Fare ghosting significa chiudere, in maniera improvvisa e inaspettata, una relazione. Il termine è un neologismo derivato dalla parola inglese ghost, che significa fantasma, ed è diventato piuttosto popolare negli ultimi tempi. Il riferimento è a questa spaventosa creatura perché il cosiddetto ghoster, ovvero colui o colei che decide di interrompere unilateralmente il rapporto, si eclissa diventando invisibile, proprio come un fantasma. Si è cominciato a parlare di ghosting nell’anno 2015, per sottolineare una tendenza che stava diventando sempre più popolare a causa delle applicazioni di chat e messaggerie. In principio fu WhatsApp, quando poi Tinder e i suoi concorrenti entrarono prepotentemente nella nostra quotidianità, il fenomeno si fece molto più radicato e, oggi, sono tantissime le persone che confessano di aver subito questa orribile pratica.
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Un doloroso trattamento del silenzio
Chi fa ghosting non chiude veramente una relazione o un rapporto. Semplicemente, sparisce. Senza alcun tipo di spiegazione, senza nessuna forma di confronto con l’altro, o l’altra. Va specificato che, quando parliamo di una storia chiusa attraverso il ghosting, non ci riferiamo solo ed esclusivamente a una coppia di innamorati. Si può sperimentare questa pratica anche all’interno di gerarchie di amicizia o entro i confini di un perimetro ancora in definizione, come avviene, ad esempio, quando si fa conoscenza su una app di dating e si inizia a messaggiare con una persona giudicata attraente in base alle foto caricate. Questo improvviso trattamento del silenzio fa malissimo a chi lo subisce, proprio perché lo lascia in un limbo misterioso. Sarebbe molto meglio chiarire prima di sparire, magari esplicitando bene per quale motivo non si abbia più interesse a sentirsi o frequentarsi.
Prima dell’esplosione di social network e app per il dating, questa era la prassi. Le relazioni si chiudono da che mondo è mondo ma, almeno, una volta si motivava la scelta. Oggi non lo si fa più. Un interessante articolo pubblicato su Newscientist ha provato ad entrare nei meandri della mente di un ghoster, per tentare di comprendere che cosa lo porti a muoversi in maniera così brutale e antisociale. Nel farlo, si è partiti da una considerazione tanto banale quanto necessaria: nell’era dei dialoghi virtuali, dove ci si relaziona nascondendosi dietro uno schermo, fare ghosting è diventato facilissimo. Jennice Vilhauer, psicoterapeuta che ha contribuito alla redazione dell’articolo, descrive questo doloroso trattamento del silenzio come una forma, estremamente moderna, di rifiuto sociale. Il ghoster non è conscio della sofferenza che stia causando. In chi subisce questa pratica si attivano le stesse regioni cerebrali stimolate dal dolore fisico.
Il ghosting ci lascia in un limbo vuoto, sospeso
Gli studi sul ghosting, piuttosto recenti dal momento che sono esplosi negli ultimi anni, non sono concordi. Vi sono fondamentalmente due scuole di pensiero. Secondo la prima, questa forma di abbandono provoca livelli di ansia superiori a quelli generati da un addio classico. La seconda, invece, ritiene che l’angoscia e la tristezza provate da chi viva questa drastica forma di interruzione dei contatti sia, in tutto e per tutto, equiparabile a quella di chi viene lasciato dopo un confronto o una conversazione faccia a faccia. Indipendentemente da ciò, è facile spiegare perché il dolore causato dal ghosting sia tanto acuto. Lasciare le cose in sospeso è un pessimo modo di gestire un rapporto. Per duri che siano gli addi, almeno ci permettono di mettere un punto, di voltare pagina. Magari lo facciamo con profonda sofferenza, ma una volta che lo abbiamo fatto guardiamo avanti senza tornare a voltarci indietro.
Il ghosting ci nega questa possibilità. La mancanza di chiusura fa molto più male, sul medio e lungo periodo, di un secco “non mi piaci, facciamola finita!” Terribile da accettare sul momento, ma rapidamente metabolizzato e più facile da superare, non appena il trauma si riassorbe. Chi subisce il ghosting si lascia attanagliare da mille dubbi e non riesce a darsi alcuna spiegazione. Per cui non ha pace, specie se teneva molto all’altra persona. Per dirla con le chiare parole di Arie Kruglanski, stimato psicologo:
“Quando qualcuno ti ignora, significa che non meriti neppure una risposta. È un colpo molto duro al nostro senso di valore sociale.”
L’identikit del fantasma: il profilo di chi fa ghosting
Secondo alcune ricerche sul tema (una delle quali italiane, portata avanti dall’Università di Padova) il ghoster è spesso associato a caratteristiche di narcisismo, machiavellismo e, talvolta, persino psicopatia. Spesso non significa naturalmente sempre, ma il risultato è piuttosto interessante. Naturalmente, esso è viziato dal fatto che, indipendentemente dal loro rapporto con il ghosting, le persone che si aprono a relazioni effimere e occasionali, come sono la maggior parte di quelle nate su dating app e social network, sono frequentemente individui dotati di questi tratti. Per chi possieda una personalità così delicata, infatti, è difficile intraprendere una relazione stabile e duratura.
Nel 2020, è stato proposto un sondaggio per esplorare le ragioni del ghosting. Da quanto è emerso, il 16% di chi sparisce improvvisamente lo fa per non ferire la persona che sta abbandonando, illudendosi che uscirne in questo modo faccia meno male. L’8%, invece, lo fa per una sorta di autotutela: ha infatti paura che l’altra persona reagisca in malo modo. Entrambe le motivazioni sono sbagliate, così come tutte le altre emerse dal sondaggio e la cui incidenza percentuale è così bassa che non ha senso riportarle in questo approfondimento. È sempre e comunque meglio chiudere in maniera chiara e netta, anche se occorre farlo in malo modo. Comportandoci così dimostreremo di essere rispettosi dell’altra persona e in grado di prenderci pienamente la responsabilità delle nostre azioni.
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