Troppo spesso, si trascura o fraintende il disturbo noto come mutismo selettivo, che non così di rado può interessare i bambini durante il processo di crescita. Ciò vale tanto per i genitori quanto per gli insegnanti. Quando si verifica questa eventualità si possono riscontrare ritardi nella diagnosi e nel trattamento. Capire che il mutismo selettivo non è una forma di opposizione, né tantomeno un capriccio, bensì un’espressione d’ansia profonda, è il primo passo per affrontarlo in modo adeguato. Per riuscirci, occorre saperlo riconoscere. In questo approfondimento, vediamo come sia possibile farlo.
Il mutismo selettivo
Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia infantile. Ciò che lo caratterizza e contraddistingue è l’incapacità di un bambino di parlare, in determinate situazioni sociali. Il piccolo, infatti, sarà tranquillamente in grado di farlo, senza alcun problema, in contesti differenti. Questo disturbo non è il risultato di una timidezza temporanea, nè di una volontà consapevole di tacere. A innescarlo è, tipicamente, un blocco emotivo legato a specifiche circostanze che originano un forte disagio. In genere, i bambini con mutismo selettivo parlano liberamente a casa. Non solo, lo fanno senza alcun problema anche in situazioni in cui si sentono completamente a loro agio. Diventano però incapaci di esprimersi verbalmente in ambienti come la scuola, o altri nei quali provano una forte pressione sociale che li indispone. La natura stessa del mutismo selettivo lo rende particolarmente difficile da individuare.
Il comportamento del bambino interessato da questo disturbo varia notevolmente, a seconda del contesto. Il mutismo può essere confuso con la timidezza estrema. C’è però un’importante differenza tra i due atteggiamenti. La si riscontra nella rigidità con cui il bambino si blocca in determinati frangenti, nonostante abbia un linguaggio verbale sviluppato e funzionante in altri momenti. Il silenzio diventa una barriera non solo per la comunicazione, bensì anche per lo sviluppo sociale ed emotivo del bimbo. Esiste una correlazione tra autismo e mutismo selettivo ma i due non sono necessariamente legati. È possibile soffrire di una condizione ma non dell’altra.
Imparare a riconoscere il mutismo selettivo
Riconoscere il mutismo selettivo richiede un’attenta osservazione del comportamento del bambino, in svariati contesti. Uno degli aspetti chiave è la capacità di parlare in modo fluido e privo di ostacoli in situazioni sicure, ad esempio in famiglia o tra amici stretti. Se a questa competenza si affianca una incapacità di esprimersi in ambienti stressanti o socialmente impegnativi, come la scuola, o in presenza di figure autoritarie, allora abbiamo a che fare con un giovanissimo affetto da mutismo selettivo. Questo comportamento è quello che differenzia la condizione di cui stiamo scrivendo dalla semplice timidezza.
Altri segnali che inidicano spesso la presenza di mutismo selettivo includono un’evidente ansia sociale, espressa attraverso gesti o atteggiamenti di chiusura. In questo insieme rientrano l’evitamento dello sguardo, una postura troppo rigida o il rifiuto reiterato di partecipare a giochi e/o attività di gruppo. Non è raro che i bambini con mutismo selettivo sviluppino strategie di comunicazione alternative, per esempio il ricorso a gesti, espressioni facciali o scrittura, pur di evitare il linguaggio verbale nelle situazioni che li mettono in difficoltà.
È importante che genitori e insegnanti siano consapevoli che il mutismo selettivo non scompare con il tempo. Per affrontarlo efficacemente, vanno portati avanti interventi adeguati. Più a lungo il disturbo rimane non riconosciuto e non trattato, maggiore è il rischio che il bambino sviluppi altre problematiche legate all’ansia o al comportamento. Potrebbe arrivare a isolarsi socialmente o, peggio, rifiutarsi categoricamente di andare a scuola.
Come supportare il bambino
Un bambino con mutismo selettivo si supporta ricorrendo alla delicatezza. Ogni approccio deve necessariamente tenere conto del suo stato d’ansia e della sensibilità che lo contraddistingue. È fondamentale creare un ambiente accogliente e privo di pressioni per farlo parlare. Così si sentirà sicuro e a suo agio. Uno degli errori più comuni è cercare di spingerlo a parlare attraverso l’insistenza. Una tattica simile può generare angoscia e inibizione. Il coinvolgimento di figure professionali, come psicologi infantili o logopedisti specializzati, è imprescindibile. La terapia cognitivo-comportamentale si è rivelata molto efficace, poiché aiuta il bambino a sviluppare – gradualmente – la fiducia necessaria per affrontare le situazioni che lo bloccano. Questo iter terapeutico verte su piccole simulazioni, controllate, delle situazioni temute. La terapia dell’esposizione ha aiutato molti bambini a ridurre l’ansia e a sentirsi progressivamente più a proprio agio, nel comunicare.
A casa, i genitori dovrebbero favorire il dialogo attraverso giochi o attività che stimolino il linguaggio in modo indiretto. È bene chiedere collaborazione anche agli insegnanti. La scuola va informata del disturbo e deve adottare strategie che facilitino la partecipazione del bambino in aula, ma che non lo mettano a disagio. Consentirgli di rispondere con gesti o disegni, prima di chiedergli di parlare, è generalmente un buon compromesso.
Superare l’ostacolo e restare ben saldi sulla giostra della crescita
Per superare il mutismo selettivo sono necessari tempo e pazienza. Con il giusto sostegno, però, il bambino, o la bambina, imparerà a gestire l’ansia e sviluppare una maggiore sicurezza. È importante che i genitori rimangano positivi e ottimisti. È bene mantenere la calma, accogliere i progressi, anche se piccoli, e offrire un ambiente sicuro e sereno. Il sostegno non deve terminare al superamento dei sintomi più evidenti. Il lavoro di rafforzamento della fiducia nelle sue capacità comunicative non è ancora concluso. Si può incorrere in ricadute. Queste non sono fallimenti, bensì tappe lungo il processo di guarigione.
La giostra della crescita è imprevedibile. Il mutismo selettivo è uno degli ostacoli che possono presentarsi lungo la cavalcata. Tuttavia, questo disturbo si può agilmente superare, consentendo al bambino di liberare il suo potenziale, sia a livello linguistico sia emotivo.