare un senso di perdita. Sorrentino disegna con maestria questi sentimenti, trasmettendo il peso e la bellezza dell’amore per Napoli, un amore che porta con sé le sue gioie e i suoi dolori.
Le canzoni: voce della nostalgia e della seduzione
Un elemento portante del film è la colonna sonora, che dà voce alle emozioni dei protagonisti. Dai classici di Cocciante e Gino Paoli alla musica di Enzo Avitabile, ogni brano amplifica il senso di appartenenza e di malinconia.
La scelta delle canzoni non è mai casuale: rispecchia la stessa natura imprevedibile e affascinante di Napoli. I suoni di queste melodie raccontano di una città che si offre senza mai permettere di essere completamente afferrata, rendendo Parthenope una sirena che seduce e inganna con la sua bellezza cruda e irresistibile. La musica, qui, diventa quindi la vera voce di Napoli, un richiamo che intreccia parole e suoni, emozioni e immagini.
La fotografia di Daria D’Antonio: un ritratto vibrante di Napoli
La fotografia del film, affidata a Daria D’Antonio, contribuisce a rendere ogni scena un quadro indimenticabile, dove luce e ombra danzano insieme, esaltando le sfumature e le contraddizioni di Napoli. Le strade strette, le piazze affollate e gli scorci di mare restituiscono un’immagine di Napoli potente e autentica, che riflette la passione e la vitalità dei suoi abitanti.
Ogni inquadratura diventa un omaggio alla città, che emerge non solo come sfondo ma come anima pulsante, presente e viva. La D’Antonio riesce a catturare la luce azzurra di una Napoli dove bellezza e desolazione convivono, creando una sorta di caleidoscopio di emozioni che raccontano la città con una delicatezza e una profondità rare.
Tra mito e realtà: Parthenope e il mistero di Napoli
Napoli, con le sue storie e le sue contraddizioni, è la vera protagonista del film. Parthenope si aggira tra le strade come un’anima in cerca di pace, una sirena che porta con sé il peso del passato e il fascino del mistero.
Il colera degli anni Settanta, le credenze popolari, i riti religiosi e le tradizioni si intrecciano in una narrazione che oscilla tra la realtà storica e il mito. Sorrentino riporta alla luce una Napoli che affascina e confonde, dove ogni dettaglio racchiude un pezzo di storia e di anima. È questa commistione di sacro e profano, di miseria e nobiltà, che rende Parthenope un simbolo della città stessa, eterna e in continua metamorfosi.
Un’ode alla bellezza imperfetta di Napoli
Con Parthenope, Sorrentino omaggia Napoli nella sua imperfezione e nella sua forza. Il film si muove come una poesia visiva, un percorso che celebra e al tempo stesso esamina, con occhi innamorati e disincantati, una città che vive nel cuore di chi l’ha conosciuta e amata. In questo viaggio, il regista dona al pubblico uno sguardo intimo e complesso su una Napoli che, pur nei suoi contrasti, continua a brillare.
Nel costruire il personaggio di Parthenope, il regista si lascia ispirare dalla stessa tensione tra seduzione e disperazione che aveva caratterizzato La grande bellezza, mantenendo quella carica ammaliante che invita lo spettatore a perdersi. Accanto a lui, Daria D’Antonio, già collaboratrice ne È stata la mano di Dio, contribuisce con la sua fotografia a creare un racconto che oscilla costantemente tra sublime e abisso, in un gioco di luci e ombre che rendono palpabile la tensione e l’incanto.
Parthenope diventa così un film dove le suggestioni si fondono e i personaggi, fantasmi malinconici di una città senza tempo, accompagnano lo spettatore in un viaggio che intreccia nostalgia e celebrazione, facendo emergere una Napoli che resta ancorata nel cuore di chi l’ha conosciuta e amata.
E attraverso Parthenope, Sorrentino restituisce un’immagine di Napoli lontana da ogni stereotipo, fatta di verità e mistero, di amore e disillusione, in un equilibrio perfetto tra nostalgia e celebrazione.
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