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Come educare un figlio adottato, una guida psicologica

Quello dell’adozione è un viaggio complesso, unico e per certi versi ricco di sfide, ma indubbiamente molto affascinante. Chi adotta lo fa spesso, se non principalmente, perché non è in grado di concepire in maniera naturale. Per questo motivo, l’arrivo di un bimbo, o di una bimba, tramite adozione è una gioia immensa. Non di rado, questa forma di genitorialità è ancora più desiderata rispetto a quella biologica. Dal momento che i discendenti adottati non vivono con i genitori fin dal primo giorno della loro vita, può essere un viaggio ricco di giornate complicate, poiché potrebbe esserci un’inconscia diffidenza a mantenere le parti più lontane l’una dall’altra. Vediamo quali differenze comporti educare un figlio adottato, rispetto a uno biologico.

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Educare un figlio adottato, principali punti di attrito

Educare un figlio adottato comporta sfide e dinamiche differenti. Il processo presenta infatti alcune particolarità che possono essere anche profondamente differenti rispetto a quelle che caratterizzano il percorso di educazione di un figlio biologico. Uno dei principali elementi è l’importanza di comprendere il passato del bambino, o della bambina. È di fondamentale importanza rispettare e onorare la sua storia. La consapevolezza dell’adozione può influenzare l’identità del piccolo, specialmente se questa sia stata conclusa in una età più consapevole. Ciò richiede una certa trasparenza. Il primo passo da intraprendere è quello di stabilire una comunicazione aperta e sincera sulla storia di vita dell’adottato o dell’adottata. I genitori adottivi, in alcuni casi, si possono trovare a dover affrontare la gestione delle possibili problematiche legate all’abbandono e al trauma associato all’esperienza passata del bambino, pur non avendone alcuna colpa.

Alcuni bambini adottati potrebbero involontariamente mettersi sulla difensiva, per così dire, e provare – inconsciamente – un senso di lontananza dalla famiglia adottiva, riconoscendola come non propria. Non è un’evenienza comune, ma talvolta può capitare, in fin dei conti la perdita della madre biologica è un trauma considerevole, il quale talvolta può portarsi dietro alcuni strascichi. La prima cosa da fare dunque è far capire, con i gesti principalmente, ma ben vengano anche le parole, che si desidera stare accanto a questi giovani esattamente come fossero frutto del proprio grembo. Nel momento in cui capiranno la magnitudine di questa scelta d’amore, ogni possibile dubbio o diffidenza ronzante dietro le quinte della loro coscienza sparirà.

Educare un figlio adottato: una famiglia seduta su un tronco di albero
Per educare un figlio adottato al meglio occorre comunicare con lui, o con lei, in maniera aperta e sempre sincera

Le sfide psicologiche nell’educazione adottiva

Nell’educare un figlio adottato, lo scoglio più arduo da superare è spesso quello che si incontra per primo, all’inizio. L’inserimento in una casa nuova, in un ambiente non familiare e, spesso, in un Paese non suo, può creare smarrimento e confusione nella giovane mente del bambino o della bambina. Accettato tutto questo, però, il nuovo membro della famiglia riconoscerà l’ambiente come proprio spazio e i genitori adottivi come mamma e papà, tralasciando ogni problematica che poteva essere presente nelle prime fasi. A questo punto, non consideriamo lo sforzo educativo già terminato. La sfida psicologica dell’eliminazione totale di quel velo, o di quella vera e propria barriera che separa il bambino preso in adozione dalla famiglia adottiva, resterà ancora presente e potrà riaffiorare nel caso di incomprensioni o tensioni. Per fronteggiare meglio questa eventualità, teniamo ben presenti e applichiamo le seguenti leve psicologiche:

  • Comunichiamo in maniera aperta: questo punto è già stato anticipato, ma vale la pena ripeterlo visto quanta importanza riveste. Per costruire un legame di fiducia tra genitori adottivi e bambino, è cruciale instaurare un dialogo della massima trasparenza sulla sua storia adottiva. Chiunque ha il diritto di essere ben informato sulla propria identità. Ogni volta che l’adottato, o l’adottata, domandano dettagli e delucidazioni, rispondiamo in maniera chiara, completa e adeguata alla loro età.
  • Creiamo un ambiente di accettazione: l’importanza di un ambiente accogliente e accettante è fuori discussione. I piccoli adottati potrebbero sentirsi abbandonati dai genitori biologici o inadeguati alla situazione successiva all’adozione. Per il loro sviluppo, la loro maturazione e un’adeguata crescita emotiva occorre un rifugio che li faccia sentire sempre protetti e amati.
  • Celebriamo la diversità: A proposito di identità, non dimentichiamo di valorizzare continuamente le diversità etnica o culturale dei bambini. Esplorare e fronteggiare assieme le diversità tra la cultura da cui provengono e quella in cui sono stati inseriti contribuisce in maniera positiva e formativa alla loro crescita.
  • Supporto psicologico: in alcuni casi, è bene rivolgersi a un professionista ferrato nel supporto psicologico a chi è stato adottato. Un esterno è infatti capace di aiutare la gestione delle dinamiche familiari più spinose.

Educare un figlio adottato: quanto è importante l’età?

L’età in cui un bambino entra nella famiglia adottiva può influenzare il suo percorso di adattamento. Questo indicatore si ripercuote eccome sulle dinamiche educative. Un bambino adottato in tenera età si trova in una situazione di vita molto diversa rispetto a quella attraversata da uno inserito in casa più avanti nell’infanzia. Non parliamo poi della distanza tra queste esperienze di vita e quella di un adolescente. Per educare un figlio affidato da giovanissimo, l’accento potrebbe essere sulla creazione di un attaccamento sicuro. Chi ne adotti uno, o una, più grande farebbe bene a concentrarsi sulla ricucitura del trauma e la gestione delle emozioni legate a un’adozione avvenuta in età più matura e consapevole.

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