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Bugie del giocatore d’azzardo: comprendere la dipendenza

Le origini del gioco d’azzardo sono antichissime. I ritrovamenti archeologici attestano che si scommette da almeno 5000 anni. Di recente, in Egitto, è stato dissepolto un manufatto che, già 4000 anni fa, era utilizzato nei giochi da tavolo. Si tratta di un cubo a sei facce, scolpito con perizia e raffigurante simboli simili a quelli dei dadi moderni. La dinamica che regola il gioco d’azzardo non è mai cambiata. Giocare significa rischiare un proprio bene per vincerne uno più grande. Solitamente, parliamo di una somma di denaro maggiore rispetto a quella investita. Stando a questa definizione, sono giochi d’azzardo Lotto, Poker, Blackjack, Roulette o la scommessa sul risultato di un match sportivo, per esempio una partita di calcio. In una prospettiva più ampia, lo sono anche investimenti in Borsa, partecipazioni alla tombola natalizia e alla lotteria di beneficenza. Le bugie del giocatore d’azzardo, verso gli altri o sé stesso, servono al dipendente per stemperare la dipendenza.

L’amore per il rischio e le bugie del giocatore d’azzardo

Bugie del giocatore d'azzardo: un tavolo di roulette
La dinamica del gioco d’azzardo è sempre la solita: si scommette un bene per vincerne uno maggiore

Il rischio che caratterizza il gioco d’azzardo sembra soddisfare, in pieno, il bisogno umano di stimoli ed eccitazione. Questo hobby reca in sé una promessa che, per molti, è difficile da ignorare: quella del guadagno facile. Quasi di sicuro, tutti abbiamo giocato d’azzardo, almeno una volta nella nostra vita. Basta entrare in un bar, o recarsi presso un tabaccaio, e tenere traccia di quanti acquistino biglietti del gratta e vinci. Molti di questi giocatori, occasionali, tentano la fortuna investendo il resto del caffè, o delle sigarette, e accarezzano per un attimo la speranza che la buona sorte li scelga fra tanti. Sanno, però, contenersi. Se il primo biglietto ha pagato, al massimo ne acquistano un altro. C’è però chi non è in grado di fermarsi. Il gioco può infatti diventare un’azione ripetitiva, compulsiva e dispendiosa. Sia in termini di tempo sia di denaro. In una parola: una dipendenza.

I sintomi di quello che definiamo gioco d’azzardo patologico, noto anche come ludopatia, sono stabiliti dall’American Psychiatric Association (APA) e dal DSM5, il manuale diagnostico di riferimento per gli psichiatri e gli psicologi di tutto il mondo. Non sempre è facile accorgersi di una ludopatia, nemmeno per chi è vicino al diretto interessato. I giocatori, più o meno consci del loro problema, cercano in tutti i modi di nasconderla agli altri. Solitamente, non ammettono la loro condizione neppure di fronte a loro stessi. La tendenza a negare è un atteggiamento che accomuna gran parte di coloro che hanno una dipendenza. Il giocatore d’azzardo non fa alcuna eccezione. Le sue bugie sono una sorta di scudo, una corazza con cui cerca di proteggersi dai fendenti della propria coscienza, innanzitutto, e poi dal giudizio degli altri.

Le bugie del giocatore d’azzardo sono strumenti per minimizzare

Negare è, senza alcun dubbio, l’atteggiamento più comune di chi soffra di ludopatia. Questo comportamento è assimilabile a ciò che fanno i tossicodipendenti e gli alcolisti. Se un familiare del dipendente trova la ricevuta di una scommessa, oppure si accorge di movimenti sospetti leggendo l’estratto conto bancario, è probabile che il ludopatico, o la ludopatica, reagisca mentendo spudoratamente. Certo, talvolta non ci si rifugia dietro vere e proprie bugie e ci si limita a minimizzare. Poco cambia, è comunque un modo di mascherare la verità. Per esempio, si potrebbe dire che si tratta soltanto di un passatempo occasionale, o magari inventare una spesa improvvisa della quale, sbadatamente, non si è parlato. Il dipendente ha una vasta gamma di scuse che può utilizzare con gli amici, o il datore di lavoro, per giustificare il suo scarso rendimento o le frequenti assenze.

I giocatori d’azzardo, spesso, vengono considerati bugiardi patologici. Proprio come capita, del resto, ad alcolisti e tossicomani. Quel che accomuna queste tre categorie di persone è che tutte tendono a considerare la loro problematica meno grave di quanto effettivamente sia. Di conseguenza, i ludopatici mentiranno su ogni aspetto che riguardi da vicino la loro situazione. Inventeranno menzogne sulla quantità di denaro scommessa, false giustificazioni sulle assenze al lavoro, motivazioni spesso strampalate sulla tristezza e la rabbia per le sconfitte più esose o falsità su questo costoso hobby. Le bugie del giocatore d’azzardo, inevitabilmente, finiranno per innescare una spirale terribile, che potrebbe portarlo a rovinarsi la vita.

La leva da cui muove la dipendenza

Quel che porta il dipendente a intraprendere una simile strada, e a percorrerla a lungo, è la sensazione di benessere innescata dall’adrenalina e da un costante stato di illusione. L’idea di una potenziale vincita, piuttosto cospicua, innesca meccanismi a spirale da cui risulta difficile uscire. Il giocatore inizia a sentire il bisogno di giocare sempre più spesso, e somme sempre più alte. Entrato nel tritacarne non riesce a smettere di giocare, nonostante i ripetuti tentativi, i quali provocano forte ansia e frustrazione in lui. Le sue attività cominciano a farsi ripetitive e finalizzate alla prossima giocata, o a come procurarsi i soldi per giocare. Da lì a poco cominciano a deteriorarsi anche le relazioni sociali e affettive del giocatore. Il dipendente avrà dunque problemi in svariati ambiti: lavorativo, scolastico, familiare, economico e così via. Per coprire il tutto, inevitabilmente, mentirà anche spudoratamente.

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