È passato circa un mese dal girono in cui ci ha lasciato Gianfranco Vincenzi e vorrei ricordarlo sul Vaso di Pandora come sono stata gentilmente invitata a fare da Monica Carnovale anche per conto di Gianni Giusto e per la comune amicizia che ci ha legato.
Sono riconoscente di poter condividere qualche pensiero sulla potenza dei legami di affinità e dei sentimenti comuni che si radicano e sviluppano nei rapporti di amicizia.
Gianfranco Vincenzi era tendenzialmente schivo, sicuramente preferiva esprimersi in privato e perlopiù in modo ironico, ma schietto e diretto incarnando atteggiamenti tipici della genovesità che più amava.
Persona di raffinata cultura, appassionato di arte, in particolare nei suoi aspetti disvelanti e provocatori intorno ai quali conversava, da esperto e all’insegna della sua contrarietà ad ogni forma di retorica.
L’atteggiamento pacato e l’autenticità nel mettersi in relazione caratterizzavano il suo essere uno psichiatra fidato e carismatico per pazienti e colleghi.
Facevamo parte del gruppo di colleghi impegnati nella prima fase della riforma psichiatrica. Con lui ho svolto parte del “Tirocinio pratico ospedaliero”, allora obbligatorio per entrare nel servizio pubblico, imparando con piacere dal suo tutoraggio, infatti lo ricordo già allora come buon clinico capace nell’ascolto e pragmatico.
Ad amici e colleghi rimane il ricordo della sua conversazione, del suo gusto per la convivialità e l’intelligenza dei suoi solidi principi laici e democratici.
Agli amici più vicini forse la rinnovata consapevolezza dell’importanza del legame che stabilisce il tempo passato insieme, il ritrovarsi e riconoscersi di una generazione, di un’epoca che in molti ricordiamo con la percezione di aver vissuto un periodo di libertà e condivisione sostenuti da speranze e particolarmente dal sincero amore per la conoscenza e la cultura.