Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia sarebbero circa centomila i figli cresciuti da genitori omosessuali, in Francia più del doppio, negli Stati Uniti si stima che i genitori omosessuali siano tra i 6 e i 10 milioni, e circa 14 milioni i loro figli. Molti di questi dati fanno riferimento a figli concepiti durante relazioni eterosessuali, altri, laddove possibile, a adozioni e, per finire, altri ancora a concepimenti di natura medica indotti con la fecondazione assistita.
Sarebbe molto più semplice normalizzare una realtà non ancora normata, ma l’unica certezza è che in Italia la famiglia omogenitoriale non è stata finora regolamentata a livello giuridico. Il nostro Paese è ancora impregnato di un fenomeno sociale chiamato “omofobia” e, sebbene l’opinione pubblica si stia impegnando a diffondere un modello di pensiero che verte sul riconoscimento di un rapporto omosessuale realmente esistente, risulta sempre più difficile accettare che questo tipo di coppie possano essere traslate anche in campo genitoriale. Tuttavia i recenti affidamenti da parte del Tribunale dei Minori di bambini con gravi difficoltà economiche e familiari a coppie omogenitoriali, sono il segno di un continuo cambiamento culturale e sociale che può sfociare in una realtà definitivamente adeguata.
Ne conseguirebbe di iniziare a considerare attivamente il principio secondo cui non è l’orientamento sessuale a definire la capacità genitoriale di una coppia o di un individuo, bensì la sua stabilità e predisposizione ad accogliere all’interno del nucleo familiare una nuova persona, per la quale bisognerà essere in grado di soddisfare le necessità. In relazione a questo, le preoccupazioni si fanno più importanti per la crescita di quei figli, se commisurate alla stigmatizzazione del contesto nel quale vivranno, e alla difficoltà che potrebbero o meno riscontrare nella definizione dell’orientamento sessuale o dello sviluppo della personalità.
Tuttavia, si tratta di considerazioni per niente confermate dalla più significativa ricerca sul tema avviata nel 2005 dall’American Academy of Pediatrics, la quale ha fermamente conferito di non aver stabilito nessuna correlazione tra la forma omogenitoriale della famiglia e l’adattamento sociale, psicologico e comportamentale del bambino.