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Comprensione del transfert in psicologia: cosa c’è da sapere

Una parola che sentiamo molto spesso, ma di cui raramente conosciamo il corretto significato, è transfert. Nelle righe seguenti, vogliamo approfondire che cosa si intenda quando si parla di transfert in psicologia. Cominciamo dalla sua etimologia: il termine deriva dal latino, in tale lingua si utilizzava la parola transferre per intendere il nostro trasferire. Nella psicanalisi, questo trasferimento avviene in ogni relazione, dal momento che qualsiasi rapporto comporta un qualche tipo di passaggio dall’una all’altra persona, fin dai primi scambi sociali di cui siamo a conoscenza, tenutisi nell’antichità. Il transfert non è esclusivo della relazione terapeutica, perché riguarda qualsiasi rapporto. Assume però una valenza particolare nella terapia, dal momento che lo specialista si concentra su di esso e vi pone particolare attenzione. Ci concentreremo su questa accezione.

Transfert in psicologia: che cosa trasferiamo

Il transfert si evolve nel tempo. In ogni relazione, in ogni rapporto che apriamo o portiamo avanti, si riverberano in qualche modo le modalità, le aspettative, le propensioni e gli schemi appresi durante i primi scambi sociali significativi. Talvolta ciò è molto evidente, mentre in altre occasioni resta celato sullo sfondo di una confrontazione che, al profano, può apparire assolutamente originale e diversa da tutte le precedenti. Il transfert in psicologia si definisce come una vera e propria modalità relazionale. In essa si mescolano riedizioni inconsce di caratteristiche sviluppate nel corso dei rapporti aperti da bambini che vanno a cozzare con le peculiarità della persona che abbiamo di fronte qui e ora. Per cui non vivremo mai una replica pedissequa di uno scambio già avuto in precedenza, bensì una nuova occasione sociale, nella quale sarà evidente un certo imprinting primitivo.

Le relazioni passate si pongono dunque come una sorta di calco per quelle del presente e del futuro. Lo psicoterapeuta attento e correttamente formato è in grado di identificare il transfert psicologico, discriminandone i diversi contributi. Dopo aver suddiviso gli elementi dello scambio sociale avuto con il paziente nelle contribuzioni dell’una e dell’altra sorgente, nonché in quelli di provenienza passata o futura, è in grado di focalizzarsi sugli schemi disfunzionali che si ripetono in modo pervasivo e attraversano l’intera storia relazionale del soggetto, dalla prima infanzia al momento presente. Essi saranno infatti presenti in ogni tipo di relazione, compresa quella terapeutica che coinvolge individuo e professionista.

Un bravo analista identifica agilmente i costrutti emotivi che la persona sposta dalle sue relazioni primarie a quella con il terapeuta. In parole forse più semplici, lo psicologo può scovare le scorie delle relazioni passate che vengono ritrasferite in quelle attuali. Il nesso che idividuerà si dimostrerà falso, come si dice in termini specialistici, poiché comporterà il ricorso a tratti relazionali inadeguati al rapporto attuale, odierno, tra paziente e professionista, dal momento che si tratterà di una riattualizzazione (o ripetizione) di modalità appartenenti ad altre epoche e altre storie, concluse o ancora in corso che siano.

Come avviene il transfert in psicologia?

Transfert in psicologia: scambio comunicativo tra due innamorati
Il transfert avviene in ogni relazione sociale vera e trasferisce qualcosa delle nostre relazioni passate in una nuova

Dovunque c’è una relazione sincera, c’è anche il transfert. Il fenomeno è inevitabile. Questa è una certezza che la psicoterapia ha ormai da tempo. Ciononostante, nel corso dello sviluppo della disciplina, lo si è concettualizzato in forme e maniere differenti. In principio era visto di ostacolo alla terapia, lo si considerava un’inutile resistenza. In seguito, è divenuto una risorsa, qualcosa di molto prezioso per l’iter dell’analisi. Secondo gli ultimi studi, il motore del transfert sarebbe la libido rimossa. Il trasferimento è infatti affettivo e pulsionale e avviene perché il desiderio sopito e non soddisfatto non riemerge come ricordo, nonostante lo si possa pensare, bensì come agito emotivo (o, in rari casi, motorio), il quale si ripresenta innestandosi all’interno di una particolare dialettica, che fa da ponte tra presente e passato.

Il transfert in psicologia avviene attraverso la ripetizione di modi e comportamenti. Questi sono generalmente inconsapevoli, dal momento che la nostra psiche oppone resistenza al ricordo esplicito di modalità relazionali antiche, che abbiamo superato durante l’esperienza di vita. Ciononostante, nulla può contro la potenza dell’inconscio. Esso fa riemergere esperienze passate per metterci a nostro agio durante uno scambio sociale. Ripesca situazioni equiparabili per ricordarci come fare a portare a buon termine ogni conversazione e interazione.

Tipi di transfert e funzionamento

Nel caso di relazioni amicali, amorose, gerarchiche, di lavoro o di aiuto si instaura un transfert. Lo stesso vale per il rapporto analitico. In ognuno di questi scambi si può avere a che fare con un transfert di tipo positivo e uno di tipo negativo. Il primo vede prevalere la stima e l’affetto. Il secondo si contraddistingue invece per rabbia, aggressività, invidia o, in casi estremi, paranoia. In realtà, come ogni terapeuta sa bene, i confini non sono sempre netti, dal momento che le relazioni umane affiancano abitualmente negatività alle emozioni più forti (pensiamo alla quota di aggressività che, mettendosi al servizio dell’amore, rende possibile il legame) e viceversa.

Il transfert in psicologia funziona come una specie di resistenza. Positivo o negativo che sia, esso vuole resistere al cambiamento e contrastare l’acquisizione di consapevolezza. In fase di analisi, il sentimento suscitato dall’analista non è verso il professionista in sé e per sé, bensì verso qualcuno o qualcosa che esso rappresenta nel momento in cui sono stati riversati su lui, o lei, i nostri ricordi e le nostre emozioni. Le relazioni sono dunque, spesso, distorte e viziate dal fenomeno del transfert.

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