Il concetto di niksen è di provenienza olandese e si sta sempre più diffondendo nel resto dell’Europa, soprattutto, e del mondo. Non deve stupire. Viviamo in una società dove lo stress e la mancanza di tempo da dedicare a sé stessi ci richiedono un obolo piuttosto esoso, e non è raro provare il desiderio di staccare la spina. Sfortunatamente, gli impegni quotidiani impediscono a molti di mettere in pratica questa inenzione. Ciò non toglie, comunque, che possiamo approfondire la tematica. In questo modo, capiremo bene di che cosa si tratti e potremo provare a ritagliarci spazi per metterlo in pratica. Volendo trovare uno slogan immediato, che chiarisca subito cosa sia il niksen, potremmo utilizzare il seguente:
Lasciate entrare il nulla nelle vostre giornate.
In effetti, suona piuttosto bene. Perchè il niksen è basato su una semplice regola: troviamo del tempo per fare entrare il dolce far niente nella nostra vita.
La teoria del niksen
La prima a catalogare e definire il niksen è stata Olga Mecking, l’autrice di Niksen: Embracing the Dutch Art of Doing Nothing. Nel volume si tratteggiano le forme e le peculiarità di questa disciplina del relax del tutto particolare. Se pensiamo a sgomberare la nostra quotidianità dagli impegni tediosi che ci assalgono, potrebbe venirci in mente il piacere di prenderci una pausa dal lavoro, dai nostri impegni familiari o sportivi per dedicare quel tempo a cose più divertenti, meno impegnative e, naturalmente, rilassanti. Per qualcuno potrebbe trattarsi di guardare un film o ascoltare un disco. Per altri di rilassarsi di fronte ai social sorseggiando qualcosa di buono. Taluni si immagineranno a meditare in solitudine completa, eccezion fatta per qualche incenso profumato. Ebbene, il niksen non prevede nulla di tutto questo. Nell’ottica di questa disciplina, questi sono già impegni. Il fatto che non siano gravosi non ha alcuna importanza.
Come saprà chi è pratico della lingua olandese, il termine niksen indica il nulla, il niente, lo zero. Utilizzarlo in questo contesto significa ampliarne l’area di significato, fino a renderlo traducibile con il non fare nulla e il provare piacere nel farlo, assaporando ogni istante trascorso nel vuoto di non avere alcuno scopo. Alla luce di questa spiegazione, ecco che la dimensione del niksen assume un significato molto diverso da quello che si era intuito in fase di introduzione. Alcuni qui potrebbero cominciare a provare timore: il vuoto può infatti dare le vertigini. Se qualcuno tra chi legge si sentisse in questo modo, allora forse questa filosofia non fa per lui, o per lei. Niente, in questo senso, significa niente.
La pietra angolare della filosofia
Ricercare questo vuoto è, secondo i teorici del Niksen – tra cui segnaliamo Annette Lavrijsen, autrice di Niksen: l’arte olandese di non fare nulla; Maartje Willems e Lona Aalders, che hanno scritto L’arte perduta di non fare nulla: come si rilassano gli olandesi o ancora Tess Jansen, che ha firmato Niksen: il potere di non fare nulla – indispensabile. Occorre infatti indebolire, se scardinarla non è possibile, l’ossessione tutta occidentale del doversi continuamente dedicare a qualcosa. Non è vero che ogni istante della vita deve avere uno scopo. Talvolta, c’è bisogno soltanto di mettersi in pausa per qualche minuto. Se quando andiamo a passeggio lo facciamo esclusivamente per raggiungere i nostri passi predefiniti, ci divertiamo a farlo? Se cuciniamo qualcosa perché sia sano, nutriente e ci faccia bene, trascurando per questo motivo il nostro gusto, ci godremo davvero quel piatto?
Niksen significa lasciar perdere il risultato, trascurarlo e concentrarsi sul qui e ora per ricaricare le pile. Quale modo migliore di farlo? Questa disciplina ci insegna a stoppare tutte le nostre (pre)occupazioni e prenderci del tempo per azzerare completamente il backlog del nostro cervello. Abbiamo un sacco di cose da fare? Che importa? Pensiamoci tra 30 minuti, dopo aver sfogato ansie e stress quotidiano svuotando i nostri serbatoi.
Il niksen alla conquista dell’Europa
Il libro di Mecking è stato tradotto in 13 lingue, pubblicato in gran parte del mondo e ha trovato aree dove è diventato popolarissimo, come ad esempio la Francia. Per i transalpini, il volume è un cult assoluto, ma ha riscontrato molto successo anche nel resto dell’Europa. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che il tomo si sia diffuso durante la pandemia che ci ha costretti in casa, un periodo nel quale le discipline settentrionali del relax iniziavano a fare presa.
In principio fu l’hygge, l’arte danese dell’intimità. Poi toccò al koselig norvegese e al piacere, stranamente svedese, di assaporare il caffè secondo un rito ben preciso e iper-rilassante. Ora, pare essere esplosa l’era del niksen. Eppure, come ha ammesso la stessa autrice del libro, è ancora molto difficile parlare di questa disciplina. Molte persone, semplicemente, non si sentono in grado di non fare nulla e hanno bisogno di tenersi sempre impegnati.
Come specifica Mecking, il problema non è quello di non saper oziare. Di questa pratica siamo infatti capaci tutti. La difficoltà sta nel riuscire ad accogliere il nulla serenamente, senza sentirci in colpa. La società occidentale è strutturata in modo da tenerci continuamente sotto pressione e ci riempie il tempo anche quando vorremmo dedicarlo a noi stessi. Non ci rendiamo conto che occupare alcune porzioni di giornata liberandoci da distrazioni e pensieri, di qualunque tipo, dai più leggeri a i più pesanti, è già un modo di investire tempo.
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