Per la prima volta si è parlato della Sindrome di Nettuno sui social, soprattutto su Tiktok dove si trovano decine e decine di video su tale argomento. Proprio per questo tra i nativi digitali c’è più conoscenza della sindrome e molte più autodiagnosi.
Cos’è e come riconoscerla
Cos’è la sindrome di Nettuno? È l’amore patologico per il mare col desiderio di raggiungerlo, vederlo e respirare la brezza marina. Si caratterizza dall’oscillazione di periodi che vanno da una calma apparente a un’agitazione estrema, soprattutto nella stagione estiva quando si sente la necessità di raggiungere a tutti i costi il mare. Si manifesta principalmente in persone che hanno dovuto abbandonare il mare per trasferirsi in città, lontane dalle onde blu. I sintomi manifestati quando vi è la necessità di tornare al mare sono molto simili all’astinenza dalle droghe. Una delle spiegazioni mediche di tale sindrome potrebbe risiedere nel fatto che il mare induce nel nostro cervello il rilascio di dopamina, ovvero il neurotrasmettitore che controlla il nostro umore e che viene rilasciato anche con il cibo, il sesso, la musica e addirittura gli stupefacenti.
Come i social fanno crescere le autodiagnosi
Come detto precedentemente, la sindrome di Nettuno è molto conosciuta tra i giovani, come dimostrato da decine e decine di video sui social che raffigurano persone che credono di esserne affetti. È evidente scrollando la home dei social, che riporta centinaia di video con l’hashtag legati a disturbi mentali, ma la cosa grave è che molte volte si tende a simulare i sintomi pur di raccattare qualche like o visualizzazione. Accade così che un disturbo raro sembra diventato comune, come nel caso del DID (disturbo dissociativo di identità).
Molte persone non si limitano soltanto all’autodiagnosi tramite video/lettura di articoli scientifici, ma ricorrono pure a test su internet che non hanno nessuna valenza diagnostica.
Il professore Pat McGory, uno psichiatra che si occupa principalmente di giovani, ha affermato che dopo la pandemia in tutto il mondo è cresciuta la depressione e l’ansia negli adolescenti, quindi questo ha portato ad una crescente ricerca di attenzione tramite i social, quasi ad un’isteria di massa, con la conseguenza di simulare spesso disturbi che non si hanno.
Perché si chiama sindrome di Nettuno
Per comprendere l’origine del nome della sindrome si deve tornare agli Dei romani, per la precisione a Nettuno, il Dio delle acque e delle correnti, che poi successivamente divenne il Dio greco (Dio del mare e dei maremoti).
Abitava in fondo al mare e aveva potere sui mostri marini e controllava le tempeste. Nelle iconografie viene rappresentato con in mano un tridente che indica il suo potere e viene trainato con cavalli marini. Il giorno della sua venerazione ricadeva il 23 Luglio.
Come si trasforma la sindrome di Nettuno
Come persone con la sindrome di Nettuno mostrano amore nei confronti del mare, alcune mostrano invece una vera e propria riluttanza o meglio ancora, una fobia per il mare. Si parla della talassofobia: la paura dell’acqua profonda. I soggetti con la talassofobia hanno paura a fare il bagno al mare, di navigarci e di nuotare al largo.
Oltre alla talassofobia troviamo anche la cimofobia, ovvero la paura delle onde e del mare agitato, e la scopulofobia: la paura degli scogli sommersi dall’acqua.
Le cause di queste fobie possono essere di origine genetica o esperienziale, ad esempio: se da piccoli ci si trovava al largo e si è rischiato l’annegamento, viene facile comprendere la ragione di tale fobia.
I modi efficaci per curare le fobie sono:
- L’esposizione graduale: avvicinarsi al mare partendo da fondali bassi per poi andare via, via a salire di profondità.
- Saper controllare la respirazione tramite tecniche per favorire la calma.
Tramite un percorso psicoterapeutico si può imparare a gestire meglio l’ansia provocata dal mare e chissà, magari successivamente iniziare ad apprezzare il mare a tal punto da sviluppare la sindrome di Nettuno.