Quella dello scaffolding è una tecnica di insegnamento. Essa si differenzia per le sue peculiarità a livello processuale. Gli insegnanti che decidono di farne uso dimostrano agli studenti come risolvere un problema, istruendoli e modellando la loro metodologia di approccio alla situazione didattica. Non accompagnano però la classe fino alla soluzione, bensì fanno un passo indietro mentre il gruppo si confronta con l’esercizio assegnato e tornano a dare supporto quando, e se, necessario. La parola scaffolding deriva dall’inglese (significa impalcatura) e si riferisce proprio alla graduale eliminazione dei livelli di assistenza man mano che gli studenti progrediscono e assorbono nuove competenze. L’apprendimento diventa, in questo modo, una costante acquisizione di strumenti e abilità.
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La teoria dietro la tecnica dello scaffolding
Era il 1976 quando, per la prima volta, si è fatto uso del termine scaffolding relativamente allo scenario didattico. In quell’anno i ricercatori David Wood, Gail Ross e Jerome Bruner scrissero un rapporto intitolato The role of tutoring in problem solving. Al suo interno si descriveva una nuova metodologia per l’insegnamento in aula: la tecnica dello scaffolding. La scelta del termine si deve a una metafora che i tre ricercatori impiegarono nello stesso testo. Esattamente come, nei cantieri, si usa una piattaforma per dare elevazione e supporto al carpentiere, in classe si può utilizzare un artificio per aiutare gli studenti solo quando abbiano effettivamente necessità di essere affiancati.
Nella teoria di Wood, Ross e Bruner – liberamente modificata dai docenti che hanno adottato il metodo da loro proposto – l’insegnante funge da attivatore e si mette in azione per aiutare lo studente a padroneggiare un concetto nuovo, a lui sconosciuto. Tramite un’operazione ribattezzata di dissolvenza, la presenza dell’insegnante va via via a sfumare man mano che l’alunno inizia a padroneggiare il concetto e ad avere sempre più chiaro quello di cui si stia parlando. Nel 1978, due anni dopo il report originale, i tre ricercatori hanno limato meglio le caratteristiche del loro metodo formativo. La decisione di ritoccare il metodo si deve all’implementazione di alcune idee pubblicate precedentemente dallo psicologo russo Lev Vygotsky. L’introduzione del suo punto di vista ha raffinato e approfondito l’impianto teorico dello scaffolding.
Processo e livelli di sviluppo degli studenti
Ogni alunno si muoverà in quella che si definisce la sua zona prossimale di sviluppo. In fin dei conti, non tutti gli studenti sono uguali e qualcuno potrà avere più facilità nell’acquisire e padroneggiare un determinato concetto. Alla luce di ciò, ognuno avrà necessità di un livello differente di supporto e potrà tollerare una diversa dissolvenza. Il docente non dovrà mai allontanarsi troppo dai più bisognosi nè aiutare inutilmente i più brillanti. Comprendere in quale maniera sia meglio approcciarsi a ogni studente spetta all’insegnante e alla sua abilità professionale. Perché lo scaffolding abbia successo occorre mirare alla zona di sviluppo prossimale più adatta, sia per il singolo alunno, sia per il gruppo classe nel suo insieme.
Elevare lo scaffolding mediante l’innalzamento dei ponteggi
Lo scaffolding inizia quando l’insegnante dà le informazioni corrette ai suoi studenti e lo fa mettendoli in grado di capire bene quello che sta spiegando. Un esempio è assegnare un problema di matematica e risolverlo ad alta voce. Per ogni passaggio, il docente non dovrà naturalmente mostrare solo i risultati delle operazioni e la loro semplificazione, mentre procede spedito verso la soluzione. Farà invece bene a muoversi lentamente, spiegando e mostrando perché sta andando avanti in quel modo, quali regole applica e quali principi mette in pratica.
Esistono più strade per rendere partecipe la classe di quanto si stia facendo. È possibile suddividere un compito in parti più piccole e facili da capire. Si può verbalizzare l’intero processo in parole semplici o promuovere l’apprendimento cooperativo dialogando con gli studenti, magari chiedendo la soluzione di uno step alla loro portata. Un altro valido metodo è quello di servirsi di suggerimenti, modelli o coaching. Alternativamente, è concesso condividere conoscenze e scorciatoie logiche.
Implementare lo scaffolding e velocizzare l’apprendimento
Una volta che si saranno innalzati i ponteggi e sarà stata stabilita una sorta di metodologia di lavoro, si potrà fare uso di alcune sottotecniche per agevolare e velocizzare l’apprendimento. Vediamone alcune tra le più efficaci:
- sfruttare le conoscenze precedenti. Insegnando un concetto nuovo, attingiamo a piene mani da quanto già visto e sperimentato;
- gruppi di conversazione. Per quanto l’insegnamento frontale continui a essere il metodo preferito dagli insegnanti, è ormai assodato che gli studenti apprendano di più se possono assorbire informazioni parlandone tra loro e scambiandosi suggerimenti e consigli. Introduciamo gruppi di discussione nei quali sia possibile parlare di quanto visto in classe, prima di cambiare argomento;
- vocabolario pre-insegnamento. Nel preparare ogni lezione, analizziamo il vocabolario. Estraiamo tutte le parole più complicate e spieghiamole associandole ad altri contesti o mediante immagini. In questa maniera, prepareremo la classe all’incontro con questi termini difficili;
- utilizzare elementi visivi per descrivere i concetti. È più facile assorbire ed elaborare le informazioni mediante organizzatori grafici, come ad esempio diagrammi di Venn. Ancorando un concetto visivamente lo si può illustrare meglio oralmente, o domandare agli studenti di farlo da loro, consentendogli di osservare un’illustrazione.
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